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giovedì 24 febbraio 2011

Fate questo in memoria di me

Fate questo in memoria di me” dice Gesù istituendo l’Eucaristia (1Cor 11,23-25; Lc22,19-20; Mt26,26-29; Mc14,22-25).

La fedeltà all’Eucaristia, è, per il credente, il momento centrale della sua adesione a Gesù.
Il Battesimo è il seme. L’Eucaristia è il frutto, il centro della vita e del culto della Chiesa.
Nell’Eucaristia si ha la manifestazione più alta di Dio che santifica il mondo in Gesù ed è la risposta di fede più aperta e significativa con cui la Chiesa rende culto a Gesù. Gesù è la nostra Pasqua e il pane vivo; mediante la sua carne animata dallo Spirito Santo ridà la vita agli uomini che sono invitati a offrire al Padre se stessi, il proprio lavoro e tutte la cose create.
Gesù nell’Eucaristia si fa tutt’uno con i credenti. Questa intima comunione tra le persone divine e la Chiesa, tra Trinità e cristiano, si compie anche negli altri sacramenti, ma in modo eminente nell’Eucaristia, perché con essa Gesù ha voluto realizzare la Nuova Alleanza tra Dio e il suo popolo.
Lc 22,20 -> allusione alle antiche profezie Ger 31,31-33. Con il suo sangue versato Gesù da compimento a questa alleanza tra il Padre, i discepoli e l’umanità, Gesù pone il suo sangue. Lui si dona in atto d’amore al Padre e ai suoi fratelli di carne c’è ora un vincolo nuovo.
Nell’Eucaristia il popolo di Dio si incontra con Gesù, garante di questa comunione-alleanza è lo Spirito Santo (Ez 36,26-27).

Rivestiti di grazia “rendiamo grazie”. La celebrazione è lode e ringraziamento alla Trinità. Per questo la Chiesa sin dai suoi inizi ha chiamato questo sacramento “Eucaristia”, ovvero rendimento di grazie.
L’Eucaristia anticipa il grande banchetto del regno, verso il quale la Chiesa pellegrina su questa terra, è diretta. Nell’Eucaristia Gesù è qui ora, presenza che è anticipo di quel Regno che verrà alla fine dei tempi quando tornerà glorioso per portare a compimento ogni cosa. L’Eucaristia si colloca sulla linea che va dal mistero pasquale di Gesù alla Parusia (compimento finale della salvezza 1Cor 11,26; Lc22,14-18).
Vero cibo e vera bevanda. Gesù non ci dona pane e vino come simbolo del suo corpo e del suo sangue, ma si fa nostro cibo nella realtà del suo corpo (Mt26,26). L’Eucaristia non è solo un gesto di buona volontà dei credenti che esprime comunione con Dio e con gli uomini, ma è il segno visibile della presenza reale di Gesù e del suo sacrificio.
Gesù si fa presente realmente sotto le apparenze del pane e del vino per unire a se in comunione di vita quanti ne partecipano. Una vita che è germe e inizio di risurrezione (Gv 6,48-51,54-57).
Gesù è presente nella sua Chiesa in diversi modi:
-nell’assemblea riunita (Mt 18,20)
-nella sua parola
-nei sacramenti (in cui agisce e mediante lo Spirito Santo salva il suo popolo)

Nessuna di queste presenze è così piena come nell’Eucaristia. L’Eucaristia contiene Gesù ed è “come la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i sacramenti” (San Tommaso).
Il Concilio di Trento ha accettato il termine “transustanziazione” per esprimere la conversione singolare e mirabile di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Gesù.
L’Eucaristia è il segno più evidente della comunione stabilita tra Dio e i credenti. Dalla comunione nasce la comunità, che trova nella partecipazione al corpo e al sangue di Gesù il suo momento culminante.
Comunità generata dall’amore di Gesù fattosi servo dell’uomo. Gesù che nell’ultima cena lava i piedi agli apostoli, è il comandamento d’amore tradotto in pratica (Gv13,14-15,34).
L’Eucaristia, memoriale del sacrificio di Gesù, impegna i cristiani a vivere la comunione eucaristica in una comunità che opera secondo l’esempio di Gesù, per una solidarietà nuova che non ha modelli perfetti sulla terra.

