Il primo sguardo di
Gesù
Uscito lungo il mare, Gesù osservò un pubblicano di nome
Levi seduto al banco delle imposte. Gli disse: "Seguimi". Egli,
lasciando tutto, si alzò e lo seguì (Lc 5,27-28).
Seduto, intento a riscuotere i dazi, Levi sta contemplando,
estasiato, le monete che i commercianti depongono sul suo tavolo: i sicli di
Tiro, i quadranti di bronzo con l'effige di Tiberio, le dramme d'argento e i
preziosi "aurei" di Augusto coniati a Efeso.
È al culmine dell'euforia quando – senza alcuna ragione
plausibile – tutto ciò che fino a quel momento ha dato senso alla sua vita
perde valore. Si alza, abbandona tutto e segue il Maestro.
La sua decisione improvvisa lascia sconcertati. È
inspiegabile. Levi non ha assistito ad alcun miracolo, Gesù non è ancora
famoso, e noto solo come "il carpentiere" di Nazareth. E allora?
Un particolare del racconto ci illumina: Gesù lo osservò.
Nel Vangelo di Luca questo è il primo sguardo che Gesù
rivolge a una persona. È uno sguardo che si rivela subito irresistibile,
prodigioso, capace di rimette in piedi un uomo paralizzato dall'incantesimo
esercitato su di lui dal più tirannico degli idoli, il denaro.
Lo Sguardo alle folle.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché
erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose (Mc
6,34).
Il Signore vede ciò che accade sulla terra? Partecipa alle
nostre gioie? È coinvolto nel nostro dolore o guarda con distacco alla
sofferenza umana?
“il Signore non vede,
il Dio di Giacobbe non se ne cura" – risponde lo scettico (Sal 94,7) –
anzi "Dio neppure esiste"
(Sal 9,25). Diversa è la convinzione del credente: “il Signore nostro Dio siede nell'alto e si china a guardare sulla terra"
(Sal 113,5-6).
Cosa prova Dio di
fronte al nostro dolore?
Lo possiamo verificare nello sguardo di Gesù alle folle: vide e si commosse. Il Dio impassibile
non è il nostro. Tuttavia egli non interviene con prodigi, non risolve i nostri
problemi senza coinvolgerci. Di fronte alle folle bisognose di aiuto Gesù si
mise a insegnare molte cose. È la sua
parola che indica come muoversi in ogni momento della vita.
L'uomo pio non indaga sull'enigma del male nel mondo, non
pretende risposte e nemmeno chiede miracoli. Nell'afflizione, fiducioso
supplica: "Apri gli occhi, Signore,
e vedi!" (2Re 19,16), poi si mette in ascolto della sua Parola e si
dispone ad agire seguendo ciò che la Parola gli suggerisce.
Lo sguardo al
pubblicano
Il pubblicano non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo,
ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)
Due uomini salgono al tempio per pregare. Uno ha condotto
una vita impeccabile e non vede l'ora di poterla esibire davanti a Dio; l'altro
ha la consapevolezza di essere un peccatore. Il primo avanza sicuro verso
l'altare del Signore; l'altro si ferma in fondo e si batte il petto.
Nemmeno chiedersi su quale dei due si poserà lo sguardo
amorevole del Signore! I rabbini d'Israele, infatti, insegnano unanimi: “Il Signore rivolge i suoi occhi ai giusti"
(Sal 34,16) e "al superbo volge lo
sguardo da lontano" (Sal 138,6).
La loro convinzione è forse anche la nostra, perché è in
sintonia con i nostri sguardi che si posano compiaciuti su chi ci ama e
divengono ostili verso chi ci fa del male.
Anche Gesù ha visto i due salire al tempio, ma il suo
sguardo riflette quello del Padre che sta nei cieli. L'occhio va dove lo porta il cuore. Quello di Gesù, come quello di
Dio, non si volge verso chi merita il suo amore, ma verso chi ha più bisogno
delle sue premure.
Lo aveva già detto per bocca del profeta: "Su chi volgerò lo sguardo? Sull'umile e su
chi ha lo spirito contrito" (Is 66,2).
