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venerdì 17 ottobre 2025

Belli e Ribelli – Adolescenti inafferrabili | Don Maurizio Botta

Belli e Ribelli – Adolescenti inafferrabili

Sono passati dieci anni dal primo incontro intitolato Belli e Ribelli, e nel frattempo due esperienze hanno cambiato profondamente il mio modo di guardare agli adolescenti. La prima è stata l'insegnamento, alle scuole medie e superiori; la seconda, la nascita del libro Adolescenti inafferrabili, scritto con don Andrea Lonardo. È un libretto piccolo, ma nato da anni di fatica e da centinaia di incontri con ragazzi veri, in situazioni reali.

Parlare di qualcosa che si è scritto è sempre un po' imbarazzante, ma di questo libro sono orgoglioso, perché non nasce da teorie o da tavolino: nasce dall'ascolto, dal confronto, da parole scambiate con chi sta vivendo l'età più inquieta e più intensa della vita.

Ricordo quei momenti in cui, alla fine di un incontro, un ragazzo – magari proprio quello che non ti aspettavi – ti si avvicina, ti mette una mano sulla spalla e ti dice semplicemente "grazie". Piccoli gesti che valgono più di mille riconoscimenti.

Verità, dolore e speranza

In questo incontro, più che dieci anni fa, sento il bisogno di essere vero. E quando si dice qualcosa di vero, si rischia di far soffrire. Ma il mio intento non è ferire: è consolare, aprire alla speranza.

Queste parole non sono rivolte solo ai ragazzi, ma soprattutto ai genitori, agli insegnanti, agli educatori. Gli adolescenti di oggi vivono immersi in un mondo dove si parla solo di due estremi: o di un bene idealizzato e irraggiungibile, oppure del male nella sua forma più mostruosa. In mezzo, quasi mai, si parla della lotta — quella continua battaglia tra il desiderio del bene e la spinta verso il male che abita ogni cuore umano.

Il dramma non è sapere, ma trovare la forza

Gli adolescenti sanno benissimo cosa sia l'amicizia vera. Se chiedi loro di descrivere un buon amico, in pochi minuti ti elencano sincerità, lealtà, fedeltà. Il problema non è sapere come dovrebbe essere un amico: è trovare la forza per esserlo.

Sappiamo che mentire è sbagliato, eppure mentiamo. Sappiamo che la pigrizia logora, ma non riusciamo sempre a vincerla. Sappiamo che dovremmo perdonare, ma spesso non ci riusciamo. La domanda vera è: da dove viene la forza per fare il bene?

Non c'è età per questo conflitto: che si abbiano otto, quaranta o ottant'anni, il cuore dell'uomo resta lo stesso. Quando tradi una promessa o inganni qualcuno, ferisci e ti ferisci, a qualunque età.

Lealtà: la prima qualità dell'adulto

Per capire i ragazzi non servono tecniche educative, ma lealtà. Solo un adulto che si mette in discussione può davvero entrare in relazione con loro.

Un catechista o un genitore che si limita a spiegare "le caratteristiche della vera amicizia" non coglie la domanda più autentica dei giovani: ma tu, che mi parli, ce l'hai un vero amico?

I ragazzi respirano da piccoli i nostri giudizi, le nostre contraddizioni, le nostre incoerenze. Eppure, la nostra capacità di vivere relazioni vere — fondate su sincerità, protezione e perdono — è la prima scuola di educazione.

L'amore, secondo Vasco Rossi

C'è un passaggio di un'intervista a Vasco Rossi che sorprende per la sua verità. Diceva:

"L'amore eterno non esiste. Esiste l'amore iniziale, l'attrazione. Poi le cose cambiano. Ma se ami il progetto della famiglia che hai costruito, e pensi al figlio che hai fatto nascere, è giusto dargli almeno vent'anni di serenità con un papà e una mamma. A quel punto devi mettere da parte un po' del tuo ego."

Parole di Vasco, non del Papa. Ma dietro c'è una verità potente: ogni figlio ha diritto a vent'anni di serenità. E quando questo non avviene, quando una separazione spezza quella continuità, il dolore è profondo, anche se non sempre visibile.