Non si va all’Eucaristia perché già viviamo la piena comunione con Gesù coi fratelli, ma perché vogliamo arrivarci in grazia del suo Spirito. La comunità riunita per l’Eucaristia supplica il Padre perché mandi il suo Santo Spirito a santificare pane e vino da essa offerti, e li faccia diventare corpo e sangue di Gesù dopo la Consacrazione. La comunità prega per divenire segno di comunione (offerta viva in Gesù).
Ciò che abbiamo visto, contemplato,mangiato, non dobbiamo solo annunziarlo, ma viverlo rendendo Eucaristia tutti i nostri rapporti col mondo. Il vero culto a Dio è la vita secondo la carità “fino alla morte”. Come Gesù è in comunione con Lui.
La Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa. Nella Messa, la Chiesa massimamente si realizza in maniera visibile.

Tratto dal catechismo per gli adulti “Signore da chi andremo”

Chiesa e Domenica

La Chiesa.
La sapienza e l’amore di Gesù hanno scelto un altro corpo per starci vicino: è la Chiesa, in cui il Risorto si rende presente e vive. La Chiesa, la comunità di credenti innestati in Gesù , nella quale Egli continua la sua incarnazione, è il suo sacramento. Qui, in forza del suo Santo Spirito, ci incontra ed entra in dialogo con noi. Non c’è Chiesa senza Gesù e Gesù senza Chiesa: non c’è capo senza membra. Senza la Chiesa Egli sarebbe solo un profeta del passato. Nella Chiesa è il Dio con noi, l’Emmanuele.
La Chiesa è impegnata a custodire la fede e ad annunziarla, ad agire nel mondo come Gesù, con gesti resi efficaci dallo Spirito Santo da essa invocato. Nella Chiesa Gesù continua ad associare a se gli uomini, li santifica col dono dello Spirito Santo e li rende capaci di trasformare il mondo.
Al centro di questa azione sacramentale della Chiesa c’è l’Eucaristia. Il popolo di Dio infatti si edifica e cresce nel rinnovamento del gesto insegnato e comandato da Gesù (Lc 22,19). Nell’Eucaristia la Chiesa è redenta e resa una cosa sola nel corpo e nel sangue di Gesù, mediante l’azione dello Spirito Santo, per essere offerta al Padre, in un inno di ringraziamento.

La domenica.

Non c’è Chiesa senza liturgia, tramite la quale lo Spirito edifica la Chiesa e la spinge verso il futuro di Dio, che essa prefigura e pregusta.
La salvezza non è approvazione individuale, ma evento vissuto nella comunità che spezza il pane dell’Eucaristia e della carità fraterna.

Tratto dal catechismo per gli adulti “Signore da chi andremo”

Ecco l'uomo

Ecco l’Uomo”. Pilato presenta “profeticamente” Gesù alla folla. Gesù è veramente l’uomo nuovo che attraverso la via della croce, assunta su di sé, ricostruisce nell’uomo la dignità e l’immagine perduta.
Nella notte di Pasqua dal portale nel buio avanza la fiamma del cero pasquale simbolo di Gesù risorto. “Luce di Cristo”proclama tre volte il celebrante. A quella fiamma ciascuno accende la propria candela, per poi levarsi il grido della Risurrezione dall’assemblea. Lo stesso grido che corse all’alba del terzo giorno tra i discepoli: “il Signore è risorto!” È un’esperienza decisiva per i discepoli: la fede ricreata in loro cancella ogni smarrimento e sconforto. La Risurrezione di Gesù diventa un fatto della nostra storia. Passione, morte e risurrezione sono un unico mistero di salvezza, dalla morte alla vita,che si allarga alle dimensioni dell’eternità.
Un fatto realmente avvenuto: morte e risurrezione sono il compimento del progetto annunciato dalle Scritture. L’annuncio dei profeti si è avverato in Gesù. La storia di Israele doveva approdare a Lui, e da Lui riparte per raggiungere, attraverso i discepoli, gli uomini di tutti i tempi.
I discepoli testimoniano, a costo della vita, che la resurrezione è realmente avvenuta. Come la vita d’Israele e la sua salvezza derivano dall’Esodo dall’Egitto, così la vita nuova della Chiesa proviene dalla Risurrezione, senza la quale essa non esisterebbe e la sua fede sarebbe vuota.
La Resurrezione è un intervento diretto di Dio nella storia , al pari della sola creazione, e lo si può accogliere solo nella fede (non scientificamente) [Cor 15,11-14]
L’annunzio della Resurrezione va trasmesso e conservato: Gesù di Nazaret e il Signore risorto sono la stessa persona .
Gesù introduce ad una vita senza più morte. Ora ha un corpo vero, ma senza i condizionamenti di un corpo mortale, ormai libero dalle leggi della materia, incorruttibile e glorioso. Gesù ha accettato, per amore, il passaggio nella morte, e dalla morte Dio l’ha liberato. Tramite la Resurrezione di Gesù comprendiamo in pienezza che il lieto messaggio del Regno di Dio in mezzo agli uomini, il suo Vangelo, è questo: la vita, Cristo risorto, ha vinto la morte; l’uomo è redento, il regno si instaura. Mediante lo Spirito Santo siamo rinnovati dall’interno, diventiamo figli di Dio,e grazie al Figlio, eredi del regno. Gesù, vincitore della morte, vincerà anche la nostra morte. Da Gesù ha inizio la speranza.
La Pasqua è l’evento decisivo della fede cristiana.

