Grazie Gesù.
Tu sei la luce del mondo che illumina la nostra vita.
Tu sei la buona novella, grazie alla quale la nostra vita diventa preghiera.
Tu sei il Messia, l’unto dal Padre, per compiere la missione di salvezza dell’uomo.
Gesù, se non ti accolgo rimango nelle tenebre, guidami col tuo Spirito sulla via del bene. Dio è Amore. La Trinità è amore unico in tre persone uguali e distinte.
Grazie Maria.
Tu ci hai insegnato come accogliere Gesù nella nostra vita.
Sei un esempio per la nostra fede barcollante:
tu decisa hai sempre creduto in Dio e nella sua Parola.
Grazie per il dono dei sacramenti.
Questo dono reale e invisibile, ma segno della grazia di Dio.
Grazie alla fede, sentiamo in ogni sacramento la presenza di Gesù.
Grazie per il Battesimo
In cui siamo stati “immersi” nella missione e nella vita di Cristo, e diventiamo membri della Chiesa. Siamo stati purificati e rigenerati come creature nuove.
Grazie per la Riconciliazione.
Ogni volta possiamo essere perdonati da Gesù per le nostre colpe.
Dobbiamo imparare ad accettare le nostre responsabilità: non è sempre colpa degli altri.
E’ proprio bello essere perdonati da Dio, che è Amore infinito.
Grazie per l’Eucaristia
Memoriale del mistero della morte e risurrezione di Gesù.
Per la potenza dello Spirito Santo, il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Il suo corpo spezzato e il suo sangue versato, per il perdono dei peccati, sono il sacrificio di amore di Dio.
L’Eucaristia è la nostra Pasqua, è il centro della nostra vita cristiana: nutrendoci del corpo e sangue di Cristo siamo in piena comunione con Lui: siamo adottati a figli di Dio.
Grazie per la Cresima.
Da ora saremo responsabili delle nostre scelte e Gesù ci guida con la sua presenza.
Cresima, unzione, consacrazione.
Confermazione, rafforzamento, conferma della grazia del Battesimo.
Con l’unzione e l’imposizione delle mani da parte del vescovo, diventiamo testimoni della parola di Gesù.
La Cresima è la nostra Pentecoste: rinnova in noi il dono dello Spirito Santo, come fu ricevuto dagli a-postoli, i quali non si fermarono davanti alle persecuzioni e alla violenza. Quel giorno, la forza dello Spirito fece nascere la Chiesa.
Abbiamo la missione di diffondere nel mondo “il buon profumo di Cristo” , disse Paolo.
Nel Battesimo furono i genitori a scegliere per noi: ora cresciuti siamo noi a confermare il nostro credo, aspirando ad essere sempre più somiglianti a Cristo.
La Cresima è il sacramento della testimonianza:
«Riceverete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra», diceva Gesù agli apostoli… Lo Spirito Santo è disceso e mai più ci lascerà.
Grazie per il dono dello Spirito
Che ha reso Gesù vincitore sul male. Ci dà coraggio di scegliere la via della fedeltà a Dio: “Riceverete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni”: con la sua forza rinnoviamo la professione della nostra fede e diventiamo testimoni di Cristo nel mondo.
Lo Spirito non si vede, ma c’è e ci dona una vita nuova: non è soltanto una forza divina, ma è una Persona, una presenza. Egli è essenziale perché qualcosa viva, si muova, cresca e dia frutto.
Siamo dinnanzi al mistero del «Dio nascosto» che ognuno di noi deve identificare.
Lo Spirito Santo è la relazione di Amore tra il Padre e il Figlio.
Lo Spirito Santo ci libera dalle incertezze e rende il nostro cuore puro, leale , onesto e vero.
Grazie per la famiglia
nata dal matrimonio dei nostri genitori, la nostra piccola chiesa domestica.
Grazie per la parrocchia
dove abbiamo la possibilità di annunciare il Vangelo, di celebrare l'Eucaristia, e di metterci alla prova nell’aiutare gli altri.
In parrocchia basta avere occhi per vedere, il coraggio di cominciare, e scopriremo quali sono le neces-sità più urgenti attorno a noi. Siamo capaci di svolgere un compito per il bene di tutti!