È vero: ci sono situazioni in cui la separazione è un sollievo. Ma se è un sollievo, significa che prima c'è stato un dolore enorme. Essere leali, anche qui, significa riconoscere questa sofferenza senza condannare nessuno, ma senza far finta che non esista.

La "pesca" dell'Esselunga

Ricordate la pubblicità dell'Esselunga, quella della bambina che regala al papà una pesca "mandata dalla mamma"? Quello spot ha scatenato polemiche, eppure ha toccato un nervo scoperto. Non perché giudicasse qualcuno, ma perché ricordava una verità elementare: nessun bambino è felice quando i genitori si separano.

Come ha scritto lo psicoterapeuta Alberto Pellai, quel gesto — la pesca che passa di mano — è un'onda che travolge gli adulti, perché mostra il bisogno profondo di unità e di pace dei figli. I bambini sanno che certi dolori non si possono evitare, ma possono essere attraversati e superati, se gli adulti restano alleati, anche da separati.

L'eroismo silenzioso degli adolescenti

Oggi, studiare è un atto eroico. I ragazzi vivono sommersi da distrazioni programmate per catturare la loro attenzione: videogiochi, piattaforme, social, chat infinite.
Un tempo c'era Bim Bum Bam, adesso c'è un universo digitale che non si spegne mai.

Ecco perché chi riesce a concentrarsi, a impegnarsi, a resistere è un piccolo eroe. Essere leali con loro significa riconoscere che affrontano sfide che noi adulti non abbiamo mai dovuto gestire.

Il problema non è "dei giovani". È di tutti. La dipendenza da smartphone, la distrazione continua, la perdita di attenzione sono problemi sociali, culturali, economici. Sono stati costruiti così, scientemente, da chi quegli strumenti li ha progettati per tenerci incollati agli schermi.

Un'infanzia rubata al gioco

La generazione Z è la prima a essere passata da un'infanzia basata sul gioco a un'infanzia basata sul telefono. Il gioco è ciò che, da sempre, costruisce la socialità, la fiducia, la forza. Un tempo uscivamo di casa e imparavamo a gestire la paura, la rabbia, la rivalità.
Oggi molti bambini crescono senza quello spazio di autonomia, e non è colpa loro: è una responsabilità collettiva.

Passione, non lamentele

Spesso si dice che i ragazzi siano apatici, senza interessi. Ma è una grande menzogna. Sono immersi in un mondo che impone di studiare, di adattarsi, di rispondere a mille aspettative. Non dicono "no" alla fede o alla cultura: dicono "no" alla mancanza di passione, alla mediocrità delle nostre proposte.

Gli adolescenti stimano profondamente un insegnante appassionato, uno che crede in ciò che insegna. Non sopportano chi insegna senza vita, chi spiega Van Gogh senza parlare delle sue lettere, chi parla di Dio senza emozione.

Un educatore senza passioni culturali non può educare. Non serve essere eruditi, ma curiosi, vivi, desiderosi di conoscere e di trasmettere. Solo così si accende la scintilla.

Conclusione: la lealtà che salva

Essere leali con i ragazzi significa guardarsi dentro come adulti, riconoscere le proprie fragilità e camminare insieme a loro nella stessa direzione: quella della verità.
Non servono tecniche né moralismi, ma occhi sinceri, capaci di dire: anch'io combatto, anch'io fatico, anch'io cerco la forza per fare il bene.

Solo così gli adolescenti, belli e ribelli, possono sentirsi finalmente compresi.

martedì 14 ottobre 2025

You’ve got to be ballsy to have cerebral palsy | Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.

Lack of oxygen at birth. Some people call it a curse.
Neurological damage. Savage.
But I was born to thrive, not just survive.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
One peak to construct the building blocks of speech.
A flicker of the eye to vocalize.
No. No. No.
I can be louder than you think.

Commitment. Repetition.
My parents' mission was to instill in me the belief to shape the future.
I want to lead.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
You call me superhuman for running my own race.
Get in my face with your puffed-up praise.