Tratto dal catechismo per gli adulti “Signore da chi andremo”

Il memoriale

Pane e vino sono la base del pasto, per la Bibbia sono il nutrimento dell’uomo. Trasformati dalla parola di Gesù nel suo “corpo offerto” e nel suo “sangue versato”, essi sono la sua stessa persona che si dona per la salvezza degli uomini. Gesù è vero cibo e vera bevanda, offerto ai discepoli perché partecipino al sacrificio della sua stessa vita.
Come recita la liturgia, pane e vino “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”, per la parola di Gesù vengono ad essere “cibo di vita eterna” e “bevanda di salvezza”. Nel pane e nel vino si riassume la fatica umana, liberata dal peso del peccato per entrare a far parte del disegno di Dio.
L’ultima cena di Gesù non è un addio:è un anticipo della sua Risurrezione. Quel corpo dato e quel sangue versato acquistano nella Passione quel senso di una reale donazione alla morte, perché da essa spunti la vita.
L’ultima cena è l’anticipo del memoriale che la Chiesa celebrerà come segno dell’offerta di Gesù (Lc22,19). È preludio del banchetto del Regno quando, alla fine dei tempi, si realizzerà l’unità della famiglia umana e di tutta la natura (Mt26,29). Tra la Pasqua di Gesù e la Pasqua eterna c’è un tempo in cui i discepoli (la Chiesa) e l’umanità saranno in cammino.
Il memoriale è il ricordo che rende presente nel rito la morte e resurrezione. Il gesto di donazione di Gesù rivivrà nei sacramenti, per incarnarsi nell’esistenza umana dei credenti, a testimonianza dell’amore di Dio per il mondo
Dal cenacolo Gesù passa nell’Orto degli Ulivi: è preso da angoscia e solitudine. Anche i dodici lo lasciano solo: gli apostoli che non riescono a pregare sono ancora carne. Gesù obbediente al Padre fino alla morte, è spirito che riesce ad assoggettare la carne, al prezzo di una sofferenza indicibile.
Gesù non va a Gerusalemme per combattere e coprirsi di gloria, ma per essere vittima dell’odio e della gelosia dei potenti. È consapevole di ciò che lo attende: sa che il suo comportamento attira inimicizie e gelosie (risentimento delle autorità religiose).
Per Gesù tutto ciò rientra nella visione della storia della salvezza. Non è sfrontatezza verso il dono della vita: Gesù soffre atrocemente nella carne e nello spirito e sperimenta in tutto il suo essere il dolore e la solitudine dell’uomo. Gesù va incontro alla morte con piena libertà e decisione come atto supremo di amore nei confronti del Padre e degli uomini.
I pochi che sono stati responsabili della sua morte sono i rappresentanti del peccato universale. Gesù è morto a causa dei peccati di tutti gli uomini e per la loro salvezza.

Tratto dal catechismo per gli adulti “Signore da chi andremo”.