Lo sguardo a Pietro
Il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò
delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti,
oggi mi rin- negherai tre volte' . E, uscito, pianse amaramente (Lc 22,61)
Per presentare lo sguardo di Gesù a Pietro, l'evangelista
impiega un verbo greco che significa lo
guardò dentro, guardò il suo cuore. Il gesto di Gesù non è di rimprovero,
ma di comprensione per la debolezza del
discepolo.
Secondo i nostri criteri, Pietro si è comportato da codardo,
è stato un vile. Questo almeno è quanto appare all'esterno e il nostro sguardo,
troppo spesso, si arresta alla superficie.
Lo sguardo di Gesù va
sempre oltre, va in profondità; egli guarda dentro l'uomo.
Cosa vede nel cuore di Pietro? Scopre che egli compie, sì,
un gesto pusillanime, ma in fondo continua a volergli un immenso bene. Vorrebbe
ad ogni costo mantenersi fedele, ma non ci riesce. Sottolineando questo
sguardo, Luca indica ai cristiani di ogni tempo che le fragilità proprie e dei
fratelli vanno guardate con gli occhi di Gesù, occhi che infondono fiducia e
ridonano speranza, occhi che scoprono, anche nel più grande peccatore, una scintilla di amore e comunicano lo
stimolo giusto che permette di ricostruire una vita.
Lo sguardo al ricco
Gesù, volgendolo sguardo attorno, disse aí suoi discepoli:
"Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di
Dio!" (Mc 10,23)
Un giovane chiede a Gesù: "Maestro, tutti i comandamenti io li ho osservati fin dalla mia
giovinezza, che devo fare ancora?". Gesù lo guardò attentamente e con
affetto, perché lo vide preparato per fare il salto di qualità e buttò li la
richiesta decisiva: "Va', vendi
quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e
seguimi. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché
aveva molti beni" (Mc 10,17-22).
La ricchezza possiede
la forza seduttrice di un dio. Costituisce un ostacolo quasi
insormontabile per chi vuole diventare discepolo. "È più facile – assicura Gesù – che un cammello passi per la cruna di un
ago, che un ricco entri nel regno di Dio".
Il distacco da tutto ciò che si possiede esige un atto di
generosità tale che solo un miracolo di Dio può aiutare a realizzarlo. Con Levi
lo sguardo di Gesù è riuscito a compiere il prodigio, con il giovane ricco no.
Oggi il suo sguardo interpella ogni discepolo. Non gli chiede di dare molto o poco, ma di
offrire tutto se stesso, tutto ciò che ha ricevuto - da Dio, molto o poco che
sia.
Lo sguardo agli
ipocriti
Guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per
la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: "stendila mano!" (Mc.
3,5)
All'incontro del sabato in una sinagoga della Galilea è
presente un uomo con una mano paralizzata.Chi ha la mano irrigidita non può
lavorare, accarezzare e, dunque, manifestare i propri affetti; non può
stringere la mano di un altro per stabilire un rapporto amichevole, per
stipulare un patto; non riesce a ricevere un dono e ad offrirlo; non è in grado
di spezzare il pane all'affamato.
Curare chi ha la mano
paralizzata significa ridargli quella parte di umanità che gli manca. Ma
in giorno di sabato la legge lo proibisce e nella sinagoga sono presenti i
cultori della legge che non tollerano violazioni.
Alla domanda di Gesù, se è lecito fare del bene in giorno di
sabato, segue un silenzio pesante. Gli occhi di Gesù passano in rassegna, in un
chiaro atteggiamento di sfida, i volti dei "difensori della legge".
Marco rileva che Gesù girò lo sguardo su di loro con indignazione e, mentre tutti
tacevano, ordinò all'uomo: "Stendi la mano! ". Quegli la stese ed
essa fu risanata.
Lo sguardo di Dio si
poserà sempre con indignazione su coloro che antepongono l'osservanza delle
leggi umane al bene dell'uomo.