It's hard to slog through school when the normies are cruel.
I'm not the butt of your joke — I'm the Joker, you fools.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
Being a stranger in my own body isn't new to me.
The shape-shifting changes, the [] pains,
the bloodbath stains — this teenage [] is tame to me.

I don't spend my time looking for "the one."
I'm up for a bit of fun.
Bet you didn't expect that from me.

If you call me an inspiration,
don't act so surprised when I exceed your flatline expectations.
Time to show CP isn't the only thing on my CV.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
Millions of us — no one the same.
CP is part of our identity.
It doesn't tell the whole story.
It reminds us of how the world ought to be —
a home we're going to build.

So, how about you?
Have you got the spine to join this fight?

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Alcuni la chiamano una maledizione.
Danno neurologico. Spietato.
Ma io sono nato per prosperare, non solo per sopravvivere.

Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.
Un picco per costruire i mattoni del linguaggio.
Un battito d'occhio per vocalizzare.
No. No. No.
Posso essere più forte di quanto pensi.

Impegno. Ripetizione.
La missione dei miei genitori era instillarmi la convinzione di poter costruire il futuro.
Io voglio guidare.

Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.
Mi chiami sovrumano perché corro la mia corsa.
Mi vieni in faccia con le tue lodi gonfie.

È dura arrancare a scuola quando i "normali" sono crudeli.
Non sono lo zimbello delle tue battute — sono il Joker, sciocchi.

Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.
Essere straniero nel mio stesso corpo non è una novità per me.
I cambiamenti che mutano forma, i dolori [],
le macchie di sangue — questa adolescenza [] per me è addomesticata.

Non passo il tempo a cercare "l'anima gemella".
Ho voglia solo di un po' di divertimento.
Scommetto che non te lo aspettavi da me.

Se mi chiami ispirazione,
non fare tanto il sorpreso quando supero le tue aspettative piatte.
È ora di dimostrare che la paralisi cerebrale non è l'unica voce nel mio CV.

Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.
Milioni di noi nessuno è uguale all'altro.
La PC fa parte della nostra identità.
Non racconta l'intera storia.
Ci ricorda come il mondo dovrebbe essere 
una casa che costruiremo.

E tu?
Hai la spina dorsale per unirti a questa lotta?

Dilexi te. Breve commento.

L'Esortazione Dilexi te è una profonda meditazione sull'amore di Cristo per i poveri, sull'identificazione del Signore con gli ultimi e sulla chiamata della Chiesa a condividere questa predilezione divina. Il titolo stesso, "Ti ho amato", ripreso dall'Apocalisse, racchiude il cuore del messaggio: Cristo si rivolge ai poveri, ai deboli e agli esclusi per dire loro che, nonostante la loro fragilità, sono amati in modo unico. In questa parola si manifesta l'essenza stessa del Vangelo, che capovolge le logiche del potere e della ricchezza: Dio sceglie ciò che è piccolo e disprezzato per rivelare la grandezza del suo amore.

Sin dall'inizio, il testo sottolinea che l'amore per i poveri non è un gesto di filantropia o di beneficenza, ma un atto di fede. Non si tratta di un'opzione morale, ma di una verità rivelata: Cristo stesso è presente nei poveri. Quando Gesù dice: "Tutto ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me", rivela che l'incontro con i poveri è l'incontro con Lui. Per questo motivo, ogni gesto di misericordia acquista un valore eterno: ungere il capo del Signore, sfamare chi ha fame, consolare chi soffre — tutto diventa atto d'amore verso Dio stesso.

La Scrittura intera testimonia questa predilezione divina. L'Antico Testamento mostra un Dio che ascolta il grido degli oppressi, che libera gli schiavi, che difende la vedova, l'orfano e il forestiero. Nei profeti, Dio denuncia i ricchi che accumulano e dimenticano i deboli. Tutto questo trova compimento in Gesù di Nazaret, il "Messia povero": nato in una stalla, senza dimora, amico dei peccatori e dei malati. Egli non solo si prende cura dei poveri, ma condivide la loro stessa sorte. "Da ricco che era, si è fatto povero per voi", scrive san Paolo, "perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà". È nella debolezza che Cristo manifesta la potenza dell'amore di Dio.

