L’APOSTOLO
DELLE GENTI
Colui che viene chiamato "l’Apostolo delle Genti”, non ha
conosciuto Gesù in vita a Gerusalemme o sulle strade della Galilea, come i
Dodici Apostoli. E’ il primo ad avere avuto come esperienza solo quella del
Risorto, come l'avranno poi tutti i Cristiani. Questo ebreo nato a Tarso
(attualmente Turchia orientale), avendo ricevuto un insegnamento rigoroso della
Legge, presso il rabbino Gamaliele l’Anziano e che è anche cittadino romano,
riceve come missione precisa di andare a predicare la Parola di Dio a tutti gli
uomini: prima ad Antiochia ed in Asia Minore, poi in Grecia ed a Roma. Con
Paolo, in pochi anni ed in modo ardente, “la
Parola esce da Gerusalemme e la Legge da Sion”, come era stato profetizzato
dal profeta Michea (4,2). Essa “esce” con un doppio senso del termine. Paolo
andrà a testimoniare l'insegnamento avuto dai suoi Padri e da ciò che ha
sperimentato: Cristo è Risorto!
Paolo è il personaggio meglio conosciuto della prima generazione
cristiana, sia per le Lettere (sette riconosciute indubitabilmente autentiche
in senso stretto) da lui scritte, sia per la storia della sua vita narrata da
Luca negli Atti degli Apostoli. Le sue Lettere rappresentano per noi una fonte
eccezionale. La sua figura rimane tuttavia misteriosa. Da una parte queste
Lettere ripercorrono soltanto una quindicina di anni della sua vita. D’altra
parte, gli Atti che riportano il suo percorso sono scritti venti anni dopo la
sua morte, con il tono apologetico dell’epoca. Daremo quindi preferenza ai dati
contenuti nelle Lettere di Paolo ed alla sua cronologia, che coincide
maggiormente con la durata dei suoi spostamenti (ad esempio la data del
“Concilio di Gerusalemme”).
Si può ritenere che Paolo abbia una decina di anni meno di Gesù.
I VIAGGI MISSIONARI
Dopo la sua “conversione”, sulla strada per
Damasco, Paolo attraversa parte dell’Asia minore (l’attuale Turchia),
della Siria e dell’Arabia (l’attuale Giordania), fino a Gerusalemme, prima di
recarsi in Europa, in Grecia ed infine a Roma. Possiamo ragionevolmente datare
i suoi viaggi in un intervallo di alcuni anni intorno all’anno 50.
Primo viaggio
Da Antiochia a Cipro ed al sud dell’Anatolia
(Perge, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe) Paolo e Barnaba predicano
con ardore nelle sinagoghe la
Buona Novella della resurrezione e della salvezza in Gesù,
fondando delle comunità. Allora gli Ebrei si dividono e Paolo si indirizza,
quindi, verso i pagani.
Secondo viaggio
Il primo obiettivo di Paolo, accompagnato da Sila,
è di incontrare le comunità da lui create in Anatolia del sud (a Listra
incontra Timoteo, il quale li accompagna nel viaggio). Proseguono verso
nord-ovest, fino ai Dardanelli, a Troade, da dove passano in Grecia; Paolo
fonda delle Chiese a Filippi, Tessalonica, Berea, Atene e Corinto. Ritorna poi
ad Antiochia, la sua base, passando attraverso Efeso e Cesarea. Ad Antiochia,
per la prima volta i credenti furono chiamati “cristiani”.
Terzo viaggio
E’ un viaggio di consolidamento. Paolo ritorna a
vedere le Chiese da lui create in Anatolia ed in Grecia, con Timoteo e Tito. Si
imbarca di nuovo verso Tiro, Cesarea e Gerusalemme, dove viene arrestato.
Viaggio della cattività
Il viaggio del prigioniero a Roma non è un viaggio
missionario, tuttavia la sua attività di evangelizzatore non cesserà.
