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domenica 29 giugno 2025

I genitori italiani, per la stragrande maggioranza, sono dei cattivi educatori


Siamo in tempi di furibonda demagogia e ci tengo a precisare che non sono mai stato un proletario. Io, allora, ero semplicemente un borghese povero mentre ora sono un borghese benestante. A tal proposito, mentre non so se si possa dire che pro letario è chi lavora per vivere e borghese è chi vive per lavorare, so con certezza che, oggi, in Italia, coloro i quali si proclamano con maggior furore campioni del proletariato e spietati nemici della borghesia appartengono alla grassa borghesia, mentre gli autentici proletari aspirano tutti a diventare dei borghesi.

I genitori italiani, per la stragrande maggioranza, sono dei cattivi educatori. Vuoi per eccesso di sentimentalismo, vuoi per ignoranza, vuoi per pigrizia. È infatti assai più faticoso educare un figlio, attrezzarlo per combattere validamente la lotta per la vita, che trattarlo fino a trent'anni come un bambino.

Costa assai meno regalare al figlio un patrimonio che insegnargli come si conquista e si amministra un patrimonio.

Ma gli italiani sono dei cattivi educatori anche perché i figli vengono utilizzati nel ruolo di «vendicatori»:

"Noi abbiamo potuto comprare una misera auto utilitaria usata a quarant'anni e nostro figlio, a diciott'anni, deve avere una fuoriserie. Noi abbiamo risparmiato il centesimo: nostro figlio a vent'anni deve avere le tasche piene di banconote da 100.000 lire…"

Oppure:

"Noi non siamo riusciti a diventare persone importanti. Diventerà importante nostro figlio!"


Quanti infelici creati da questo strano amore dei genitori. Quanti giovani spinti fuori dalla loro vera strada, costretti a svolgere attività a essi non adatte!

Questi genitori tolgono ai figli il piacere della conquista, il rispetto per la loro personalità, e creano quegli scontenti che poi si ribellano alla società ingerendo droga, rapinando per divertimento o scatenando rivoluzioni al grido di: «Viva Mao! Viva Marcuse! Viva Marx! Viva Che Guevara!».

Ma i giovani non sanno che il comunismo porta in sé la propria condanna. Il comunismo, che è soltanto la negazione di tutte le conquiste della civiltà (conquiste spirituali naturalmente), che nega Dio, la libertà, e vuol togliere all'uomo la coscienza personale per sostituirla con una coscienza di partito o di Stato, una volta esaurita la sua iniziale carica di odio contro Dio e contro gli uomini, si comporta come il colossale macigno che, precipitando da una vetta, travolge e sgretola tutto al suo passaggio e poi giace inerte nella valle opprimendo la terra col suo immane peso.

Le mandrie di giovanissimi che commettono le loro nefandezze nei Paesi satelliti dell'Unione Sovietica, e nella stessa Unione Sovietica, dimostrano a quale orrendo risultato porti l'educazione materialista con annessa negazione dei valori spirituali e morali.

Anche in America la delinquenza giovanile non scherza.

Non si può pretendere una gioventù di sana educazione morale e spirituale in un Paese dove il vero Dio si chiama Danaro. E anche i giovani teppisti americani si battono, inconsciamente, contro una dittatura più feroce ancora di quella socialista: la dittatura del Dollaro.

Noi vecchi speriamo solo nei giovani. Non perché sono migliori di noi, come dicono e scrivono i demagoghi in cerca di clientele, ma perché sono più giovani di noi. Chi ha costruito qualcosa, sia pure di molto modesto, dovrà ai giovani se ne rimarrà il ricordo. Non tutto finirà con noi e coi nostri coetanei.

Giovannino Guareschi
Chi sogna nuovi gerani?

venerdì 20 giugno 2025

I limiti della conoscenza scientifica

Questi tre pensatori, da prospettive diverse, mettono in luce che la conoscenza scientifica ha limiti intrinseci:
Gödel: limiti logico-matematici interni ai sistemi formali.
Heisenberg: limiti fisici nella misurabilità del mondo reale.
Popper: limiti epistemologici nella provabilità definitiva delle teorie.
Tutti contribuiscono a una visione realistica e critica della scienza: potente, ma non onnipotente.

1. Kurt Gödel – Teoremi di incompletezza (1931)

Gödel ha dimostrato che in ogni sistema formale sufficientemente complesso (come l'aritmetica), esistono proposizioni vere che non possono essere dimostrate all'interno del sistema stesso.