Questa scelta di Cristo diventa anche il criterio della santità. La parabola del giudizio finale è inequivocabile: saremo giudicati sull'amore concreto verso chi ha fame, sete, è nudo o prigioniero. La fede senza opere è morta; la vera adorazione si compie servendo la carne ferita di Cristo nei poveri. Perciò la Chiesa, se vuole essere fedele al suo Signore, deve essere "povera e per i poveri", come auspicava Papa Francesco. I santi, da Francesco d'Assisi a Vincenzo de' Paoli, da Basilio a Camillo de Lellis, hanno testimoniato che non si può amare Dio senza condividere la sorte degli ultimi.

Anche oggi, la povertà non è solo mancanza di mezzi, ma esclusione, solitudine, perdita di dignità. A questa realtà la Chiesa è chiamata a rispondere non con parole, ma con presenza. Cristo continua a dire ai poveri "Ti ho amato", e attende che i suoi discepoli rendano visibile questo amore con gesti concreti di vicinanza, giustizia e tenerezza. Solo riscoprendo nei poveri il volto di Cristo, la fede ritrova la sua verità, e la Chiesa diventa davvero il segno dell'amore di Dio nel mondo.


Dilexi te. Esortazione apostolica di Leone XIV.

Dilexi te è un forte appello a rimettere i poveri al centro del Vangelo e della vita della Chiesa. Non basta assisterli: occorre riconoscerli come luogo teologico, come presenza viva di Cristo. Solo così la Chiesa può essere fedele alla propria identità, e il mondo può ritrovare giustizia, fraternità e pace duratura.


1. Introduzione

L'esortazione nasce dal progetto lasciato da Papa Francesco, che desiderava proseguire la riflessione di Dilexit nos sull'amore del Cuore di Cristo, applicandola alla cura per i poveri.
Il titolo "Dilexi te" ("Ti ho amato") esprime il messaggio di Cristo rivolto ai poveri: "Hai poca forza, ma io ti ho amato".
L'obiettivo è far percepire il legame inscindibile tra amore di Cristo e prossimità ai poveri, cuore stesso della santità cristiana.

2. Alcune parole indispensabili

Gesù è identificato nei poveri: "Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
L'amore per i poveri non è un'opzione morale, ma un atto di fede e un luogo privilegiato d'incontro con Dio.
Il gesto della donna che unge il capo di Gesù mostra che ogni piccolo atto di amore verso chi soffre ha valore eterno.
Il Vangelo rivela un'unione profonda tra l'amore per Cristo e l'amore concreto verso gli ultimi.
San Francesco d'Assisi è il modello di questa unione tra contemplazione e servizio ai poveri: in essi egli vedeva "il volto del Cristo povero e crocifisso".

3. Il Vangelo dei poveri

La povertà evangelica non è solo mancanza di beni, ma atteggiamento interiore di libertà e fiducia in Dio.
Gesù stesso visse povero, nacque in una stalla, visse senza dimora, e predicò ai poveri la buona notizia.
Il giudizio finale (Mt 25) mostra che l'amore pratico verso i bisognosi è il criterio del giudizio divino.
Nelle lettere apostoliche, la fede senza opere è dichiarata "morta": la carità è la prova della fede viva.
I profeti e gli scritti sapienziali dell'Antico Testamento avevano già rivelato l'importanza della giustizia e della misericordia verso i poveri.

4. Una Chiesa per i poveri

Papa Francesco espresse il desiderio di "una Chiesa povera e per i poveri".
La Chiesa riconosce nei poveri l'immagine del suo Fondatore e serve Cristo servendo loro.
Fin dalle origini, la comunità cristiana si prese cura dei bisognosi: i diaconi furono istituiti per questo compito (At 6,1-5).
La vera ricchezza della Chiesa è la carità vissuta, non il potere o le risorse materiali.
I Padri della Chiesa e i santi hanno continuamente rinnovato questa dimensione, fondando opere di misericordia e difendendo la dignità degli ultimi.

