Appunti e riflessioni personali che nascono da esperienze vissute, letture di articoli e libri. Mi concentro principalmente su temi legati alla fede cattolica, ma esploro anche argomenti riguardanti l'infanzia, la scuola, l'inclusione, la disabilità, la tradizione modenese e il risparmio. ••• about.me/famiglia.gibellini •••
venerdì 25 novembre 2011
Siamo cristiani o moralisti?
Un mio professore ci ha punzecchiato chidendosci se i cristiani di oggi siano degli "stoici travestiti da cristiani". Ovvero intendeva dire: persone che hanno mantenuto la morale cristiana senza però l'apporto dello Spirito Santo.
In effetti oggi si crede di vivere una morale cristiana senza Cristo: questo è tipico, degli "atei devoti" e della massoneria. Ma senza Spirto e senza Cristo come è possibile vivere il comandamento "ama il tuo nemico"? Razionalmente (quindi con le proprie forze) un uomo griderebbe alla follia. Solo facendo una vera esperienza di Cristo riusciamo ad accedere e a capire la morale cristiana.
Tratto e adattato da Wikipedia:
Gli stoici sostennero le virtù dell'autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, come mezzi per raggiungere l'integrità morale e intellettuale. Nell'ideale stoico è il dominio sulle passioni o apatìa che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale, e scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei condizionamenti che la società in cui vive gli ha inculcato.
L'etica è un ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati.
La morale è l'oggetto dell'etica. La morale rappresenta la guida secondo la quale l'uomo agisce.
mercoledì 16 novembre 2011
Il "caso" Galileo
Galileo Galilei di Vittorio Messori* - 19/01/2008
Stando a un'inchiesta dei Consiglio d'Europa tra gli studenti di scienze in tutti i Paesi della Comunità, quasi il 30 per cento è convinto che Galileo Galilei sia stato arso vivo dalla Chiesa sul rogo. La quasi totalità (il 97 per cento) è comunque convinta che sia stato sottoposto a tortura. Coloro - non molti, in verità - che sono in grado di dire qualcosa di più sullo scienziato pisano, ricordano, come frase "sicuramente storica", un suo "Eppur si muove!", fieramente lanciato in faccia, dopo la lettura della sentenza, agli inquisitori convinti di fermare il moto della Terra con gli anatemi teologici.
Quegli studenti sarebbero sorpresi se qualcuno dicesse loro che siamo, qui, nella fortunata situazione di poter datare esattamente almeno quest'ultimo falso: la "frase storica" fu inventata a Londra, nel 1757, da quel brillante quanto spesso inattendibile giornalista che fu Giuseppe Baretti.
Il 22 giugno del 1633, nel convento romano di Santa Maria sopra Minerva tenuto dai domenicani, udita la sentenza, il Galileo "vero" (non quello del mito) sembra mormorasse un ringraziamento per i dieci cardinali - tre dei quali avevano votato perché fosse prosciolto - per la mitezza della pena. Anche perché era consapevole di aver fatto di tutto per indisporre il tribunale, cercando per di più di prendere in giro quei giudici - tra i quali c'erano uomini di scienza non inferiore alla sua - assicurando che, nel libro contestatogli (e che era uscito con una approvazione ecclesiastica estorta con ambigui sotterfugi), aveva in realtà sostenuto il contrario di quanto si poteva credere.
Di più: nei quattro giorni di discussione, ad appoggio della sua certezza che la Terra girasse attorno al Sole aveva portato un solo argomento. Ed era sbagliato. Sosteneva, infatti, che le maree erano dovute allo "scuotimento" delle acque provocato dal moto terrestre. Tesi risibile, alla quale i suoi giudici-colleghi ne opponevano un'altra che Galileo giudicava "da imbecilli": era, invece, quella giusta. L'alzarsi e l'abbassarsi dell'acqua dei mari, cioè, è dovuta all'attrazione della Luna. Come dicevano, appunto, quegli inquisitori insultati sprezzantemente dal Pisano.
Altri argomenti sperimentali, verificabili, sulla centralità del Sole e sul moto terrestre, oltre a questa ragione fasulla, Galileo non seppe portare. Né c'è da stupirsi: il Sant'Uffizio non si opponeva affatto all'evidenza scientifica in nome di un oscurantismo teologico. La prima prova sperimentale, indubitabile, della rotazione della Terra è del 1748, oltre un secolo dopo. E per vederla quella rotazione, bisognerà aspettare il 1851, con quel pendolo di Foucault caro a Umberto Eco.