Grazie per i doni dello Spirito
Grazie per la Sapienza
con cui impariamo a gustarci e a rispettare la vita e il creato, a distinguere il bene dal male, vivere con gioia... Quanto siamo amati da Dio...
Grazie per il Consiglio
che orienta le scelte della vita e a conoscere il progetto di Dio su di noi.
Grazie per la Scienza
l’amore nel conoscere e nel capire i misteri della fede e della parola di Dio.
Grazie per l’Intelletto
che consente uno sguardo più profondo della realtà, a non essere superficiale.
Grazie per la Fortezza
che ci aiuta ad essere fedeli, coraggiosi, costanti, a compiere il bene, senza lasciarsi portare fuori strada.
Grazie per la Pietà
con la quale possiamo considerare Dio come un Padre. Riempie il nostro cuore di tenerezza e di amore. Si è più pazienti, umili, accoglienti e altruisti nei confronti del prossimo.
Grazie per il Timore di Dio
dobbiamo essere consapevoli della grandezza di Dio. Dio ci conosce, ci ama, vuole per noi il bene ed è sempre con noi. Preoccupiamoci di evitare tutto ciò che lo può offendere.
Grazie per la missione che ci hai affidato
Noi crediamo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra.
Crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e nostro Signore, nato da Maria Vergine, che morì, fu sepolto ed è risuscitato dai morti.
Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita.
Crediamo nella Santa Chiesa Cattolica, nella comunione dei Santi, nella remissione dei peccati, nella risurrezione della carne e nella vita eterna.
Appunti e riflessioni personali che nascono da esperienze vissute, letture di articoli e libri. Mi concentro principalmente su temi legati alla fede cattolica, ma esploro anche argomenti riguardanti l'infanzia, la scuola, l'inclusione, la disabilità, la tradizione modenese e il risparmio. ••• about.me/famiglia.gibellini •••
domenica 26 aprile 2009
sabato 25 aprile 2009
Cittanova nella storia di Modena
L'insediamento di Cittanova è documentato già dall'inizio del secolo VIII, a sei miglia a ovest di Modena; attualmente è frazione del Comune di Modena, dista 7 chilometri dal capoluogo ed è località ricca di ricordi storici. Se si fa riferimento ai testi ritrovati di fronte alla chiesa, sino al medioevo le differenze di quota fra Mutina e Cittanova potevano raggiungere anche i 19 metri. Si suppone quindi che la depressione entro la quale era stata fondata Mutina sia stata proprio la causa del suo declinio tra il secolo VI e il VII, e la ragion d'essere di Cittanova, quando una o più rovinose alluvioni degli attuali torrenti Fossa di Spezzano, che fluisce nel Secchia all’altezza di Colombarone, e il Cerca, che si distende tra Casinalbo e Formigine, seppellirono di fango la città e, di conseguenza, attenuarono il dislivello esistente tra i siti di Mutina e Cittanova.
Il "ventaglio" alluvionale, è ancora oggi riconoscibile dalle fotografie aeree: il fango, per spessori che variano da 6 a 9 metri, si espanse ad ovest sino alla Madonnina, a est sin quasi a San Lazzaro. Non solo la città di Modena fu interessata da un periodo di crisi economica e demografica, e un restringimento del perimetro urbano, ma anche il tracciato della Via Emilia romana dovette essere ridefinito e spostato nell'attuale posizione.
Cittanova, che sembra non colpita dall'evento alluvionale altomedievale, fu scelta come sito di insediamento non solo per la sua posizione elevata, ma anche per alti fattori strategici: la vicinanza al ponte Secies, lungo la Via Emilia, e la presenza di fontanili, le cui acque sgorgavano copiose dai lati del vicino alveo del fiume Secchia.
Pare, quindi, che Cittanova abbia avuto il suo momento massimo di splendore tra il secolo IX e il X, sorta appunto al tempo delle inondazioni di Modena, anche se i pareri degli studiosi su questo punto non sono concordi:
il Muratori la chiama "illustre luogo", illustre perché nominata, oltre che in alcuni documenti storici, anche nel testamento di Carlo Magno;
Carlo Sigonio la ritiene fondata al tempo in cui Odoacre distrusse Modena intorno al 476 d.C.; Tiraboschi e Muratori fanno risalire la nascita dell'insediamento ai tempi di Liutprando re dei Longobardi tra il 712 e il 744, in questo periodo Cittanova sarebbe stata fortificata da Liutprando stesso.