Tesi centrale: La matematica non può dimostrare tutte le verità al suo interno; ogni sistema coerente è inevitabilmente incompleto.
Implicazioni: Anche la scienza, che si basa sulla matematica, ha limiti interni: non tutto ciò che è vero può essere formalmente provato.

2. Werner Heisenberg – Principio di indeterminazione (1927)

Heisenberg ha formulato il principio secondo cui non si possono misurare contemporaneamente con precisione assoluta alcune grandezze fisiche, come posizione e quantità di moto di una particella.
Tesi centrale: La realtà fisica ha limiti oggettivi di conoscibilità, non dovuti all'imprecisione dello strumento, ma alla natura stessa dei fenomeni quantistici.
Implicazioni: La prevedibilità assoluta della scienza classica è messa in crisi; la fisica è intrinsecamente probabilistica.

3. Karl Popper – Falsificazionismo (anni '30)

Popper ha criticato l'idea che una teoria scientifica possa essere definitivamente dimostrata vera.
Tesi centrale: Una teoria è scientifica solo se è falsificabile, cioè se è possibile concepire un esperimento che potrebbe smentirla.
Implicazioni: La scienza non dimostra verità assolute, ma avanza per congetture e confutazioni; ogni teoria è provvisoria e soggetta a revisione.

giovedì 19 giugno 2025

La fede è luce, non oscurità

La fede è luce, non oscurità: il vero illuminismo parte dal Vangelo.

C'è un pregiudizio diffuso secondo cui fede e ragione sarebbero in conflitto. Ma è un errore. Come ha sottolineato Joseph Ratzinger, la fede cristiana si rivolge innanzitutto alla ragione: la provoca, la illumina, la amplia. La scienza non esclude Dio, e Dio non esclude la scienza. Sono piani diversi, ma complementari.

Dio non si impone: si lascia cercare. È nascosto, ma non assente. Se lo cerchiamo, è perché in qualche modo lo abbiamo già incontrato, come diceva Sant'Agostino. La ragione stessa, se onesta, arriva a riconoscere i suoi limiti e apre alla possibilità del Mistero — come affermava Pascal.

Il cristianesimo non è un'illusione. È l'incontro con una persona concreta: Gesù di Nazaret. Un uomo che ha vissuto l'amore fino al dono totale, che ha perdonato, guarito, accolto, e che ha proclamato la salvezza per tutti, anche per i nemici. Una figura unica nella storia. Non è un mito inventato: nessuno avrebbe costruito una religione su un condannato a morte, umanamente fallito.

I Vangeli non sono leggende: sono testimonianze radicate nella storia. Non nascondono le debolezze dei discepoli, né le discrepanze nei racconti. Questo è un segno di autenticità. Anche l'archeologia e gli studi storici hanno confermato molte informazioni contenute nei testi sacri.

La fede cristiana ha trasformato la cultura: ha dato valore a ogni persona, ha rivoluzionato la visione della donna e del bambino, ha messo al centro i poveri, ha predicato l'amore per i nemici. Ha ispirato ideali di uguaglianza, giustizia e libertà che hanno influenzato persino il pensiero laico e le rivoluzioni moderne.

Gesù non ha spiegato tutto il mistero del male e della sofferenza, ma lo ha condiviso. Ha scelto la via della croce: l'onnipotente che si fa servo. Questo capovolgimento è la chiave per comprendere perché la fede cristiana continui a parlare anche oggi.

I cristiani, certo, hanno sbagliato nella storia, spesso tradendo il Vangelo. Ma il messaggio di Cristo rimane intatto: non un sistema ideologico, ma una proposta concreta di vita, centrata sull'amore.
A differenza delle ideologie moderne, nate nei salotti intellettuali e finite nel fallimento, il cristianesimo ha resistito. Perché non è una teoria, ma un incontro vivo. È una luce che non abbaglia, ma illumina. E lascia comunque spazio alla libertà: abbastanza luce per chi vuole credere, abbastanza buio per chi non vuole.
Come ha detto Pascal, senza questo Mistero, l'uomo resta ancora più incomprensibile.

​Morte e Miseria

Credo che dovremmo imparare a vivere partendo dalla consapevolezza della morte, dal pensiero del momento in cui ci separeremo su questa terra. Solo assumendo questa prospettiva, il tempo che ci rimane potrà essere vissuto in modo pieno, autentico. Oggi invece viviamo immersi nel presente immediato, concentrati sulle fatiche quotidiane, sulle offese ricevute, su questioni piccole e mediocri. Ma se ogni giorno lo affrontassimo con lo sguardo rivolto alla nostra fine, forse riusciremmo a dare alle cose e agli eventi il giusto peso, a non sprecare ciò che conta davvero.