II PUNTATA
1. L'EBREO SAUL STUDIA A GERUSALEMME
Paolo nasce poco prima dell’anno 10 della nostra
era, in una famiglia ebrea di Tarso, in Cilicia (l’attuale Turchia orientale).
Riceve il nome biblico di Saul ed il nome romano di Paolo (suo padre, avendo
acquisito la cittadinanza romana vuole forse manifestare una qualche
sconosciuta gratitudine alle genti dei Pauli). Viene educato a Gerusalemme. “E’ ai piedi di Gamaliele l’Anziano che
sono stato formato all’osservanza esatta della Legge dei nostri Padri, invaso
dallo zelo di Dio” (At. 22, 3) – Dagli Atti, egli è “Fariseo, figlio di Farisei” (At.
23, 6) e “circonciso l’ottavo giorno”
(Fil. 3, 5-6).
2. IL PERSECUTORE
Al martirio di Stefano, “i
testimoni deposero il loro mantello accanto ad un giovane chiamato Saul…”(At.
7,58). “Egli era fra quelli che
approvavano questo omicidio e che scatenarono una persecuzione violenta contro
la Chiesa” (At. 8,1). Saul, che difendeva con zelo “le tradizioni dei Padri” (Gal.
1,14) avrebbe addirittura potuto far parte dei Zeloti (cf. At. 22,3), e
ciò spiegherebbe la spedizione a Damasco a caccia dei missionari ellenisti che
contestavano il Tempio, come Stefano, “per piegarli,
anche a costo della tortura” (At. 25,6,9-11). Questo farebbe
anche luce su due episodi strani: Paolo mal si aggrega alla Chiesa di
Gerusalemme e deve fuggire in seguito a minacce di morte (cf. At. 9,
26-30); più tardi, quaranta Ebrei faranno voto di uccidere Paolo, allora
prigioniero dei Romani (cf. At. 23,12-22), ed è risaputo che il partito
zelota puniva coloro che tradivano il loro giuramento.
3. LA CONVERSIONE / VOCAZIONE
Gli Atti riportano la celebre frase sentita sul cammino verso Damasco:
“Saul, Saul, perché mi perseguiti?” (At.
9,4). Il racconto che Paolo stesso dà sull’apparizione del Resuscitato tradisce
un grande subbuglio interiore, secondo le vocazioni/conversioni profetiche del
Vecchio Testamento, portatrici anche di una missione: “Quando Colui che, fin dal seno materno, mi ha messo a parte e
richiamato alla sua grazia, si degnò di rivelarmi suo Figlio, affinché io possa
annunciarlo fra i pagani, subito…” (Gal 1,15-17).
La “conversione” radicale di Saul non rappresenta per lui un
cambiamento di religione: egli si sente più ebreo che mai, poiché è il “Dio dei
Padri” che lo manda a predicare il Vangelo. L’evangelizzatore dei pagani
continuerà a predicare agli Ebrei per quanto gli sarà possibile, fino al suo
ultimo richiamo, a Roma. La conversione ed il battesimo di Paolo significano
che egli ha scoperto il suo vero e giusto posto nella vita di Israele.
Si ignora la data di questo avvenimento capitale;
la Lettera ai Galati potrebbe indicare gli anni 33-35, poco dopo la
costituzione della prima Chiesa, a Gerusalemme, creata intorno a “Pietro con gli Undici” (At. 2,14).
4. GERUSALEMME: L'INCONTRO CON PIETRO
“Tre anni dopo”, Saul va a
Gerusalemme per fare la conoscenza di Kephas (da “Pietra”, in greco), il nome
che darà sempre a Pietro e “rimane
quindici giorni presso di lui” (Gal. 1,18). Senz’altro quest'ultimo
gli insegna la tradizione orale relativa a Gesù che Paolo non ha conosciuto
(cf. 1Cor. 11,23-35), ed anche una interpretazione cristologica dei
profeti, secondo l’insegnamento del Maestro fra i suoi discepoli.