Lo sguardo a Zaccheo
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e disse:
Zaccheo scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)
A Gerico un uomo sale su un sicomoro per vedere Gesù. Non
sul tetto di una casa, come sarebbe normale, come fanno tutti; ma su un albero
perché nessuno gli permette di calpestare la soglia della propria casa. Gli
abitanti di Gerico hanno occhi che vedono solo l'esterno di Zaccheo e lo
rifiutano perché lo ritengono un peccatore, in quanto capo dei pubblicani e
ricco. Il peccatore è visto come uno da tenere lontano ed egli stesso, spesso,
sa di non essere accettato.
Osserviamo invece come sono limpidi e puri gli occhi di
Gesù: "Quando giunse sul luogo, egli
alzò lo sguardo e disse: Zaccheo scendi subito, perché oggi devo fermarmi a
casa tua" (Lc 19,5).
Alzò lo sguardo: non guardò Zaccheo dall'alto in basso, ma
dal basso in alto. La posizione elevata appartiene, di diritto, al peccatore,
quella umile a chi lo deve aiutare.
La smettessimo noi cristiani con gli sguardi impietosi e
ipocriti che impediscono agli uomini di incontrare l'unico sguardo che salva.
quello dolce e tenero di Gesù!
Lo sguardo senza
parole
Gesù entrò a Gerusalemme nel tempio. E, dopo aver guardato
ogni cosa attorno, uscì con i dodici diretto a Betania (Mc 11,11)
Nel tempo di Pasqua, Gerusalemme brulicava di pellegrini,
giunti da ogni parte del mondo. Per i commercianti era un'opportunità da non
perdere. Sotto i portici del sacro recinto, i sacerdoti adibivano il portico
regio alla vendita degli agnelli, dei buoi, delle colombe e degli altri
animali. Beneficiari di questo commercio erano gli aristocratici di
Gerusalemme, appartenenti alla setta dei sadducei.
La casa di preghiera era stata trasformata, dai suoi stessi
ministri, in un luogo di mercato.
Giunto nella città santa, Gesù si imbatte in questo
spettacolo indegno. La sua reazione interiore non è descritta da nessun
evangelista, ma è facile da intuire attraverso lo sguardo intenso, muto che ci
è riferito da Marco: dopo aver guardato ogni cosa attorno, uscì dal tempio. Non
ha pronunciato una parola, ma ciò che ha provato si tradurrà in un gesto
drammatico il giorno seguente. Tornato sul posto con una sferza, manderà
all'aria le sedie e le gabbie delle colombe, scaccerà i buoi e rovescerà i
tavoli dei cambiavalute.
Assomiglia a quello del Maestro lo sguardo dei discepoli di
oggi quando il tempio del Signore – l'uomo – è violato?
Lo sguardo alla donna
curva
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei
libera dall’infermità" (Lc 13,12)
Quando consideriamo ciò che è accaduto nel passato, viene
spontaneo chiedersi: come si poteva non vedere certe ingiustizie, certe
assurdità, certe contraddizioni?
Come si poteva – per secoli, per millenni – non vedere la
condizione degradata in cui era costretta a vivere la donna, vilipesa, piegata
sotto il peso opprimente di tradizioni che la privavano della sua dignità?
Eppure, per quanto oggi ci sembri impossibile, nessuno aveva la sensibilità per
rendersi conto che la donna era costretta a incedere sempre a capo chino, curva.
Un giorno Gesù stava insegnando in una sinagoga e là c'era
una donna che, da diciotto anni, era curva e non poteva drizzarsi in nessun
modo. Diciotto è il triplo di sei, il numero imperfetto e, nel linguaggio
semitico, rappresenta l'imperfezione delle tre età attraverso cui l'umanità è
passata: dalla creazione al diluvio, dal diluvio ad Abramo e da Abramo a Gesù.
È in questo contesto storico, culturale e simbolico che si
coglie il significato profondo dello sguardo rivolto da Gesù alla donna. Egli
la vide, la chiamò a sé e le disse: "Sei
libera!".