Cristo ci ha liberati dalla morte e dal peccato attraverso la sua morte e risurrezione. Siamo arrivati fin qui per la sua Grazia, che ci ha guidati passo dopo passo. La sofferenza rimane una certezza che ancora ci attende; non possiamo illuderci di evitarla. La pace, se è vera, è fatta di gioia e dolore in parti uguali. Possiamo sperare di conoscere ancora gioie, ma dobbiamo accettare che non siano mai garantite.


La tua mamma, i bambini sperduti, i giovani malati: sono volti e storie che ci ricordano la fragilità della vita, la sua caducità. Di questa consapevolezza dobbiamo farne tesoro, come una luce che orienta il cammino. Eppure, la nostra società evita di pensare alla morte e alla sofferenza, ma nel farlo ha smarrito anche la speranza, e spesso cade nella disperazione. Solo l'amore resta, solo ciò che è stato vissuto con amore ha un valore che non si perde.


Per questo, preghiamo il Signore perché ci insegni le sue vie. Siamo chiamati a cambiare il nostro sguardo, perché solo così potrà cambiare anche la realtà attorno a noi. La vita è spesso una battaglia interiore, una guerra segreta combattuta contro l'orgoglio, contro ciò che ci separa dagli altri e da Dio. Ma dentro questa lotta possiamo scoprire la Misericordia, una Misericordia che si fa presente nella nostra storia attraverso Gesù.


Davanti ai grandi "perché" della vita, non siamo costretti a restare paralizzati nel dolore: possiamo scegliere di non fissare lo sguardo solo sulla miseria, ma di portare quella miseria – le nostre ferite, i torti subiti, i rancori, i rimorsi, i peccati – davanti a Cristo. Non possiamo permetterci di accumulare odio, di restare prigionieri del risentimento. L'incontro con Gesù è ciò che può trasformare la miseria in occasione di salvezza. E questa è la strada su cui siamo chiamati a camminare.


mercoledì 18 giugno 2025

Famiglia Ulma

Monsignor Gądecki, presidente dei vescovi polacchi, ha introdotto il libro dedicato alla famiglia Ulma, beatificata per aver nascosto ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Józef e Wiktoria Ulma, insieme ai loro sette figli – incluso uno ancora nel grembo materno – furono uccisi dai nazisti per il loro gesto eroico. Per la prima volta, la Chiesa ha beatificato un nascituro, riconoscendone il martirio attraverso il "battesimo di sangue". Questo evento rappresenta un forte segno di speranza per i genitori che perdono figli prima della nascita e un esempio luminoso di amore cristiano vissuto fino all'estremo sacrificio.



martedì 17 giugno 2025

Cinque consigli del Cardinale Sarah di fronte alla crisi della fede

Il card. Sarah ha denunciato l'attuale confusione dottrinale nella Chiesa . Ha proposto cinque consigli:

1. Radicarsi nella Parola di Dio, riconoscendola come l'"arma principale" nel combattimento spirituale, citando Mt 4,1‑11 .

2. Pregare costantemente, frequentare Messa e confessione, prendendo esempio dal Papa emerito Benedetto XVI negli ultimi anni di vita .

3. Discernere criticamente: il mondo moderno, pur sensibilizzato su ecologia e ambiente, promuove parallelamente aborto, eutanasia e omosessualità .

4. Accogliere il silenzio interiore, necessario per entrare nella presenza di Dio, superare distrazioni e sconfiggere la "guerra satanica" della modernità occidentale .

5. Resistere all'ideologia del transumanesimo, che – secondo Sarah – mira a trasformare l'uomo in una macchina, ignorando la sua identità creata da Dio .


lunedì 16 giugno 2025

Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Benedetto XVI

Spesso sembra che la scienza – le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l'esegesi della Sacra Scrittura) dall'altro – siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza...

Sono ormai sessant'anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede.

Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

domenica 15 giugno 2025

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! - Carretto

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!... Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità... Non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te...
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che aver fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era come un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nell'umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io. E poi che cosa contano le pietre? Ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo è capace di fare la Chiesa con delle pietre mal tagliate come siamo noi. Solo lo Spirito Santo può tenerci uniti nonostante noi, nonostante la forza centrifuga che ci è data dal nostro orgoglio senza limiti.