La visita è discreta: l’unico altro dirigente della Chiesa che Paolo
vede è “Giacomo, il fratello del Signore”
(Gal. 1,19). Paolo si è arricchito spiritualmente presso la Madre-Chiesa,
tuttavia non è riuscito ad integrarvisi, probabilmente a causa del suo passato
di zelatore o zelota. Sfugge addirittura ad un tentativo di assassinio da parte
di ebrei di lingua greca. (At. 9,29-30). Viene fatto partire per Tarso,
ove riprende il mestiere di costruttore di tende, continuando a
proclamare la sua fede nella sinagoga (At. 18,3). Sono anni di
maturazione personale.
5. ANTIOCHIA: INIZIO DELL'AVVENTURA
MISSIONARIA
Agli inizi degli anni 40, Barnaba viene inviato dalla Chiesa di
Gerusalemme ad Antiochia di Siria per riprendere in mano questa Chiesa, fondata
dai missionari ellenisti scacciati da Gerusalemme. Si reca a Tarso per cercare
l’aiuto di Paolo e diventa uno dei dirigenti della comunità, evangelizzando con
grande successo. E’ il primo distacco dall’ambiente della sinagoga, poiché
Paolo predica anche ai Greci. Si forma così una comunità mista. L’”invenzione”
del titolo "Cristiani" usato per la prima volta ad Antiochia,
rappresenta uno dei più bei frutti della predicazione di Saulo in questa città.
La Chiesa di Antiochia sarà d’ora in poi il centro di diffusione del Vangelo e
vivrà indipendente dal Tempio e dalla vita in Giudea.
Questa comunità di Antiochia dispone di una formazione ed
un'organizzazione solide. Così, nel corso di un’assemblea di preghiera,
l’ispirazione della comunità conferma la vocazione personale. La voce dello
Spirito Santo si fa sentire: “Scegliete per me Barnaba e Saulo per l’opera per
la quale li ho chiamati” (At. 13,2); allora l’assemblea prega, digiuna,
impone le mani sui due uomini e li manda in missione.
Barnaba e Paolo prendono il mare verso Cipro. E’ ancora lo Spirito
Santo che li manda in questa direzione: annunciano il Vangelo nelle sinagoghe a
est dell’isola, a Salamina, poi ad Ovest, a Pafo. Luca da questo momento
chiamerà Saul con il suo nome romano Paolo, sottolineando così che egli ha
pieno titolo nella sua missione di andare verso “le nazioni”.
III PUNTATA
6. FONDAZIONE DI CHIESE IN ASIA
MINORE…
Immersione in terra pagana, al di là del Tauro, in quattro città
strategiche per Roma, sulla via di Sebastopoli. Luca colloca il primo
importante discorso missionario di Paolo alla sinagoga di Antiochia di Pisidia,
nuova colonia romana; davanti alla brutta accoglienza da parte di una
maggioranza di ebrei, Paolo si indirizza verso i pagani. Paolo e Barnaba si
recano allora ad Iconio, Listra e Derbe. I due Apostoli rinsaldano le giovani
comunità. Da una parte, incoraggiano la vita comune tra credenti provenienti
dal giudaismo e nuovi convertiti provenienti dal paganesimo, attirandosi
l’inimicizia dei capi delle sinagoghe dove predicano. Dall’altra, nominano
degli “anziani”, secondo il modello della chiesa di Gerusalemme. Compiuta
questa missione, ritornano nella grande città di Antiochia di Siria.
7. IL CONCILIO DI GERUSALEMME
Verso l’anno 48, viene posto ad Antiochia il problema che riguarda
l’opportunità della circoncisione per i non-Giudei, quando dei cristiani
provenienti dalla Giudea reclamano la “libertà acquisita in Cristo Gesù” (cf. Gal.