In quel 1633 del processo a Galileo, sistema tolemaico (Sole e pianeti ruotano attorno alla Terra) e sistema copernicano difeso dal Galilei (Terra e pianeti ruotano attorno al Sole) non erano che due ipotesi quasi in parità, su cui scommettere senza prove decisive. E molti religiosi cattolici stessi stavano pacificamente per il "novatore" Copernico, condannato invece da Lutero.
Del resto, Galileo non solo sbagliava tirando in campo le maree, ma già era incorso in un altro grave infortunio scientifico quando, nel 1618, erano apparse in cielo delle comete. Per certi apriorismi legati appunto alla sua "scommessa" copernicana, si era ostinato a dire che si trattava solo di illusioni ottiche e aveva duramente attaccato gli astronomi gesuiti della Specola romana che invece - e giustamente - sostenevano che quelle comete erano oggetti celesti reali. Si sarebbe visto poi che sbagliava ancora, sostenendo il moto della Terra e la fissità assoluta del Sole, mentre in realtà anche questo è in movimento e ruota attorno al centro della Galassia.
Niente frasi "titaniche" (il troppo celebre "Eppur si muove!") comunque, se non nelle menzogne degli illuministi e poi dei marxisti - vedasi Bertolt Brecht - che crearono a tavolino un "caso" che faceva (e fa ancora) molto comodo per una propaganda volta a dimostrare l'incompatibilità tra scienza e fede.
Torture? carceri dell'Inquisizione? addirittura rogo? Anche qui, gli studenti europei del sondaggio avrebbero qualche sorpresa. Galileo non fece un solo giorno di carcere, né fu sottoposto ad alcuna violenza fisica. Anzi, convocato a Roma per il processo, si sistemò (a spese e cura della Santa Sede), in un alloggio di cinque stanze con vista sui giardini vaticani e cameriere personale. Dopo la sentenza, fu alloggiato nella splendida villa dei Medici al Pincio. Da lì, il "condannato" si trasferì come ospite nel palazzo dell'arcivescovo di Siena, uno dei tanti ecclesiastici insigni che gli volevano bene, che lo avevano aiutato e incoraggiato e ai quali aveva dedicato le sue opere. Infine, si sistemò nella sua confortevole villa di Arcetri, dal nome significativo "Il gioiello".
Non perdette né la stima né l'amicizia di vescovi e scienziati, spesso religiosi. Non gli era mai stato impedito di continuare il suo lavoro e ne approfittò difatti, continuando gli studi e pubblicando un libro - Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze che è il suo capolavoro scientifico. Né gli era stato vietato di ricevere visite, così che i migliori colleghi d'Europa passarono a discutere con lui. Presto gli era stato tolto anche il divieto di muoversi come voleva dalla sua villa. Gli rimase un solo obbligo: quello di recitare una volta la settimana i sette salmi penitenziali. Questa "pena", in realtà, era anch'essa scaduta dopo tre anni, ma fu continuata liberamente da un credente come lui, da un uomo che per gran parte della sua vita era stato il beniamino dei Papi stessi; e che, ben lungi dall'ergersi come difensore della ragione contro l'oscurantismo clericale, come vuole la leggenda posteriore, poté scrivere con verità alla fine della vita: "In tutte le opere mie, non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa".
Morì a 78 anni, nel suo letto, munito dell'indulgenza plenaria e della benedizione del papa. Era l'8 gennaio 1642, nove anni dopo la "condanna" e dopo 78 di vita. Una delle due figlie suore raccolse la sua ultima parola. Fu: "Gesù!".
*tratto da: Vittorio MESSORI, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana Ed. Paoline, Milano 1992, cap. 178-180, pp. 383-397.
Perchè sui libri di storia se ne parla così poco?
Tratto da Wikipedia
Storia
Nati durante il periodo degli zar e probabilmente fondati da Pietro il Grande, erano usati come campi per i detenuti politici anti zaristi e personaggi scomodi. Dopo la rivoluzione bolscevica avvenne la liberazione di tutti i prigionieri, ma nel 1917 Lenin annunciò che tutti i "nemici di classe", anche in assenza di prove di alcun crimine contro lo stato, non potevano essere fidati e non dovevano essere trattati meglio dei criminali [...]
Questi venivano eretti per varie categorie di persone considerate pericolose per lo stato: criminali comuni, prigionieri della Guerra civile russa, funzionari e malversazione, nemici politici vari e dissidenti, nonché ex nobili, imprenditori e grandi proprietari terrieri.
Numero di prigionieri
L'evoluzione del numero dei detenuti nel Gulag (1930-1953) [...]