Carlo Carretto

Educazione - Benedetto XVI

In una società e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo – il relativismo è diventato una sorta di dogma –, in una simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera "autoritario", e si finisce per dubitare della bontà della vita – è bene essere uomo? è bene vivere? – e della validità dei rapporti e degli impegni che costituiscono la vita.
Come sarebbe possibile, allora, proporre ai più giovani e trasmettere di generazione in generazione qualcosa di valido e di certo, delle regole di vita, un autentico significato e convincenti obiettivi per l'umana esistenza, sia come persone sia come comunità?

Perciò l'educazione tende ampiamente a ridursi alla trasmissione di determinate abilità, o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere. Così sia i genitori sia gli insegnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata.

Ma proprio così non offriamo ai giovani, alle nuove generazioni, quanto è nostro compito trasmettere loro. Noi siamo debitori nei loro confronti anche dei veri valori che danno fondamento alla vita...

In un simile contesto l'impegno della Chiesa per educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Signore Gesù assume più che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine alla sfiducia e a quello strano "odio di sé" che sembra diventato una caratteristica della nostra civiltà.

È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via che sarete più in sintonia con il mondo. Vattimo

Questa citazione attribuita a Gianni Vattimo esprime una critica provocatoria ma lucida al processo di modernizzazione della Chiesa cattolica, in particolare a partire dal Concilio Vaticano II. Riassumendo il pensiero del filosofo:

"Cattolici,... restaurate, non riformate. È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via,... che sarete più in sintonia con il mondo... Chi avete convertito, da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata?"

"Restaurate, non riformate": Vattimo sembra suggerire che i cattolici non dovrebbero cercare una riforma all'insegna della modernità, ma piuttosto un ritorno alla ricchezza spirituale, teologica e culturale della Tradizione.

"Una Tradizione che tutti vi invidiano": qui si riferisce al patrimonio liturgico, filosofico e artistico che ha caratterizzato il cattolicesimo per secoli, e che secondo lui è stato trascurato o abbandonato.

"Avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata": accusa la Chiesa di essersi adattata troppo al mondo moderno, laico e relativista, perdendo in forza e identità, senza ottenere in cambio conversioni o credibilità.

Contesto filosofico

Gianni Vattimo, filosofo del pensiero debole e dichiaratamente non credente in senso tradizionale, ha però mostrato grande interesse per il cristianesimo come fatto culturale e storico. In alcuni scritti ha perfino difeso la necessità di un ritorno alla dimensione sacrale e simbolica della fede, pur in una prospettiva postmoderna. Questo tipo di affermazioni va quindi letto non tanto come un invito al fondamentalismo, ma come una critica alla perdita di identità della Chiesa nel tentativo di "secolarizzarsi" per restare rilevante.

Implicazione paradossale

Il paradosso (voluto) è che proprio un pensatore laico, postmoderno e critico nei confronti della metafisica, invita i cattolici a essere più cattolici, non meno. A non cercare di piacere al mondo moderno, ma a essere fedeli alla propria essenza — perché è in quella differenza, e non nella somiglianza, che si gioca la vera forza della testimonianza cristiana.

sabato 14 giugno 2025

"Il cervello che guarda il cielo" – Vittorino Andreoli

In Il cervello che guarda il cielo, Vittorino Andreoli esplora il legame profondo tra la biologia dell'uomo e la sua tensione verso la trascendenza, proponendo l'idea che il bisogno di Dio sia inscritto nella struttura stessa del cervello umano. Non si tratta solo di un anelito spirituale, ma di una dinamica concreta, radicata nella nostra neurofisiologia: la trascendenza, infatti, non è un concetto astratto, ma una componente essenziale della natura umana.


mercoledì 11 giugno 2025

​Senza Freni di Maurizio Botta



dalla prefazione di Franco Nembrini

Padre Maurizio Botta non si accontenta di restare in superficie: il suo sguardo penetra con lucidità dentro le contraddizioni della vita contemporanea. Uno dei tratti centrali della sua riflessione è il desiderio universale – e insieme illusorio – di mantenere tutto sotto controllo. Tutti cerchiamo di governare le nostre emozioni, le relazioni, le circostanze. Ma i santi, al contrario, rinunciano a questo dominio: accettano la propria impotenza, riconoscono con umiltà il limite della propria condizione umana, sapendo che non possono prolungare la propria vita nemmeno di un minuto. Ed è proprio in questa resa consapevole che risiede la loro straordinaria razionalità.

I santi sono inafferrabili, non si lasciano fermare da nulla. Vivono nella piena libertà di chi è stato liberato da due grandi paure: quella della morte e quella di non essere amato. Per questo sorridono davvero, perché hanno consegnato la vita a qualcosa – o meglio, a Qualcuno – che va oltre ogni tentativo di controllo.