Il compimento nell’Eucaristia

(Gv 13,1) La passione e la morte di Gesù Cristo esprimono nel modo più efficace il senso della sua esistenza terrena e tramanda nel mondo, nel modo più incisivo, la memoria del suo amore.
La sua “ora” è il compimento, è il tempo di passare da questo mondo al Padre, di essere da lui glorificato, di morire per portare frutto (“Se il chicco di frumento non fosse caduto a terra, non sarebbe fruttificato”Sant’Agostino).
L’ora della croce è il Battesimo del sangue per Gesù: lascia il mondo per tornare al Padre. Passa dalla condizione umana (mortale) alla condizione di vita in Dio.
I quattro vangeli descrivono approfonditamente la morte di Gesù. Le prime comunità cristiane ritennero indispensabile per la nuova fede evidenziare insieme alla risurrezione la morte dolorosa di Gesù (nonostante la vergogna e lo scandalo della crocifissione).
San Paolo predica Cristo crocifisso anche se suona scandalo e stoltezza per molti (1 Cor). La Gloria di Dio e la salvezza dell’uomo passano per la debolezza, la sconfitta e la morte.
Per Giovanni la Gloria di Gesù consiste nel consegnarsi liberamente alla morte, per amore di Dio, come agnello immolato per il peccato degli uomini.
L’ ultima cena è il preludio della Passione. Per gli Ebrei, la cena, il banchetto sono segni della comunione tra Dio e l’uomo. I sacrifici di comunione si offrivano al tempio di Gerusalemme e comprendevano il banchetto: i presenti mangiavano la vittima offerta a Dio e si sentivano in pace, in comunione con Dio e tra di loro. Anche Gesù usa l’immagine del banchetto (Mt 22,2). Nella Bibbia, l’abitudine quotidiana di riunirsi per mangiare insieme diventa anticipo di una realtà futura non ancora conosciuta.
Da memoriale della liberazione dalla schiavitù, da lode, benedizione e rendimento di grazie (Eucaristia) per le opere di Dio nell’Esodo, diventa segno di attesa della nuova Pasqua, della liberazione definitiva, la Pasqua del Regno.
L’agnello era simbolo della liberazione: il suo sangue cosparso sulle porte degli Ebrei li aveva scampati dal flagello abbattutosi sull’Egitto e aveva consentito loro di mettersi in viaggio verso la Terra Promessa. Gesù spiega agli apostoli che lui è il nuovo Agnello pasquale immolato per tutti.
Israele con il sangue delle vittime suggellò la sua alleanza con Dio; ora Gesù, con il proprio sangue, sancisce l’alleanza nuova, non più scritta sulla pietra delle tavole di Mosè, ma nei cuori degli uomini.
Il corpo offerto e il sangue versato sono il gesto manifesto di un amore infinito.(Lc 22,19-20)

Tratto dal catechismo per gli adulti “Signore da chi andremo?”

LA PRESENZA DI DIO, tratto dalle lettere di Fra Lorenzo

Per arrivare a Dio basta un cuore che si dedica a Lui e lo ama. Conversiamo continuamente, francamente, direttamente e semplicemente con Dio, per sentirne la presenza necessaria ad ottenere le sue grazie e i suoi soccorsi.
Confidiamoci e abbandoniamoci a Dio e facciamo con gioia la sua volontà, seguendo la sua via per ben comportarsi nella vita, lasciamoci giudicare dal suo amore senza interessi.
Se in questa vita si vuole godere del Paradiso, bisogna abituarsi al colloquio famigliare, umile e amoroso con Dio. Il nostro spirito non si deve allontanare. Il nostro cuore deve diventare un tempio in cui lo si adora.
La presenza di Dio deve essere naturale. Manifestiamola nell’amare i nostri amici, ma ricordando sempre il primo, Il Signore.
Pensiamo e parliamo a Dio nella giornata, nelle attività, nel divertimento, non lasciamolo mai solo… gli amici non si lasciano soli.
Siamo cristiani, in una parola il nostro mestiere: pensare e adorarlo sempre. Cerchiamo incessantemente la felicità tramite il Vangelo e la nostra fede.