2, 4), che anche Paolo e Barnaba invocano per non imporre questo rito ai
cristiani provenienti dal paganesimo. La comunità decide allora di interpellare
gli Apostoli e gli Anziani di Gerusalemme e vi mandano Paolo e Barnaba, insieme
al loro compagno greco Tito, accompagnati da una delegazione.
Apostoli ed Anziani di Gerusalemme accettano Tito, “non circonciso”,
riconoscendo così la validità dell’annuncio di Paolo riguardo alla libertà
della grazia. L’Assemblea conferma anche i principali responsabili della Chiesa
e riconosce la vocazione missionaria di Pietro per i circoncisi e di Paolo per
i non circoncisi. Di fatto, avviene una forma di spartizione del campo
missionario: Giacomo, Kephas e Giovanni verso gli Ebrei, mentre Paolo e Barnaba
verso i pagani.
8. L'INCIDENTE DI ANTIOCHIA
L'incidente avvenuto durante la visita di Pietro ad Antiochia
testimonia della rettitudine di Paolo, per il quale la verità del Vangelo non
ammette adattamenti. Cosa fu? Un cristiano ebreo circonciso non poteva, allora,
sedersi alla tavola di un cristiano pagano senza incorrere nell’impurità. Ora,
nel contesto di Antiochia, Pietro è testimone della supremazia della fede in
Cristo, che raccoglie a sé tutti gli uomini e vi contrasta questo principio…
fino all’arrivo dei cristiani inviati da Giacomo, che presiede la comunità di
Gerusalemme (quindi ecco che cela i suoi sentimenti). Paolo allora si inalbera:
“Mi opposi a lui a viso aperto perché
evidentemente aveva torto” (Gal. 2, 11).
Il compromesso deciso a Gerusalemme proteggeva l’esistenza delle
comunità miste che Paolo aveva predicato presso le giovani Chiese dell’Asia
Minore. Tuttavia la piena comunione tra circoncisi e non circoncisi risultava
problematica. La salvezza in Gesù Cristo è dunque da considerarsi secondaria?
Paolo rivendica la nuova vita nella fede, il dono dello Spirito e la supremazia
della divina promessa sulla legge… Il contrasto avviene tra Giacomo e la Chiesa
di Gerusalemme, con Pietro e Barnaba (esitanti, che si alleano a Giacomo), con la stessa Chiesa di
Antiochia che convalida questo compromesso (cf. At. 15,31). Solo, lo
seguirà Sila. Dopo questo lungo noviziato durato 15 anni si dischiude per Paolo
un nuovo periodo.
9. LIDIA E LA CHIESA DI FILIPPI
Troia. Paolo sente in una visione il richiamo di un Macedone: “Passa in Macedonia e vieni in nostro
soccorso!” (At. 16,9). Subito, egli veleggia verso la Grecia e si
ferma a Filippi, città commerciale e colonia romana popolata da veterani e da
contadini latini, ove il giudaismo è influenzato dall’ellenismo.
La casa di Lidia, commerciante di porpora, che si fa battezzare con
tutta la famiglia e ospita i missionari durante il loro soggiorno, diventa il
centro di una comunità che si forma celermente e sarà una delle più fedeli a
Paolo, portandogli affetto e aiuti materiali (2Cor. 11,8). E’ con essa
che vorrà celebrare la Pasqua, qualche anno dopo, prima della sua partenza
definitiva dalla regione del mar Egeo.
Paolo è presto accusato di proselitismo dalle autorità locali. In
questo tempo, non si distingueva bene il cristianesimo dal giudaismo. Anche se
il giudaismo godeva di uno statuto privilegiato. Paolo, per la prima volta,
viene dunque messo in prigione, insieme a Sila. A mezzanotte, mentre sono
intenti a pregare e a cantare, un terremoto libera i prigionieri; vedendo le
porte aperte, il centurione tenta di uccidersi (cf. At. 16,25-27). “Siamo tutti qui”(At. 16,28), gli
grida Paolo. Il centurione si fa battezzare con la sua famiglia. Paolo
rivendica la sua cittadinanza romana per essere liberato non in segreto ma “in
trionfo”, prima di fare ritorno alla casa di Lidia.