Viviamo in un'epoca in cui uno dei valori più celebrati è l'autonomia. Ci viene insegnato che dobbiamo fare tutto da soli, che non è mai necessario ringraziare nessuno, che ogni conquista è solo frutto delle nostre forze. Ma questa corsa all'indipendenza ci conduce inevitabilmente all'infelicità, perché dimentichiamo la gratitudine. Non sappiamo più dire grazie per i doni che il presente ci offre, piccoli o grandi che siano.

Padre Maurizio invita a una rivoluzione interiore: imparare l'arte del godere delle cose semplici, lasciandoci sorprendere dalla generosità della vita. Questo è possibile solo se si rinuncia all'ossessione del controllo e si accoglie ogni giorno come un dono. La gratitudine, in questo senso, diventa una vera e propria terapia: ci aiuta a gustare il momento presente, a viverlo con pienezza.

Un altro invito provocatorio è quello a rinunciare all'idea distorta di giovinezza che ci viene continuamente proposta. È una giovinezza artificiale, costruita su illusioni e pretese, che genera solo confusione e insoddisfazione. Serve invece il coraggio di dichiararsi adulti, di assumersi responsabilità reali. Diventare adulti significa anche saper trasmettere – soprattutto da anziani – quella pace profonda che nasce dalle battaglie interiori affrontate e vinte, grazie a Dio.

Padre Maurizio denuncia anche la spettacolarizzazione dell'infanzia: i bambini vengono trattati troppo presto come piccoli adulti in alcuni aspetti, e in altri – quelli essenziali alla loro crescita – restano eternamente infantilizzati. È fondamentale offrire loro confini chiari, limiti netti. I bambini si legano profondamente a chi riesce a porre questi limiti con fermezza ma anche con dolcezza. Sentono che lì c'è amore vero, lì si sentono al sicuro.

In tutto questo, risuona una proposta radicale eppure profondamente umana: accontentarsi, non nel senso di rassegnarsi al poco, ma nel senso di godere profondamente di ciò che la vita offre ogni giorno. Questo è il cuore di una spiritualità concreta e liberante: mollare le redini del controllo e vivere con gratitudine ogni singolo istante donato.

lunedì 26 maggio 2025

San Filippo Neri


San Filippo Neri, nato a Firenze nel 1515, fu una figura centrale nella Roma del Cinquecento, caratterizzata da profondi cambiamenti religiosi e culturali. Trasferitosi a Roma, si dedicò inizialmente agli studi teologici e alla direzione spirituale, impegnandosi soprattutto con le classi meno abbienti. Nel 1548, insieme al suo confessore, fondò la Confraternita della Santissima Trinità per assistere poveri e pellegrini. Ordinato sacerdote nel 1551, avviò l'esperienza pastorale che lo rese celebre: l'Oratorio. Questo luogo, che riuniva giovani di strada per giocare, cantare e pregare, si sviluppò attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vallicella, divenendo un punto di riferimento spirituale.

L'Oratorio di Neri si distinse per la sua secolarità, non richiedendo voti o giuramenti, ma basandosi sul vincolo di carità e amicizia tra persone di diverse condizioni sociali. Questo modello innovativo ebbe un profondo impatto sulla Chiesa, influenzando la riforma religiosa del periodo. Filippo Neri, noto per il suo carattere gioioso e scherzoso, divenne il "santo della gioia" e il "giullare di Dio". Alla sua morte nel 1595, il culto di Neri si diffuse rapidamente a Roma, e nel 1622 fu canonizzato. La sua vita ha ispirato film e sceneggiati che ne hanno celebrato l'eredità spirituale e sociale.

San Filippo Neri (1515-1595) è una delle figure più amate e conosciute della Chiesa cattolica, noto per la sua gioia contagiosa, il senso dell'umorismo e la profonda spiritualità. Ecco le sue principali caratteristiche e tratti distintivi:

lunedì 12 maggio 2025

​Cori da “La Rocca” | Cap. 6-10

Capitolo 6 – La profezia e la lotta permanente

Il Cristianesimo non ha finito la sua lotta nel mondo. Non si tratta di una battaglia confinata al passato: è un confronto perenne, che si rinnova in ogni generazione, in ogni cuore, in ogni cultura. Il Tempio deve essere continuamente riedificato, perché è continuamente minacciato, logorato, dimenticato.

Eliot, con tono profetico, rompe l'illusione moderna che la fede possa ormai considerarsi acquisita o superata. La persecuzione dei cristiani non è una pagina chiusa, ma una realtà ricorrente sotto forme sempre nuove: disprezzo, marginalizzazione, ridicolo, esclusione.