La presenza di Dio nella DIFFICOLTA’ e nel DUBBIO
Non bisogna mai stancarsi di bussare alla Sua porta. Chiediamo aiuto, soccorso, una grazia, che Dio non manca mai di concedere per affrontare la vita. E’ importante consolarsi in Lui e chiedergli aiuto nelle decisioni difficili (nei dubbi) per conoscere la sua volontà e fare bene le cose che ci chiede di fare, per infine offrirgliele come dono. Dio ci aiuta se quello che si fa è per Lui, e lo scopo è quello di operare per il suo amore. Ci si santifica se quello che prima facevamo per noi ora lo facciamo per Dio. Se si è vicini a Dio, e si è con lui, non si teme più nulla, non si hanno più dubbi e tristezze.
Dio non guarda alla grandezza delle opere ma all’amore.

La presenza di Dio nel DOLORE
Il dolore è una prova dell’amore per Dio. Nel dolore non bisogna perdere la presenza di Dio, perché è Lui che ci da la forza di sopportare il dolore con cui ci intende provare. Farsi coraggio, non rassegnarsi e non abbandonarlo, offrire la propria sofferenza e chiedere la forza di sopportarla, intrattenersi con lui e ringraziarlo per le grazie ricevute: queste sono le azioni da compiere nella sofferenza.
Nel dolore dobbiamo quindi chiedere la grazia, con la quale tutto si semplifica, e dobbiamo rimanergli fedele in tutte le circostanze.
La fede deve essere il fondamento della nostra fiducia: la fede ci avvicina a Dio, ce lo fa toccare con mano, perché Lui c’è sempre, non ci lascia soli, non si allontana mai anche se noi ci allontaniamo. Quando Dio trova un’anima piena di fede la ricolma di grazie.
L’amore raddolcisce qualunque pena, a tal punto che, se siamo abituati alla presenza di Dio tutte le malattie del corpo sono più leggere e la sofferenza con Lui diventa un dolce paradiso; mentre i più grandi piaceri, senza Dio, sarebbero una pena crudele, un inferno.
Noi siamo sue creature che Dio può umiliare con infinite pene. In questa condizione non ci si stupisce se ci capitano mali, tentazioni e contraddizioni dal prossimo: bisogna sottomettersi e sopportare finché piacerà a Dio.
Nel dolore non si deve quindi chiedere a Dio di liberarci dalle pene e dai mali del corpo, ma di darci la forza di soffrire coraggiosamente finché a lui piacerà: consoliamoci in Lui, e ci libererà quando sarà più opportuno.
La gente considera le pene più gravi insopportabili a causa del falso punto di vista da cui le considera: si considerano le malattie come malanni naturali, non come una grazia. Una volta capito che tutto viene dalla mano di Dio, Padre pieno d’amore anche se ci affligge e ci umilia, tutta l’amarezza scompare e rimane la dolcezza.
Lui ci è vicino nell’infermità e nella malattia: è Dio il vero medico, è l’unico che da sollievo ai mali, anche se spesso lascia le malattie del corpo per guarire quelle dell’anima.


La presenza di Dio nella quotidianità
Per sentire la presenza di Dio è indispensabile avere fiducia, sapendo che Egli può rimediare a tutto, non ci abbandona e non ci inganna.
Durante il giorno, bisogna occuparsi di Lui, cercarlo e non pensare solo ai suoi doni, ricordando di allenare sempre lo Spirito, perché nella fede a fermarsi si retrocede. In questo modo si è veramente liberi e felici.
Dio è presente in mezzo a noi (e di questo non ne dubitiamo) e non lo dobbiamo cercare altrove lasciandolo solo, ma allontaniamo tutto ciò che non è Lui, sapendo che se non lo facciamo ne sarà dispiaciuto.
Per sentire il suo amore, esercitiamoci a confessare i peccati e le mancanze verso Dio, a riferirgli ogni nostro atto. Chiediamogli la grazia con fiducia, senza guardare ai nostri peccati (anche se ci vergogniamo di confrontare i nostri peccati con la Sua grazia) e confidiamo nei suoi meriti. Noi capiamo che lui ci ama perché, invece di punirci, ci abbraccia nella sua bontà e ci fa sedere alla sua Mensa. Accorgiamoci però delle nostre mancanze e pentiamoci nell’amore di Dio, altrimenti la confessione è inutile. Attendiamo poi con speranza la remissione dei peccati.
Dio è da considerare come un giudice (sentirsi peccatori davanti a lui), e come un padre (nostro Dio).