Bortolotti e Montorsi datano l'origine all'inizio del secolo VII, al tempo delle inondazioni che, pare abbiano colpito Modena alla fine del secolo VI. Ad avvalorare questa tesi interverrebbe anche l'ortografia del luogo essendo Cittanova sul punto più elevato della zona.
Altra opinione diffusa è che Cittanova, a causa delle inondazioni subite da Modena, venisse fondata nel VII secolo dai Modenesi che abbandonarono la città, col nome di Città Geminiana, ad onore di S. Geminiano protettore.
Cittanova aumentò di importanza con la dominazione longobarda, perchè al tempo di Liutprando divenne un importante centro amministrativo e fu dotata di sistemi difensivi. In questo periodo il dualismo Modena-Cittanova rientra nella politica longobarda che mantiene distinte le sfere di competenza dei funzionari pubblici da quelle dei vescovi: il re longobardo Liutprando potenziando Cittanova come centro amministrativo del territorio scarta Modena, lascandovi solo la sede vescovile; a Cittanova pone la sede della corte regia di un complesso di beni fondiari amministrato direttamente dal re attraverso un suo funzionario, un gastaldo. Cittanova per la sua felice posizione si trova a controllare il porto dell'Acqualonga sul Secchia (VII secolo).
La chiesa di Cittanova dedicata a S. Pietro, fu fondata da Liutprando nel 728. Sorta come chiesa autocefala, cioè che si autogovernava, nel corso dei secoli subì numerosi restauri e modifiche. Nella chiesa, di stile romanico, troviamo numerose iscrizioni, antichi e preziosi dipinti, calici e reliquie.
Ildebrando, nipote di Liutprando, donò Cittanova e la chiesa di S.Pietro Apostolo al vescovo di Modena Giovanni, nel 744: essa quindi ebbe il suo signore o conte. Un'importante attestazione di questo luogo si ha nel 755 quando il vescovo di Modena Giovanni concede in livello a Garohino de Curlo terre appartenenti alla chiesa di S. Pietro "qui est constructa et edificata intra muras Civitate Nova". Ciò conferma che Cittanova era dotata di mura e di una chiesa, il che da l'idea di un insediamento consistente di carattere difensivo, posto com'era a ridosso del Secchia, all'interno di un'ansa del fiume.
Cittanova ebbe un altro momento di splendore nel periodo dei Franchi, giacchè vi è ricordata la figura di un comes, un funzionario di alto rango che non risulta invece presente a Modena.
All'inizio dell'800 i proprietari del luogo, i conti Forni, cominciarono a sfruttare la "motta" (altura), che costituiva il perimetro dell'antico abitato medievale come cava di terriccio fertile. Questo sfruttamento si protrasse per tantissimi anni, e là dove era una collinetta si venne a formare un piano al di sotto del livello dei terreni circostanti.
Durante l'invasione degli ungari, alla fine del secolo IX, il vescovo di Modena Gamenulfo pare abbia trovato scampo rifugiandosi a Cittanova. Il suo successore Gottifredo ottenne nel 904, da Berengario, carolingio Re d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero, una concessione imperiale per la costruzione di una cinta muraria e di un castello. Le numerose carte vescovili su Cittanova durante il X secolo attestano che il vescovo col suo seguito e altre autorità modenesi, vi si rifugiarono durante le incursioni del nord.
A partire dal IX secolo, con la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi, Modena entra nel Sacro Romano Impero. A trarre vantaggio dalla nuova situazione è proprio il vescovado, pronto a occupare il vuoto di potere dell'effimero impero. Nell'892 Leodoino vescovo è investito feudatario imperiale: è in pratica il signore della città di Modena, che in quegli anni comincia un lento percorso di ricostruzione: Modena venne quindi restaurata e cinta di mura.
Modena risorse dalle sue rovine e dopo il Mille, col sorgere della nuova cattedrale, ridiventò il centro propulsore, mentre Cittanova da allora diminuì sempre più la sua importanza.