Egli denuncia l'utopia ingenua di chi sogna sistemi talmente perfetti da non aver più bisogno della bontà personale, della conversione del cuore. È la tentazione antica e moderna di sostituire la redenzione con l'ingegneria sociale, la Grazia con la tecnica, Dio con l'ideologia.

Ma il Cristianesimo è proprio l'antitesi di ogni utopia: non promette una salvezza costruita dall'uomo, bensì annuncia la presenza salvifica di Dio dentro le ferite della storia. Eliot sa che si tratta di realismo, non di pessimismo: leggere l'umano senza illusioni, con la ragione aperta alla verità del limite e del desiderio.

Per questo il poeta osa domandare: perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero accogliere le sue leggi, i suoi richiami scomodi? La risposta è paradossale: la Chiesa ricorda loro ciò che vorrebbero dimenticare – il male, la morte, il peccato, la necessità del perdono. Dove l'uomo vorrebbe essere duro, essa chiede tenerezza; dove vorrebbe essere indulgente, essa richiama alla giustizia.

L'uomo che è viene oscurato dall'uomo che pretende di essere. Ma il Figlio dell'Uomo non è stato crocifisso una volta per tutte: è sempre crocifisso nella carne dei giusti, nella sofferenza dei santi, nella testimonianza dei martiri di ogni epoca. La profezia cristiana non smette mai di svelare questa tensione: la salvezza non è una conquista dell'uomo, ma un dono di Dio che attraversa la storia e la redime dal suo interno.

domenica 11 maggio 2025

​Cori da “La Rocca” | Cap. 1-5

La poesia di Eliot in Cori da La Rocca è un testo sapienziale e profetico, un appello a rendere perfetta la propria volontà. La volontà, forza etica e intellettuale di secondo grado, è chiamata a divenire ciò che naturalmente desidera: essere ciò che si è davvero. In questo movimento si manifesta un atto attivo e consapevole, che rivela la propria destinazione, investendo tanto la sfera della Caritas quanto quella della Charis, la Grazia.

Non si è davvero se stessi se non si vuole essere ciò che si è. La perfezione della volontà diventa allora cammino della Grazia. Senza significato non esiste neppure il tempo: la storia ci parla, paradossalmente, proprio attraverso la sua apparente mancanza di senso o di mezzi. È grazie a questa enigmaticità del suo inizio che possiamo intravedere la possibilità di una pienezza.

L'uomo è chiamato a essere un incessante ricostruttore di rovine. Eliot procede in una sorta di "progressione regressiva", animato dalla disperazione della speranza: quella tensione che muove l'anima a fare ciò che si deve, o si dovrebbe, per restituire al passato una funzione attiva nel presente, in una sorta di feedback spirituale. In questo processo, la buona volontà è la custode del senso.

Le tenebre si contrappongono alla fede. Ma proprio per questo la fede è necessaria: non dono facile, ma conquista drammatica e quotidiana. Il male, in questa prospettiva, è il segno contraddittorio e ultimo che l'uomo non è solo, non è abbandonato. E il perdono, infatti, è capace di cancellarlo.

Una luce brilla nelle tenebre: ci fa pensare a Cristo, il Liberatore, che dopo l'Incarnazione discese nelle profondità dell'Inferno per trarne le anime dei giusti, i patriarchi e i profeti, secondo l'immaginario dantesco. La profezia, in questo senso, è un grande e oscuro ricordo del futuro: l'avvenire dell'uomo, che attraversa tutta la storia, è figlio dell'Avvento.

venerdì 9 maggio 2025

Da Prevost a Leone XIV: il significato di un nome, il segno di un pontificato

L'elezione del cardinale statunitense Robert Francis Prevost al soglio di Pietro, avvenuta nel Conclave del 2025 dopo la morte di Papa Francesco, rappresenta una svolta storica: per la prima volta nella bimillenaria storia della Chiesa cattolica, un Papa proviene dagli Stati Uniti. Ma è la scelta del nome pontificale – Leone XIV – ad aver subito acceso l'attenzione e il dibattito, evocando forza, tradizione e un preciso orientamento pastorale e dottrinale.



Primo discorso di Papa Leone XIV, il testo integrale

La Pace sia con tutti voi.

