L’evoluzione del
modo di pensare dell’uomo è recente. Fino al XVII-XVIII sec regnava il “credo
dunque sono” ovvero “faccio ciò credo”, in cui la mentalità religiosa era
predominante.
Poi dal
Rinascimento, passando dall’illuminismo e la rivoluzione francese, ci troviamo
nell’età moderna e si è passati al cartesiano “Penso dunque sono”, ovvero
“faccio ciò che penso”, con l’imposizione del pensiero forte, e lo spostamento
del baricentro da Dio all’uomo. Si conosce solo in base alla ragione, e non
tramite una rivelazione.
Ci si ribella
alle “regole” imposte dalla religione, e ci si focalizza sull’uomo e sulla sua
istanza di libertà da tutto.
Infine dal XX
sec le ideologie e i totalitarismi che hanno generato decadono e si afferma un
pensiero debole. Emerge un certo pessimismo e l’uomo si chiude ancora di più in
se stesso con il “sento dunque sono”, ovvero “faccio ciò che sento”. Siamo
nella post-modernità e la razionalità diventa più umile. Nulla è più certo.
In che direzione stiamo andando? non solo dei beni di consumo ma anche delle relazioni umane. Anche la religione
viene personalizzata dall’individuo, in una specie di self service tra ciò che
il “mercato delle religioni” offre. Ciò che pensa la maggioranza diventa
regola, e la società si impone sulla religione, diventata appunto genere di
consumo.
Inoltre l’uomo
ha un’ambiguità di atteggiamenti: a seconda delle situazioni o ambienti cambia
modo di essere. Finita l’esperienza finisce l’appartenenza. L’appartenenza è
quindi plurale ma più debole.