La presenza di Dio nella PREGHIERA e nella PENITENZA
Le penitenze e le preghiere servono ad arrivare a Dio mediante l’amore. Non importa che le nostre preghiere siano complesse, quello che Dio gradisce è che esse siano semplici, di poche parole e recitate col cuore. Questa attività è anche più semplice e la si può attuare più volte nella giornata.
Ricordiamoci inoltre che non c’è bisogno di gridare per farsi sentire da Dio, Lui è più vicino di quello che pensiamo, se in fatti preghiamo in suo presenza, Lui ci è vicino.

La nostra volontà e il male
Il male nasce dai pensieri inutili, il rimedio è  parlare con Lui, amarlo, e non occuparsi di futilità, il nostro spirito deve rinunciare a ciò che non è Lui e che ci allontana, per amor Suo. Agiamo nella fede con amore e umiltà, camminando verso Dio.
Nel momento della tentazione rivolgiamoci a Dio, e rinunciamo a tutto ciò che non tende a lui. C’è differenza fra le azioni dell’intelletto e della volontà: le prime sono poca cosa, le seconde tutto. La mente è vagante e la volontà è la direttrice delle nostre forze, che vanno richiamate verso Dio. Quando il nostro spirito vaga, l’unico rimedio è confessarlo e umiliarcene davanti a Dio. La volontà deve poter richiamarlo alla mente tranquillamente senza offenderlo. Senza di lui non possiamo nulla. Ma se siamo veramente fedeli saremo incapaci di offenderlo e genereremo in noi una santa libertà. Per eseguire la sua volontà gli unici mezzi sono la fede, la speranza e la carità. Tutto è possibile a chi crede, ma di più a chi spera, di più a chi ama e di più a chi esegue tutte e tre le virtù.

Gesù ed Eucaristia (per bambini)

Breve storia della vita di Gesù per i bambini che si preparano alla Prima Comunione.
Cittanova(MO) 2011.

Ho presentato questo testo ai bambini con le parole chiave mancanti.
Si sono divertiti un mondo, animati dallo spirito di competizione.

Dio è un papà invisibile, il papà di tutti noi.
Siamo tutti fratelli di un solo Padre.
Noi abbiamo un papà e una mamma, un famiglia vicino a noi.
Inoltre abbiamo un papà, Dio, una mamma, Maria, un fratello Gesù, una famiglia la Chiesa,e l’amore e la forza, lo Spirito Santo. Ma non si vedono…
Dio è una persona invisibile e vive in cielo, ma è vicino al nostro cuore. Dio è presente anche se non lo vediamo. Non dobbiamo avere paura, perché non siamo mai soli… Accanto ad ognuno di noi c’è un angelo custode.
Dio ha creato l’universo e anche l’uomo. L’uomo lo ha fatto simile a lui: è la sua creatura migliore. Ha creato tutto per amore dell’uomo. Quando non rispettiamo l’amicizia tra Dio e l’uomo commettiamo peccato. Chi ci tenta a fare il male è il diavolo, il grande nemico di Dio e dell’uomo.

A un certo punto della storia, Dio manda un uomo, Figlio di Dio, di nome Gesù. Egli è il dono più grande di Dio agli uomini.
Dio manda l’arcangelo Gabriele da Maria, il quale le annuncia la nascita di Gesù.
Nella sua vita Gesù insegna a tutti come “vedere” Dio e lo chiama “Padre Nostro”. Gesù è il dono di Dio. Gesù fu annunciato da tanti profeti (uomini con cui Dio aveva un grande rapporto di amicizia).
Maria è la mamma che Dio ha scelto per Gesù. Lo sposo di Maria è Giuseppe, e il suo mestiere è il falegname. Maria e Giuseppe vivevano a Nazaret. Noi festeggiamo la nascita di Gesù a Natale, dopo esserci prepararti per 4 settimane, chiamate Avvvento. Gesù nasce in una grotta a Betlemme. I pastori e i re Magi, guidati da una stella, arrivano ad adorare Gesù
Il cattivo re Erode è il primo nemico di Gesù.
La vita di Gesù è raccontata nel Vangelo, che significa buona novella. Gesù venne battezzato, all’età di trent’anni, da Giovanni il Battista, nel fiume Giordano. Da quel giorno Gesù inizia ad insegnare a tutti la parola di Dio. Gesù compie tanti miracoli perché è figlio di Dio. Gesù è sempre molto vicino ai più deboli. Da a loro una nuova speranza.
Gesù ha 12 amici che lo seguivano: gli apostoli.