10. TESSALONICA: LUOGO DI CULTO
FAMILIARE
Opposizione degli Ebrei, questa volta, quando
Paolo si reca alla Sinagoga, come di sua abitudine e spiega, sulla base delle
scritture, che “nel corso di tre shabbat,
il Cristo doveva morire e resuscitare” (At. 17,2-3). L’accusa di fomentare
un’agitazione contro la legge imperiale spinge i fratelli ad organizzare la sua
partenza per Berea. Ma, perseguitato dagli Ebrei di Tessalonica, deve ancora
una volta fuggire, via mare, fino ad Atene, ove sarà raggiunto da Sila e da
Timoteo. Poco dopo, la comunità di Tessalonica riceverà le due prime Lettere di
Paolo; vi si legge il fervore e le inquietudini di una giovane Chiesa.
A Tessalonica, presso Giasone, così come a Filippi presso Lidia, il
luogo di culto e di religione era la casa, ossia la famiglia, con quanto vi
gravitava intorno: le relazioni sociali ed il lavoro.
IV PUNTATA
11. ATENE, GLI IDOLI
Nella capitale dell’ellenismo, ove si viene a
studiare da tutto l’Impero romano, Paolo incontra la cultura greca, “fremente nel vedere la città piena di idoli”
(At. 17,16). Egli predica tanto in Sinagoga quanto in pubblica piazza – fino
all’Aeropago – suscitando così la curiosità di intellettuali, “epicurei o
stoici”, ma poca adesione alla fede cristiana. “Ho trovato anche una scritta: Al Dio sconosciuto. Colui che adorate
senza conoscerlo, ve lo annuncio” (At. 17,23). (Paolo non cita questo
episodio. Questo genere di discorso evoca piuttosto la predicazione dei primi
missionari nelle chiese elleniche della fine del I secolo, davanti a dei pagani
influenzati dallo stoicismo. L’assenza di ogni accenno alla croce e alla
salvezza fanno dubitare del fatto che Paolo lo abbia mai pronunciato).
12. CORINTO
In questa città cosmopolita dove il culto di
Afrodite è fiorente, Paolo incontra Priscilla e Aquila, una coppia di coniugi
ebrei, cacciati da Roma nel 49 con l’editto di espulsione dell'Imperatore
Claudio, “poiché gli Ebrei insorgevano in continuazione istigati da un certo
Chrestos” (Svetonio, Claudio 25,11). Li ritroveremo a Roma, dopo la morte di
Claudio, nel 54, ad accogliere l’Apostolo prigioniero. Nel frattempo,
l’accompagneranno ad Efeso, occupandosi della Chiesa ed evangelizzando. Paolo,
che spera di “lavorare” alla maniera dei rabbini, in modo da assicurare
la gratuità del suo servizio apostolico, si associa alla coppia, confezionando
delle tende, come loro. Durante lo shabbat, alla sinagoga, egli cerca senza
sosta di dimostrare ai dottori della legge il messianismo di Gesù; il capo
della sinagoga Crespo si fa battezzare insieme a tutta la sua famiglia. La
Chiesa di Corinto che accoglie anche i pagani si sviluppa molto rapidamente.