Per approfondimenti si rimanda al testo dell’architetto POZZI Fabio Massimo redatto in occasione del restauro della Chiesa di San Pietro Apostolo nel 1996. “La Chiesa di San Pietro Apostolo a Cittanova di Modena”.
domenica 12 aprile 2009
La Santissima Eucaristia, culto di Dio e missione.
Relatore: Cardinale Francis ARINZE.
XXX Convegno Liturgico Diocesano. Modena, 28 Marzo 2009.
In questa Quaresima, è stata assai utile la testimonianza del Cardinale ARINZE, prefetto emerito della Sacra Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Linguaggio semplice e diretto, per un testimone che viene dall’Africa, terra di povertà e sofferenza. Nonostante i problemi, l’Africa cristiana è viva, e l’entusiasmo che emerge nelle celebrazioni africane è contagiante.
Frasi semplici, scandite dall’accento africano che arrivano, al cuore di tutti: “Per colpa di uno siamo peccatori, ma grazie a uno siamo salvati”. Chiari sono i riferimenti ad Adamo e a Gesù: per colpa di un uomo siamo stati condannati, ma grazie al figlio di Dio sacrificato, viviamo.
La nostra preghiera, quindi, non deve iniziare con una richiesta, ma con un inno di lode al Signore. Chiedere aiuto a Dio è importante, ma deve essere l’ultima cosa. Impariamo a ringraziare e a lodare chi si è sacrificato per l’uomo: bisogna saper distinguere i bisogni del momento dai bisogni spirituali, e il nostro Spirito ha bisogno di Dio.
Inoltre nell’adorazione è utile fare silenzio dentro di sé: solo così si è a tu per tu con Dio. Anche il canto è preghiera, ma attenzione a non trasformarlo in un “momento di ricreazione”.
Eucaristia: culto di Gesù, nostra Pasqua.
Il tema centrale dell’intervento del cardinale è l’Eucaristia: dono del corpo e del sangue del Cristo. Durante la Santa Messa, l’Eucaristia ci viene presentata come il sacrificio reso presente: il memoriale.
Essa è fonte e apice di tutta la vita cristiana, infatti nella liturgia occupa un posto centrale. Inoltre tutti i sacramenti portano ad essa, alla comunione con Dio.
L’Eucaristia è un dono troppo grande e importante; infatti chi non ama la Chiesa attacca per prima cosa l’Eucaristia.
Noi non riceviamo pane e vino benedetto, ma il corpo e il sangue di Gesù.
La presenza del Cristo è reale. E’ l’Emmanuele: Dio con noi.
Questa è la nostra fede.
Questo è ciò per cui i martiri danno la loro vita.
Se intendiamo in questo modo l’Eucaristia, la Santa Messa diventa un supremo atto di lode a Dio, un sacrificio di lode. La Chiesa, a sua volta, diventa il corpo mistico di Cristo, diventa la sua sposa.
Occorre quindi prestare molta attenzione alla Parola, adorare Dio in un atto comune di fede e curare la celebrazione. La Parola è fonte di nutrimento, è pane di vita.
“La Domenica senza la Santa Messa è vuota”.
La vita cristiana senza Messa diventerebbe impraticabile perchè il sostegno eucaristico verrebbe a meno. Come è possibile concepire una domenica senza Messa?
Senza la forza dell’Eucaristia si avrebbe paura di testimoniare Gesù, si perderebbe il coraggio. Non esisterebbe la comunità cristiana.
Per questo è opportuno, prima di una celebrazione, arrivare per tempo e prepararsi interiormente al messaggio che Dio chi vuole trasmettere. Anche in questo caso l’uomo deve scegliere quali sono le sue priorità: l’Eucaristia ricevuta è valida anche per i “ritardatari”, ma aggiunge scherzosamente il cardinale: “se uno arriva tardi è meglio fare un'altra messa… l’Eucaristia ha validità, ma si faranno i conti con Gesù…”.
In queste situazioni, è importante che il cristiano non si faccia giudice del proprio prossimo, ma è consigliabile aiutare gli altri affinché migliorino. Noi non saremmo mai buoni giudici: il nostro giudice è uno e si trova nella patria del cielo.