Fratelli, sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch'io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel nostro cuore, le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra. La pace sia con voi. Questa è la pace di Cristo risorto. Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio. Dio che ci ama tutti incondizionatamente.

sabato 3 maggio 2025

San Filippo Apostolo

L'apostolo Filippo è una figura centrale nel Nuovo Testamento e uno dei dodici apostoli scelti da Gesù.
La figura di Filippo è significativa per il suo zelo missionario e il desiderio di far conoscere Gesù agli altri. Ecco alcune informazioni principali su di lui:

giovedì 17 aprile 2025

Omelia Giovedì Santo - Benedetto XIV

Nell'omelia di Benedetto XVI del Giovedì Santo 2008, viene sottolineato il significato profondo della lavanda dei piedi, atto compiuto da Gesù verso i suoi discepoli. Questo gesto simboleggia il "passaggio" di Gesù dalla morte alla risurrezione, trasformando la croce da strumento di uccisione a gesto supremo d'amore. Attraverso la lavanda dei piedi, Gesù si spoglia della sua gloria divina, si fa servo e purifica i suoi discepoli, rendendoli capaci di partecipare al banchetto divino. Questo gesto anticipa il dono totale di sé che culminerà sulla croce.

Benedetto XVI spiega che questo dono di Gesù diventa anche un esempio per i credenti: così come Cristo ha lavato i piedi ai suoi discepoli, anche noi siamo chiamati a lavarci i piedi l'un l'altro, nel segno del servizio e del perdono reciproco. Infine, il Papa ricorda che il Giovedì Santo è un giorno di gratitudine per l'Eucaristia e per l'amore infinito che Gesù ci ha donato, invitandoci a vivere in comunione con Lui e tra di noi, seguendo il suo esempio di umiltà e amore.


domenica 13 aprile 2025

Vita e Martirio di Rolando Rivi

Nel dettaglio qui: https://docs.google.com/document/d/1bRvWM5GHnHFYFgOIo0133Npkr8qZoBjJ/edit?usp=sharing&ouid=109034451582672503354&rtpof=true&sd=true

Rolando Rivi (San Valentino, 7 gennaio 1931 – Monchio, 13 aprile 1945)  era un giovane seminarista italiano, ucciso dai partigiani comunisti nel 1945 a soli 14 anni. La sua storia è un esempio di fede e di martirio durante la Seconda Guerra Mondiale e il periodo successivo.

Una vocazione precoce:

  • Infanzia e gioventù: Cresciuto in una famiglia profondamente religiosa, Rolando dimostrò fin da piccolo una forte vocazione religiosa.
  • Seminario: Entrò in seminario all'età di 11 anni e si distinse per il suo impegno nello studio e nella preghiera.
  • Fede incrollabile: Nonostante la giovane età, la sua fede era profonda e radicata. Indossava sempre la tonaca talare come segno della sua appartenenza a Cristo.

Il martirio:

  • La guerra e la persecuzione: Durante la Seconda Guerra Mondiale e il periodo successivo, la Chiesa subì gravi persecuzioni. Rolando fu vittima di questo clima di odio.
  • L'arresto e la morte: Fu catturato dai partigiani comunisti, torturato e infine ucciso per la sua fede.
  • Un simbolo di martirio: La sua morte divenne un simbolo della persecuzione dei cristiani in quel periodo.

Il ricordo e la venerazione:

  • Beatificazione: Dopo la sua morte, la figura di Rolando è diventata un punto di riferimento per molti fedeli. Nel 2013, Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio.
  • Esempio per le nuove generazioni: La sua storia è un esempio di coraggio e di fedeltà a Cristo, soprattutto per i giovani.

Il significato del suo martirio:

  • Testimonianza della fede: Rolando Rivi è un esempio di come la fede possa essere vissuta fino alle estreme conseguenze.
  • Un invito alla perseveranza: La sua storia ci ricorda l'importanza di rimanere fedeli ai propri ideali, anche di fronte alle difficoltà.
  • Un appello alla pace e alla riconciliazione: La sua morte tragica ci invita a riflettere sul valore della vita e a promuovere la pace e la comprensione tra le persone.

In conclusione, Rolando Rivi è un martire della fede che continua a ispirare molti. La sua storia ci ricorda l'importanza di difendere i valori cristiani e di vivere la nostra fede in modo coerente e coraggioso, anche di fronte alle avversità.

sabato 5 aprile 2025

Il Weekend dei Papà Sperduti

Un evento speciale, un'esperienza di condivisione profonda che ha unito un gruppo di papà accomunati dalla sfida della disabilità dei loro figli. Una condivisione che va oltre gli argomenti (si sa che noi uomini parliamo principalmente di due cose e la seconda è il calcio), perché solo chi ha vissuto certe esperienze può davvero comprendere.