Essa diventa la sua base dal momento che Roma gli viene negata dal decreto di
espulsione di Claudio. Paolo vi rimane 18 mesi. Vi è un problema che si pone
sempre più frequentemente: le autorità delle sinagoghe, che beneficiano di
privilegi, non desiderano che i cristiani siano ancora confusi con una setta
ebrea dissidente, anche se, in effetti, essi non dipendono assolutamente più da
loro. Finiranno per accusare Paolo di propaganda religiosa illecita davanti al
proconsole Gallione (fratello del filosofo Seneca). Dopo aver sentito l’accusa,
questo ultimo si rifiuta di ascoltare la difesa, dichiarandosi incompetente
poiché Paolo è ebreo e, ai suoi occhi, questa disputa è interna alla sinagoga
(cf. At 18,12-16). Paolo si imbarca allora per Antiochia ed Efeso con
Priscilla e Aquila che saranno, in questa ultima città, il nodo della futura
comunità. E’ alla fine di questo secondo viaggio, nel 52, che molti storici
collocano il “Concilio di Gerusalemme” e l’incidente di Antiochia.
13. EFESO: PRISCILLA E AQUILA
DIRIGONO LA CHIESA
Terzo luogo di diffusione della Parola, negli
Atti. Paolo soggiorna in questo grande centro di scambi culturali, religiosi e
commerciali, tra l’Oriente e l’Occidente, per più di due anni e vi fonda una
Chiesa. Il confronto con il giudaismo cede il passo all’incontro con altre
correnti religiose: Artemide è la
grande Dea di Efeso, Priscilla e Aquila dirigono la comunità
ed insegnano con zelo. In questo modo essi espongono “più esattamente la Via” (At.
18,26), ad Apollos, che avrà gran successo come catechista ad Efeso e a
Corinto.
14. MILETO : LE STRUTTURE
DELLA CHIESA
Sulla strada del ritorno a Gerusalemme Paolo “incatenato dallo Spirito” (At.
20,22), fa chiamare gli Anziani della Chiesa di Efeso. Predice loro la sua
prossima fine e precisa la sua opera: “Vai,
è lontano, verso i pagani, che voglio mandarti” (At. 22,21). Li
esorta alla vigilanza, al lavoro, all’aiuto verso i poveri ed i deboli: “Vi è più gioia a dare che a ricevere” (At.
20,35). Infine, lascia loro in testamento la “costruzione dell’edificio” (1Cor. 14,12), o, piuttosto, la
affida al potere della Parola, “che ha il
potere di costruire” (At. 20,32): l’attività della Parola è
primaria, è lei che costruisce la Chiesa. La scena termina con emozione:
l’assemblea si inginocchia e prega, Paolo viene abbracciato (cf. At.
20,36-37): tutti si rimettono a Dio ed alla sua Parola. Questo episodio è
importante per la storia istituzionale della Chiesa: questi Anziani o
presbiteri convocati da Paolo e che egli qualifica come pastori e vescovi,
incaricati di nutrire e guidare spiritualmente, vegliando (è il senso del nome
vescovo) sul popolo di Dio, non ricevono i loro poteri dall’assemblea dei
fedeli bensì dallo Spirito. Nel corso del suo ministero “indipendente” e
davanti a situazioni inedite, Paolo doveva quindi portare innovazioni sul
piano dottrinale per poter giustificare i suoi richiami ai credenti di
raggrupparsi in comunità unite. Di fatto, Paolo è riuscito, ovunque passasse, a
creare delle Chiese molto unite per poter sussistere e svilupparsi al di fuori
delle strutture legate alle sinagoghe.
15. GERUSALEMME: UN CAPO DELLE
CHIESE
Paolo ritorna per la terza volta a Gerusalemme per
rendere conto agli Anziani circa la sua missione tra i pagani. Egli guida una
delegazione di gente che rappresenta le Chiese da lui fondate, generalmente
pagano-cristiani, ma anche discepoli ebrei, come Timoteo. E’ diventato il capo
riconosciuto (1Cor. 12-14) di un gruppo di comunità locali in
contestazione con le sinagoghe e che conducono, in seno alle comunità pagane,
un’esistenza autonoma. Egli dà loro il nome di Chiese, secondo la tradizione
deuteronomica, rivendicando per ognuna la dignità di assemblea del popolo
scelto da Dio, e riservata per prima alla Chiesa di Gerusalemme. Paolo esercita
l’autorità di un apostolo di Gesù Cristo (cf 1Cor. 1-21; 2Cor.