Dopo la parentesi sui “ritardi” e sui “giudici”, il cardinale continua il suo discorso sulla missionarietà dell’Eucaristia. Nella comunità, rilevante è la partecipazione attiva, che non significa attivismo, ma atti interiori rivolti a Cristo. Dopo aver seguito la liturgia, le letture e fatto silenzio dentro di noi, il culmine è ricevere Gesù nella comunione. In questo momento, l’Eucaristia ci manda in missione.
Il cristiano non è “isolato” alla propria comunità parrocchiale, ma può e deve essere un buon cittadino: contribuendo allo sviluppo sociale, promuovendo la vita sulla terra, anche se, come figli di Dio, abbiamo la promessa di una vita nuova dopo la morte.
Il cristiano deve dare l’esempio innanzitutto nella propria comunità domestica e deve farsi sostenitore della famiglia fondata sul matrimonio.
In questa società è urgente, più che mai, la testimonianza. Ognuno si deve impegnare a capire in cosa si può rendere utile per la Chiesa, e per la causa del Vangelo. Ma attenzione: “noi non dobbiamo imporre, ma proporre.”
A questo punto occorre una precisazione: alla fine della celebrazione, la dicitura del messale è: “la messa è finita, andate in pace”. I vescovi chiesero di modificare tale dicitura: dire la messa è finita potrebbe essere mal interpretato dai fedeli. Spesso nelle nostre chiese infatti sentiamo:
“Annunciate il Vangelo e andate in Pace”
“Andate in Pace”
“La gioia del Signore sia la nostra forza. Andate in pace.”
“Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace.”
“Nel nome del Signore, andate in pace.”
In questo modo l’assemblea capisce che chi lascia la Chiesa, la lascia per iniziare una missione. Ognuno di noi deve sentire una vocazione di apostolato: non ci sono spettatori nella Chiesa ognuno ha un ruolo e può fare qualcosa.
Non si è cristiani solo di domenica!
Altra bellissima frase del cardinale Arinze: “Chi ama parla volentieri dell’amato.” Il cristiano non deve avere paura di testimoniare il Vangelo. Se interiormente amiamo veramente il Cristo, non possiamo avere paura. L’abbondanza dei suoi doni è tale che nulla ci può spaventare. Prima di andare verso il Padre, Gesù si è spogliato di tutto e lo ha donato: il suo corpo e il suo sangue nell’Eucaristia, lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste, la sua Parola testimoniata e tramandata dagli apostoli.
Un Eucaristia che non provoca amore è inutile.
L’Eucaristia ti dona la forza di riconoscere Cristo nei poveri; assistere ed essere solidale con chi ne ha bisogno.
Ricordiamo che quello che facciamo ai più piccoli lo facciamo a Gesù.
Come non rispettare quindi le persone e la natura, entrambe opere di Dio Padre?
L’Eucaristia è eredità di Gesù Cristo. Tale eredità deve essere ben custodita dai laici cristiani e dai sacerdoti. Durante la Messa il sacerdote diventa strumento nelle mani di Cristo, e infatti nella consacrazione parla in prima persona: il suo carisma influisce notevolmente sulla celebrazione.
Il Signore è risorto! E' veramente risorto. Alleluia Alleluia
XXX Convegno Liturgico Diocesano. Modena, 28 Marzo 2009.
In questa Quaresima, è stata assai utile la testimonianza del Cardinale ARINZE, prefetto emerito della Sacra Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Linguaggio semplice e diretto, per un testimone che viene dall’Africa, terra di povertà e sofferenza. Nonostante i problemi, l’Africa cristiana è viva, e l’entusiasmo che emerge nelle celebrazioni africane è contagiante.
Frasi semplici, scandite dall’accento africano che arrivano, al cuore di tutti: “Per colpa di uno siamo peccatori, ma grazie a uno siamo salvati”. Chiari sono i riferimenti ad Adamo e a Gesù: per colpa di un uomo siamo stati condannati, ma grazie al figlio di Dio sacrificato, viviamo.
La nostra preghiera, quindi, non deve iniziare con una richiesta, ma con un inno di lode al Signore. Chiedere aiuto a Dio è importante, ma deve essere l’ultima cosa. Impariamo a ringraziare e a lodare chi si è sacrificato per l’uomo: bisogna saper distinguere i bisogni del momento dai bisogni spirituali, e il nostro Spirito ha bisogno di Dio.