La Messa, che celebriamo ogni Domenica, è il memoriale del sacrificio di Gesù. Gesù ha offerto la sua vita per noi. Memoriale significa rivivere, rendere presente.
La Messa si celebra di Domenica perché in quel giorno Gesù è risorto. Un Sacramento è un segno della grazia di Dio, istituito da Gesù per renderci santi.
Il Battesimo permette di cancellare il peccato originale. Col Battesimo diventiamo figli di Dio.
La Penitenza o Confessione è il sacramento per cancellare i peccati commessi dopo il Battesimo.

Gesù è risorto ed è tornato al fianco del Padre, dopo la morte in croce per prepararci un posto vicino a Dio, nel regno dei cieli.
Gesù è chiamato anche Signore, oppure il Messia, perché ci salva dal peccato. Noi possiamo farci perdonare i nostri peccati con la Confessione.
A Pasqua riviviamo la morte e risurrezione di Gesù.
Gesù verrà crocifisso nella città di Gerusalemme. Si trovava in quel posto perchè voleva festeggiare la Pasqua ebraica.
I simboli di questa festa sono l’agnello e il pane non lievitato, che gli ebrei, schiavi in Egitto, mangiarono la sera in cui Dio li liberò, con l’aiuto del loro “condottiero” Mosè. Dopo tanti anni di cammino nel deserto gli ebrei arrivarano nella Terra Promessa.
Gesù conosce la sua missione, e sa che dovrà morire per la salvezza dell’uomo, per liberarlo dalla schiavitù del peccato.
Il Giovedì santo Gesù è assieme ai suoi apostoli per consumare l’Ultima Cena. In quella sera Gesù fa quei gesti che oggi il sacerdote ripete durante l’Eucaristia: spezzare il pane, simbolo del suo corpo, e offrire il vino, simbolo del suo sangue, offerto in sacrificio per la Nuova Alleanza.
Quest’anno noi bambini riceveremo per la prima volta la Comunione, detta anche Eucaristia, il sacramento più importante per i cristiani.
Eucaristia significa rendere grazie a Dio.

L’apostolo Giuda tradirà Gesù. L’apostolo Pietro rinnegherà Gesù 3 volte. Essi sono il simbolo dell’infedeltà dell’uomo.
Dopo cena, Gesù esce con gli apostoli e si dirige verso il monte degli Ulivi, per pregare Dio. Ma gli apostoli si addormentarono.
Quindi Gesù viene catturato e arrestato da una folla guidata dai sommi sacerdoti. Gesù viene consegnato al Sinedrio (tribunale ebraico).
Il mattino seguente fu consegnato a Ponzio Pilato, il governatore romano. Egli non capisce le accuse a Gesù, ma la folla preferisce liberare il malvivente Barabba. Così Pilato condanna Gesù alla croce. Ora gli apostoli hanno paura. Intanto Gesù viene preso in giro, e viene vestito da re con un mantello rosso e una corona di spine.
Al mattino viene caricato della croce per essere condotto sul Golgota, una collina. Gesù senza forze viene aiutato da Simone di Cirene.
Arrivati sul Golgota, Gesù viene crocifisso e sulla croce viene attaccata la scritta INRI, che in latino significa “Gesù il Nazareno, re dei Giudei”.
Accanto a lui crocifiggono anche due ladroni. Uno buono e uno cattivo.
Ai piedi della croce c’è Maria, sua madre e Giovanni, il discepolo amato. Venuto mezzogiorno si oscura tutta la terra e fa buio per tre ore.
Un discepolo di Gesù, Giuseppe di Arimatea, avvolgerà il corpo di Gesù in un lenzuolo, lo metterà in un sepolcro scavato nella roccia e lo fa chiudere con un masso.
Due giorni dopo alcune donne si recano al sepolcro e vedono che il masso è rotolato via. Gesù, il Cristo, è risuscitato dai morti il terzo giorno dopo la sua morte.