Si sa, le donne hanno un cuore che va oltre gli ostacoli, pronte a tutto per i figli. Noi uomini possiamo solo intuire questo mistero, ma nel nostro piccolo, impariamo a stare accanto, a lottare, a dare il meglio di noi stessi e far loro da scudo.
La vera misura della felicità è la riconoscenza. Grazie ai nostri figli e a persone straordinarie ci siamo incontrati. E attraverso il dolore, siamo diventati fratelli e pienamente adulti.
Abbiamo dormito insieme come ragazzi in gita, giocato a walking soccer, mangiato e bevuto… godendoci ogni istante.
Abbiamo cambiato il nostro sguardo sulle cose fragili. Sono un dono, anche se non facile da accettare. 
Abbiamo scoperto energie straordinarie che non sapevamo di avere.
Abbiamo imparato a donarci senza paura combattendo contro ostacoli e pregiudizi.
Se dovessi scegliere due colori per questo weekend, sceglierei il rosso e il giallo. Il rosso, come il Campari, il vino e la passione che arde nel cuore. Il giallo, come il sole che illumina e scalda.

E mentre osservo i paesaggi della nostra bella Italia, sento il vento, concludo parafrasasando Bob Dylan:

"Quante lacrime deve versare un uomo
 Perché il suo grido venga ascoltato?
E Quante volte un uomo deve alzare lo sguardo
Prima di riuscire a vedere la bellezza delle nostre famiglie?
 La risposta, amico mio, soffia nel vento,
 La risposta soffia nel vento."

Grazie a tutti.

lunedì 10 febbraio 2025

​La tirannia dei valori - Carl Schmitt



La tirannia dei valori è un saggio del giurista e filosofo politico Carl Schmitt, scritto nel 1960, in cui critica l'uso politico dei valori assoluti.

Schmitt sostiene che l'imposizione di valori universali porta inevitabilmente al conflitto, poiché i valori non sono neutrali ma assumono una dimensione combattiva: chi li sostiene tende a imporli sugli altri, trasformando la politica in una lotta morale senza possibilità di compromesso. Secondo Schmitt, mentre le leggi stabiliscono un ordine giuridico stabile e chiaro, i valori sono soggettivi e mutevoli, e la loro assolutizzazione porta a una "tirannia" che giustifica la guerra e la repressione in nome del bene.

Il saggio è una critica all'ideologia occidentale del dopoguerra, che secondo Schmitt usa i valori (come la democrazia e i diritti umani) per legittimare l'intervento politico e militare. Per lui, questa deriva morale mette in crisi la sovranità e il diritto stesso, trasformando il conflitto politico in una guerra senza fine tra "bene" e "male".

venerdì 7 febbraio 2025

Impressioni dopo la lettura dei Promessi Sposi - CAP.36b

Il dialogo tra fra Cristoforo e Lucia si svolge in un momento di grande tensione per la giovane, che aveva fatto un voto alla Madonna di non sposarsi. Fra Cristoforo la interroga con dolcezza, facendole capire che, pur avendo fatto una promessa a Dio, lei non poteva legarsi per sempre a un voto che riguardava anche un altro, in questo caso Renzo, al quale era già legata. Il frate le spiega che la Chiesa ha l'autorità di sciogliere tali voti, specialmente quando sono legati a circostanze particolari e a un amore reciproco, come nel caso di Lucia e Renzo.

Lucia, pur essendo turbata, si rende conto che il suo voto potrebbe essere sciolto, e dopo un momento di esitazione, chiede a fra Cristoforo di liberarla da quell'impegno. Il frate, con l'autorità della Chiesa, dichiara formalmente sciolto il voto di verginità di Lucia, annullando così l'obbligo che si era autoimposto. Renzo, presente al momento, ringrazia con gli occhi fra Cristoforo, ma è evidente la sua emozione. Fra Cristoforo li esorta a proseguire insieme nel cammino della vita, ricordando loro che il matrimonio è un'opportunità per avviarsi verso la consolazione eterna, pur tra le difficoltà della vita terrena.

Il frate offre anche un simbolo del suo sacrificio, un pezzo di pane che aveva chiesto per carità, come segno di un amore che perdona sempre. Infine, si informa sul piano di Lucia e Renzo per il futuro e li benedice, esprimendo il desiderio di essere ricordato nelle preghiere di entrambi. La scena si conclude con un commiato carico di speranza e di fede, mentre fra Cristoforo si allontana con Renzo, augurando loro di vivere una vita piena di carità e gratitudine verso Dio.