Inoltre nell’adorazione è utile fare silenzio dentro di sé: solo così si è a tu per tu con Dio. Anche il canto è preghiera, ma attenzione a non trasformarlo in un “momento di ricreazione”.
Eucaristia: culto di Gesù, nostra Pasqua.
Il tema centrale dell’intervento del cardinale è l’Eucaristia: dono del corpo e del sangue del Cristo. Durante la Santa Messa, l’Eucaristia ci viene presentata come il sacrificio reso presente: il memoriale.
Essa è fonte e apice di tutta la vita cristiana, infatti nella liturgia occupa un posto centrale. Inoltre tutti i sacramenti portano ad essa, alla comunione con Dio.
L’Eucaristia è un dono troppo grande e importante; infatti chi non ama la Chiesa attacca per prima cosa l’Eucaristia.
Noi non riceviamo pane e vino benedetto, ma il corpo e il sangue di Gesù.
La presenza del Cristo è reale. E’ l’Emmanuele: Dio con noi.
Questa è la nostra fede.
Questo è ciò per cui i martiri danno la loro vita.
Se intendiamo in questo modo l’Eucaristia, la Santa Messa diventa un supremo atto di lode a Dio, un sacrificio di lode. La Chiesa, a sua volta, diventa il corpo mistico di Cristo, diventa la sua sposa.
Occorre quindi prestare molta attenzione alla Parola, adorare Dio in un atto comune di fede e curare la celebrazione. La Parola è fonte di nutrimento, è pane di vita.
“La Domenica senza la Santa Messa è vuota”.
La vita cristiana senza Messa diventerebbe impraticabile perchè il sostegno eucaristico verrebbe a meno. Come è possibile concepire una domenica senza Messa?
Senza la forza dell’Eucaristia si avrebbe paura di testimoniare Gesù, si perderebbe il coraggio. Non esisterebbe la comunità cristiana.
Per questo è opportuno, prima di una celebrazione, arrivare per tempo e prepararsi interiormente al messaggio che Dio chi vuole trasmettere. Anche in questo caso l’uomo deve scegliere quali sono le sue priorità: l’Eucaristia ricevuta è valida anche per i “ritardatari”, ma aggiunge scherzosamente il cardinale: “se uno arriva tardi è meglio fare un'altra messa… l’Eucaristia ha validità, ma si faranno i conti con Gesù…”.
In queste situazioni, è importante che il cristiano non si faccia giudice del proprio prossimo, ma è consigliabile aiutare gli altri affinché migliorino. Noi non saremmo mai buoni giudici: il nostro giudice è uno e si trova nella patria del cielo.
Dopo la parentesi sui “ritardi” e sui “giudici”, il cardinale continua il suo discorso sulla missionarietà dell’Eucaristia. Nella comunità, rilevante è la partecipazione attiva, che non significa attivismo, ma atti interiori rivolti a Cristo. Dopo aver seguito la liturgia, le letture e fatto silenzio dentro di noi, il culmine è ricevere Gesù nella comunione. In questo momento, l’Eucaristia ci manda in missione.
Il cristiano non è “isolato” alla propria comunità parrocchiale, ma può e deve essere un buon cittadino: contribuendo allo sviluppo sociale, promuovendo la vita sulla terra, anche se, come figli di Dio, abbiamo la promessa di una vita nuova dopo la morte.
Il cristiano deve dare l’esempio innanzitutto nella propria comunità domestica e deve farsi sostenitore della famiglia fondata sul matrimonio.
In questa società è urgente, più che mai, la testimonianza. Ognuno si deve impegnare a capire in cosa si può rendere utile per la Chiesa, e per la causa del Vangelo. Ma attenzione: “noi non dobbiamo imporre, ma proporre.”
A questo punto occorre una precisazione: alla fine della celebrazione, la dicitura del messale è: “la messa è finita, andate in pace”. I vescovi chiesero di modificare tale dicitura: dire la messa è finita potrebbe essere mal interpretato dai fedeli. Spesso nelle nostre chiese infatti sentiamo:
“Annunciate il Vangelo e andate in Pace”
“Andate in Pace”
“La gioia del Signore sia la nostra forza. Andate in pace.”
“Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace.”
“Nel nome del Signore, andate in pace.”