1,1), titolo al quale è molto legato.
Ma ora, nella capitale del giudaismo e dinanzi
alla Chiesa di Gerusalemme presieduta da Giacomo, ove “migliaia di Ebrei sono giunti alla fede” (At. 20,21), gli
viene richiesto di provare il suo attaccamento ai Padri. Egli aveva scritto ai
Corinzi “Mi sono dedicato tutto a tutti”
(1 Cor. 9,22). Si recherà quindi al Tempio, si purificherà con un gruppo
di Nazareni, “e tutti vedranno così che
osservi bene la Legge” (At. 20,24). Ed è là che sarà arrestato.
V PUNTATA
16. ARRESTO AL TEMPIO DI GERUSALEMME
Tutto è pronto per l’esplosione: il timore
sollevato dalle prediche di Paolo per le sinagoghe e lo sviluppo di questo
cristianesimo che minaccia le strutture e le leggi. Scoppia qualche incidente
durante l’arrivo di Paolo al Tempio, il settimo ed ultimo giorno della
purificazione: si è fatto forse accompagnare da un Greco non-ebreo, profanando
così il santuario? Alcuni Ebrei d’Asia Minore lo riconoscono e aizzano la
folla: viene espulso dal Tempio.
Grazie all’arrivo del tribuno e di uno stuolo di
soldati, Paolo scampa alla morte e vuole ancora parlare. “In piedi sui gradini… in un gran silenzio, egli indirizza alla folla la
parola in ebraico” (At. 21,40): spiega la sua fedeltà di Ebreo
formatosi alla scuola di Gamaliele e l’incontro sconvolgente sulla strada di
Damasco, che domina e ispira la sua vita. Poi, davanti a questi Ebrei di
Gerusalemme, aggiunge: “E’ mentre pregavo
al Tempio che fui rapito in estasi e che Lo vidi che mi diceva: “Lascia presto
Gerusalemme, poiché non accetteranno la tua testimonianza su di me…” (At.
22,17-18), e ancora: “Ti manderò lontano,
tra i pagani” (At. 22,21). Queste ultime parole provocano un altro
scatenamento della folla: significa, in effetti, che è aperta a tutti
l’Alleanza contratta da Dio con i figli di Israele.
IL TEMPO DELLA PRIGIONE E DEI PROCESSI:
GERUSALEMME, CESAREA, ROMA
- Paolo viene condotto alla fortezza di Gerusalemme, ma si sottrae alla flagellazione poiché è cittadino romano: primo processo davanti al sinedrio;
- In seguito ad un complotto di zeloti ebrei che vogliono ucciderlo, è trasferito a Cesarea: secondo processo davanti al procuratore Felice (anni 57-59);
- Terzo processo davanti al suo successore Festo, due anni dopo;
- Quarto processo davanti ad Agrippa II: "Quest'uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene... Avrebbe potuto essere rimesso in libertà se non si fosse rivolto a Cesare" (At. 26,31-32).
17. NEL CUORE
DELLA TEMPESTA
Ecco il più
favoloso racconto del Nuovo Testamento. Da Cesarea a Roma, “la navigazione è pericolosa” (At.
27,9) dopo la festa delle Espiazioni – che introduce l’autunno. In effetti, la
nave andrà alla deriva per quindici giorni da Creta a Malta, non potendosi
orientare “né sulle stelle, né sul sole”
(At. 27, 20). Il prigioniero Paolo si rivela più libero dei suoi 276
membri dell’equipaggio, capitano, pilota, centurione e marinai: egli è abituato
al mare e all’esperienza di tre naufragi (cf. 2 Cor. 11, 25) e,
soprattutto, ha una sicurezza che gli viene da Dio: “Nessuno di voi lascerà la vita, solo la nave sarà persa”, afferma
ai suoi compagni, quando tutto sembra perduto, “Un angelo di Dio al quale appartengo e che servo mi è apparso per
dirmi: Non avere paura, Paolo… ecco che Dio ti accorda la vita di tutti coloro
che navigano con te” (At. 27, 23-24).