Lo sguardo fra le
lacrime
Quando vide Maria piangere... Gesù non riuscì a trattenere
le lacrime (Gv 11,33)
Dio ci ha dato gli occhi non solo per vedere, ma anche per
piangere e il pianto, più di qualunque
parola, rivela i sentimenti del cuore. Le lacrime sono un mezzo per
comunicare, anzi sono il nostro primo linguaggio: appena giunti al mondo piangiamo
per richiamare l'attenzione e chiedere aiuto; solo in seguito impariamo a
sorridere e più tardi ancora a parlare.
Al sorriso, al canto, agli sguardi, alle parole si può
rimanere indifferenti, ma al pianto, anche di uno sconosciuto, nessuno è
insensibile. Si può mentire con le lacrime, ma il pianto sincero mette a nudo
la nostra anima e non ce ne dobbiamo vergognare.
Gesù ha provato le nostre gioie e i nostri dolori, si è
rallegrato con quelli che erano nella gioia e ha pianto con coloro che
piangevano. I suoi occhi si sono velati di lacrime quando ha visto piangere la
sorella di Lazzaro e, sul monte degli Ulivi, ha contemplato la città di
Gerusalemme, ostinata nel suo rifiuto della luce del Cielo e destinata alla
rovina (Lc 19,41s).
"Beati quelli che
piangono" – aveva anche detto – (Mt 5,5). Sì, Beati coloro che – come
lui – piangono per amore.
Lo sguardo al cielo
Alzati gli occhi al cielo, Gesù pronunziò la benedizione (Mt
14,19)
È lo sguardo che differenzia l'uomo da tutti gli altri
animali. Solo l'uomo alza il capo per contemplare il firmamento e cercare in
alto, in Dio, il senso della propria esistenza.
Gli occhi fissi verso il cielo, verso il Padre, hanno
caratterizzato tutta la vita di Gesù. Tuttavia, in alcuni passi del Vangelo,
viene notato esplicitamente anche il suo gesto esteriore di alzare lo sguardo.
Prima di moltiplicare i pani egli eleva gli occhi al Padre (Mt 14,19). Prima di
pronunciare la parola "Effatà" e di aprire le orecchie al sordo, per
un momento contempla il cielo (Mc 8,34), il luogo dove, secondo la concezione
religiosa degli Israeliti, si trova il trono di Dio. Il suo sguardo indica la
direzione verso la quale orienta gli occhi chi cerca l'alimento per la vita e
la parola che guarisce. Solo dall'alto viene la luce che dà un senso alle gioie
e al dolore, ai successi e alle sconfitte, ai tradimenti, alla solitudine e al
più insondabile di tutti gli enigmi, la morte.
Sul volto di Gesù brilla lo sguardo dell'uomo autentico,
impegnato nelle realtà materiali, ma con gli occhi sempre rivolti verso Dio.
Lo sguardo alla vedova
Vi assicuro, questa vedova, povera, ha messo più di tutti
(Lc 21,1-3)
L'immensa spianata del tempio brulicava sempre di devoti che
si recavano per pregare, per adempiere voti. per offrire sacrifici. Lungo il
muro che separava il cortile delle donne da quello degli uomini c'erano tredici
cassette in cui i pellegrini deponevano le loro elemosine. Erano cassette di
bronzo e avevano la forma di trombe. Le monete di metallo, specie se scagliate
con energia ben calcolata... le facevano squillare come campane.
Gesù notava i ricchi che facevano offerte generose "per
far suonare le trombe" e attirare l'attenzione dei presenti (Mt 6,2 ). Ma
il suo sguardo non era attratto da loro.
Un giorno vede una vedova, povera, che getta nel tesoro solo
due spiccioli, che non fanno rumore, che possono essere notati solo da chi ha
uno sguardo che non si lascia ingannare dalle apparenze. Chiama i discepoli ed
esclama: Vi assicuro, questa vedova,
povera, ha messo più di tutti.
Il suo sguardo è come quello del Padre "che vede nel
segreto", per questo raccomanda: "Quando
tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché
la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti
ricompenserà" (Mt 6,3).
Riflessione dei Sacerdoti
del Sacro Cuore di Gesù (calendario 2010)
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