In questo modo l’assemblea capisce che chi lascia la Chiesa, la lascia per iniziare una missione. Ognuno di noi deve sentire una vocazione di apostolato: non ci sono spettatori nella Chiesa ognuno ha un ruolo e può fare qualcosa.
Non si è cristiani solo di domenica!
Altra bellissima frase del cardinale Arinze: “Chi ama parla volentieri dell’amato.” Il cristiano non deve avere paura di testimoniare il Vangelo. Se interiormente amiamo veramente il Cristo, non possiamo avere paura. L’abbondanza dei suoi doni è tale che nulla ci può spaventare. Prima di andare verso il Padre, Gesù si è spogliato di tutto e lo ha donato: il suo corpo e il suo sangue nell’Eucaristia, lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste, la sua Parola testimoniata e tramandata dagli apostoli.
Un Eucaristia che non provoca amore è inutile.
L’Eucaristia ti dona la forza di riconoscere Cristo nei poveri; assistere ed essere solidale con chi ne ha bisogno.
Ricordiamo che quello che facciamo ai più piccoli lo facciamo a Gesù.
Come non rispettare quindi le persone e la natura, entrambe opere di Dio Padre?
L’Eucaristia è eredità di Gesù Cristo. Tale eredità deve essere ben custodita dai laici cristiani e dai sacerdoti. Durante la Messa il sacerdote diventa strumento nelle mani di Cristo, e infatti nella consacrazione parla in prima persona: il suo carisma influisce notevolmente sulla celebrazione.
Il Signore è risorto! E' veramente risorto. Alleluia Alleluia
domenica 5 aprile 2009
"Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio Vivente" (1 Tm 4, 10)
Riflessione sugli interventi alla XXIV GMG Diocesana di Modena - 4 Aprile 2009
Il tema della serata è la speranza. La speranza di cui i giovani cristiani devono farsi portatori in un mondo spesso tormentato dalla paura.
Per superare la paura, la speranza è esseziale.
Diamo maggiore spazio alla speranza ed eliminiamo l'indifferenza.
"Essere indifferenti a Dio è come essere indifferenti all'aria che respiriamo" dice don Carlo. E'la frase che più mi ha colpito. Come si fa a rimanere indifferenti e immobili di fronte al sacrificio del Figlio di Dio per la salvezza dell'uomo. Che grande dono è la Pasqua! La Pasqua ci dona speranza. Gesù ha trasformato la croce da simbolo di tortura, oppressione e umiliazione, in segno di gloria eterna, di vittoria della vita sulla morte.
Tra le tante paure dei giovani, vi sono la paura di Dio e la paura di vivere il Vangelo fino in fondo. Questa paura genera innanzitutto indifferenza quando il problema non ci tocca: "Io non ho nulla contro Dio". Di conseguenza quando la voce della Chiesa si fa sentire sui temi etici, questa indifferenza si tramuta in ostilità.
Abbiamo paura di un Dio che ci ruba qualcosa di questo mondo che vogliamo vivere. La paura che le "regole" ci blocchino, ci isolino in questa società.
Ma Dio è l'unico che ci da quello che ci serve veramente.
Quante volte ci accostiamo all'Eucaristia per abitudine: così facendo perdiamo la necessaria "fame" di comunione. Perdiamo la straordinarietà del mistero eucaristico che ogni domenica si celebra. Ragazzi, sveglia! Sull'altare il pane e il vino, diventano il corpo e il sangue di Gesù: questo sì che è straordinario.
Ecco, la speranza ci da la possibilità di stupirci ogni volta a tutto questo.
La speranza ci fa accorgere di quali siano le nostre vere necessità, che solo Dio in persona ci può dare.
San Paolo dice ai Romani (1 Rm 15, 13): "Il Dio della Speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perchè abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo".
Per Paolo la speranza non è un ideale o un sentimento ma una persona viva: Gesù Cristo il figlio di Dio (riff. Messaggio Benedetto XVI per la XXIV GMG)
Il pane del cielo il mondo non lo può dare.
Il vero perdono il mondo non lo può dare.
L'amore di Dio il mondo non lo può dare.