18. MALTA
Tutti
raggiungono l’isola, chi a nuoto, chi, grazie ad una tavola o ad un asse.
Questa tappa semplice ed idilliaca “gli
indigeni ci trattarono con rara umanità, intorno ad un gran fuoco” (At.
28, 2) simboleggia l’accoglienza che il mondo pagano farà al Vangelo. Dopo il
pericolo ed il naufragio, lo scalo meraviglioso a Malta ha, per Luca, il gusto
dell’alba di una resurrezione. Una vipera morde la mano di Paolo mentre attizza
il fuoco, egli la getta nel braciere senza alcun dolore… e la gente lo prende
per un Dio (cf. At. 28, 6). Ancora, Paolo guarisce il padre del suo
ospite imponendogli le mani, così come la folla di malati che accorrono.
Finalmente, “lo ricoprono di onori e, al
momento della partenza, gli viene fornito tutto il necessario” (At.
28, 10).
19. ROMA
Dopodiché c’è
Siracusa, Reggio e Pozzuoli. Paolo ha la gioia di essere accolto da dei
fratelli – hanno percorso 50
Km a piedi -, poiché l’Apostolo non è uno sconosciuto:
essi hanno ricevuto da lui, tre anni prima, la sua grande Lettera ai Romani. A
Roma, egli trova anche una comunità di Cristiani, dei quali si ignora l’origine
e della quale Luca dice essere numerosa e celebre per la sua fede e le sue
opere. Il cristianesimo è stato senz’altro portato molto presto da mercanti
ebrei ed è rimasto accantonato vicino a delle sinagoghe. Alla morte di Claudio,
Roma contava circa 50.000 ebrei, venuti da regioni molto diverse, dispersi
attraverso la vasta agglomerazione in diverse sinagoghe.
Paolo giunge
dunque a Roma nel 61 per esservi giudicato. Dopo due anni di residenza vigilata,
nel cuore della città, vicino al Tevere (l’attuale quartiere ebreo), che egli
impiega a evangelizzare ed a scrivere, il processo sfuma per mancanza di
accusatori. Ma, dopo l’incendio del 64, Nerone accusa i cristiani di essere gli
autori dell’incendio. Paolo viene così arrestato, incatenato nel
carcere Mamertino e condannato alla decapitazione, che avrà luogo fuori
dalle Mura Aureliane, sulla via Ostiense, più probabilmente tra il 65 e il
67.
20.
L’APERTURA DELL'ALLEANZA VERSO TUTTI
Il primo gesto
di Paolo nella capitale dell'Impero ed anche le sue ultime parole, annotate
negli Atti, sono stati di lanciare – ancora una volta – un appello agli Ebrei.
Così come l’aveva scritto ai Romani: “Il
Vangelo è una forza per ogni uomo credente, prima dell'Ebreo, poi del Greco”
(Rm. 1,16). Così che, al termine
della sua missione, colui che il Signore ha voluto Apostolo delle Nazioni non
vuole dimenticare neanche il “più piccolo dei miei fratelli” (Mt.
25,40) “E’ a causa della speranza di
Israele che porto queste catene” (At. 28,20). Egli lancia un ultimo
e vibrante richiamo alla “conversione” del suo popolo, allo sconvolgimento che
ha conosciuto. In Cristo, l’Alleanza di Dio è d’ora in poi aperta a tutti.
La parola
della fine non è la morte di Paolo, poiché si tratta al contrario dello
sviluppo del Cristianesimo e della Buona Novella portati in lungo e in largo
dal grande testimone del Risorto, divenuto a sua immagine “Luce delle Nazioni” (Is. 49,6; At.
13,47).
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