I flussi di entrata e di uscita dai campi erano molto consistenti; il numero complessivo di detenuti fra il 1929 e il 1953 è di circa 18 milioni. Nell'ambito più ampio dei "lavori forzati", si devono aggiungere circa 4 milioni di prigionieri di guerra, 700.000 detenuti nei campi di smistamento ed almeno 6 milioni di "confinati speciali", cioè Kulaki e altri contadini deportati durante la collettivizzazione, per un totale di 28.700.000.
[...]
Secondo Nicolas Werh, storico francese del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, nel libro Storia della Russia nel Novecento alle pagine 318-9 si legge testualmente: «Le stime del numero di detenuti nel Gulag alla fine degli anni trenta variano tra i 3.000.000 (Timasheff, Bergson, Wheatcroft) e i 9-10.000.000 (Dallin, Conquest, Avtorkhanov, Rosefielde, Solzenicyn). Gli archivi del Gulag, confermati dai dati dei censimenti del 1937 e del 1939, dai documenti dei ministeri della Giustizia, dell'Interno e della Procura generale, danno una cifra di circa 2.000.000 di detenuti nel 1940 (circa 300.000 nel 1932, 1.200.000 all'inizio del 1937) a cui si aggiungono più di 1.500.000 deportati. Il numero cumulativo di ingressi nel Gulag durante gli anni 1930 diventa, tenuto conto dell'alta rotazione dei detenuti, di circa 6.000.000 di persone».
[...] Le assurde quote di produzione, la brutalità, la fame e la durezza di condizioni furono le principali ragioni dell'alto tasso di mortalità dei Gulag, che raggiungeva in molti campi anche l'80% nei primi mesi.
[...] I detenuti erano spesso costretti a lavorare in condizioni disumane.
[...]
« Per fare le camere a gas, ci mancava il gas »(Aleksandr Isaevič Solženicyn)
Storia
Nati durante il periodo degli zar e probabilmente fondati da Pietro il Grande, erano usati come campi per i detenuti politici anti zaristi e personaggi scomodi. Dopo la rivoluzione bolscevica avvenne la liberazione di tutti i prigionieri, ma nel 1917 Lenin annunciò che tutti i "nemici di classe", anche in assenza di prove di alcun crimine contro lo stato, non potevano essere fidati e non dovevano essere trattati meglio dei criminali [...]
Questi venivano eretti per varie categorie di persone considerate pericolose per lo stato: criminali comuni, prigionieri della Guerra civile russa, funzionari e malversazione, nemici politici vari e dissidenti, nonché ex nobili, imprenditori e grandi proprietari terrieri.
Numero di prigionieri
L'evoluzione del numero dei detenuti nel Gulag (1930-1953) [...]
I flussi di entrata e di uscita dai campi erano molto consistenti; il numero complessivo di detenuti fra il 1929 e il 1953 è di circa 18 milioni. Nell'ambito più ampio dei "lavori forzati", si devono aggiungere circa 4 milioni di prigionieri di guerra, 700.000 detenuti nei campi di smistamento ed almeno 6 milioni di "confinati speciali", cioè Kulaki e altri contadini deportati durante la collettivizzazione, per un totale di 28.700.000.
[...]
Secondo Nicolas Werh, storico francese del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, nel libro Storia della Russia nel Novecento alle pagine 318-9 si legge testualmente: «Le stime del numero di detenuti nel Gulag alla fine degli anni trenta variano tra i 3.000.000 (Timasheff, Bergson, Wheatcroft) e i 9-10.000.000 (Dallin, Conquest, Avtorkhanov, Rosefielde, Solzenicyn). Gli archivi del Gulag, confermati dai dati dei censimenti del 1937 e del 1939, dai documenti dei ministeri della Giustizia, dell'Interno e della Procura generale, danno una cifra di circa 2.000.000 di detenuti nel 1940 (circa 300.000 nel 1932, 1.200.000 all'inizio del 1937) a cui si aggiungono più di 1.500.000 deportati. Il numero cumulativo di ingressi nel Gulag durante gli anni 1930 diventa, tenuto conto dell'alta rotazione dei detenuti, di circa 6.000.000 di persone».
[...] Le assurde quote di produzione, la brutalità, la fame e la durezza di condizioni furono le principali ragioni dell'alto tasso di mortalità dei Gulag, che raggiungeva in molti campi anche l'80% nei primi mesi.
[...] I detenuti erano spesso costretti a lavorare in condizioni disumane.
[...]
« Per fare le camere a gas, ci mancava il gas »(Aleksandr Isaevič Solženicyn)
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