"Fate il bene e puntate sempre al bene". Ognuno di noi non deve cercare la propria verità, riadattare il Vangelo alle proprie esigenze. In questo modo persino il "male" può diventare "bene" se lo si considera una verità. I discepoli di Gesù di oggi sanno qual è la sorgente del "bene": Eucaristia e Vangelo.
"Non siate causa di sofferenza per gli altri e per voi stessi" aggiunge Don Carlo.
Sì, il cristiano è testimone di un amore immenso, quindi come può essere portatore di indifferenza e di tristezza.
Il cristiano deve essere il primo a portare gioia al prossimo.
Il cristiano trae forza dall'amore dell'Eucaristia, per donarlo agli altri.
Che bello vedere gli altri che gioiscono grazie alle nostre azioni!
Tuttavia anche il cristiano sbaglia: la sua natura di uomo lo porta a sbagliare.
Il credente però ha la speranza di essere perdonato nella Riconciliazione: speranza che si tramuta in certezza, grazie al sacrificio pasquale di Gesù.
Il tema della serata è la speranza. La speranza di cui i giovani cristiani devono farsi portatori in un mondo spesso tormentato dalla paura.
Per superare la paura, la speranza è esseziale.
Diamo maggiore spazio alla speranza ed eliminiamo l'indifferenza.
"Essere indifferenti a Dio è come essere indifferenti all'aria che respiriamo" dice don Carlo. E'la frase che più mi ha colpito. Come si fa a rimanere indifferenti e immobili di fronte al sacrificio del Figlio di Dio per la salvezza dell'uomo. Che grande dono è la Pasqua! La Pasqua ci dona speranza. Gesù ha trasformato la croce da simbolo di tortura, oppressione e umiliazione, in segno di gloria eterna, di vittoria della vita sulla morte.
Tra le tante paure dei giovani, vi sono la paura di Dio e la paura di vivere il Vangelo fino in fondo. Questa paura genera innanzitutto indifferenza quando il problema non ci tocca: "Io non ho nulla contro Dio". Di conseguenza quando la voce della Chiesa si fa sentire sui temi etici, questa indifferenza si tramuta in ostilità.
Abbiamo paura di un Dio che ci ruba qualcosa di questo mondo che vogliamo vivere. La paura che le "regole" ci blocchino, ci isolino in questa società.
Ma Dio è l'unico che ci da quello che ci serve veramente.
Quante volte ci accostiamo all'Eucaristia per abitudine: così facendo perdiamo la necessaria "fame" di comunione. Perdiamo la straordinarietà del mistero eucaristico che ogni domenica si celebra. Ragazzi, sveglia! Sull'altare il pane e il vino, diventano il corpo e il sangue di Gesù: questo sì che è straordinario.
Ecco, la speranza ci da la possibilità di stupirci ogni volta a tutto questo.
La speranza ci fa accorgere di quali siano le nostre vere necessità, che solo Dio in persona ci può dare.
San Paolo dice ai Romani (1 Rm 15, 13): "Il Dio della Speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perchè abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo".
Per Paolo la speranza non è un ideale o un sentimento ma una persona viva: Gesù Cristo il figlio di Dio (riff. Messaggio Benedetto XVI per la XXIV GMG)
Il pane del cielo il mondo non lo può dare.
Il vero perdono il mondo non lo può dare.
L'amore di Dio il mondo non lo può dare.
"Fate il bene e puntate sempre al bene". Ognuno di noi non deve cercare la propria verità, riadattare il Vangelo alle proprie esigenze. In questo modo persino il "male" può diventare "bene" se lo si considera una verità. I discepoli di Gesù di oggi sanno qual è la sorgente del "bene": Eucaristia e Vangelo.
"Non siate causa di sofferenza per gli altri e per voi stessi" aggiunge Don Carlo.
Sì, il cristiano è testimone di un amore immenso, quindi come può essere portatore di indifferenza e di tristezza.
Il cristiano deve essere il primo a portare gioia al prossimo.
Il cristiano trae forza dall'amore dell'Eucaristia, per donarlo agli altri.
Che bello vedere gli altri che gioiscono grazie alle nostre azioni!
Tuttavia anche il cristiano sbaglia: la sua natura di uomo lo porta a sbagliare.
Il credente però ha la speranza di essere perdonato nella Riconciliazione: speranza che si tramuta in certezza, grazie al sacrificio pasquale di Gesù.
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