5. La storia della carità cristiana

Nei secoli, la Chiesa ha generato innumerevoli opere di carità: ospedali, scuole, istituti di assistenza, congregazioni religiose.
Figure come San Basilio, San Benedetto, San Vincenzo de' Paoli, San Giovanni Bosco e molte donne consacrate hanno incarnato la carità attiva.
La carità cristiana ha promosso anche cultura e educazione, soprattutto per i più poveri, unendo compassione e giustizia sociale.
La "carità intellettuale" di Rosmini e l'educazione salesiana mostrano che servire i poveri significa anche formare la mente e il cuore.

6. Analisi del mondo contemporaneo

Oggi la povertà assume forme nuove: disuguaglianze, esclusione sociale, sfruttamento economico, precarietà, solitudine.
Le donne, soprattutto povere, subiscono doppie forme di oppressione e discriminazione.
Le ideologie economiche che esaltano il mercato libero e la meritocrazia producono nuove povertà e giustificano l'indifferenza.
La povertà non è frutto del destino o dell'inerzia personale, ma di strutture ingiuste e scelte collettive sbagliate.
È falso pensare che la crescita economica da sola eliminerà la miseria: serve giustizia, equità e solidarietà.

7. Denuncia delle "strutture di peccato"

Le ingiustizie sociali diventano "strutture di peccato" che generano alienazione e indifferenza.
È necessario riconoscere e combattere la "dittatura di un'economia che uccide", che antepone il profitto alla persona.
La mancanza di equità è la radice dei mali sociali.
La Chiesa deve annunciare la verità con coraggio profetico, denunciando i meccanismi economici e politici che negano la dignità umana.

8. I poveri come soggetti

Le comunità emarginate non devono essere solo oggetto di assistenza, ma protagoniste della loro liberazione.
La Conferenza di Aparecida ha affermato che la scelta per i poveri è "inscritta nella fede cristologica".
I poveri possiedono una sapienza propria, un modo "popolare" di vivere la fede che arricchisce tutta la Chiesa.
La vicinanza reale, non l'assistenzialismo, è il cuore dell'amore cristiano: vivere "con" i poveri, non solo "per" loro.
I poveri evangelizzano: la loro fede, vissuta nella precarietà, insegna fiducia e speranza a chi vive nel benessere.

9. Il Buon Samaritano come modello

La parabola del Buon Samaritano è centrale: essa mostra la risposta cristiana all'indifferenza e all'egoismo sociale.
Il Samaritano si ferma, si prende cura, paga di persona: così deve fare ogni discepolo di Cristo.
Le società moderne, invece, spesso "passano oltre", abituandosi a ignorare la sofferenza.
L'invito del Vangelo – "Va' e anche tu fa' così" – è un comandamento permanente per ogni credente e per la Chiesa intera.

10. L'elemosina e la giustizia

Il dono al povero, anche piccolo, resta un gesto essenziale di comunione e umanità.
L'elemosina non sostituisce la giustizia sociale, ma la prepara e la accompagna.
Toccare la carne del povero è incontrare Cristo stesso: "Visitiamo Cristo, curiamo Cristo, sfamiamo Cristo".
Le Scritture esaltano la generosità come via di liberazione personale e sociale.

11. Una sfida permanente

L'amore per i poveri è parte costitutiva della Tradizione della Chiesa: non un tema accessorio ma essenziale.
Ogni riforma ecclesiale è sempre passata da un ritorno alla povertà evangelica.
I poveri non sono "problemi sociali", ma "membri della famiglia di Dio".
L'indifferenza verso i poveri è un segno di malattia spirituale e di perdita della fede viva.
La cura dei poveri deve unire fede, carità e impegno politico, costruendo una società fraterna e giusta.

12. Conclusione

La missione della Chiesa non è solo annunciare il Vangelo, ma farlo diventare vita nella solidarietà e nel servizio.
L'amore di Cristo verso i poveri è la misura della nostra santità e della credibilità della fede cristiana.
Ogni cristiano è chiamato a rendere visibile questo amore: "Dilexi te — Ti ho amato", dice il Signore anche oggi ai più deboli e dimenticati.

mercoledì 1 ottobre 2025

Il segreto di Buffett: la pazienza più che l’abilità.

La palla di neve che costruisce la tua fortuna, tratto da Compounding Quality

Esploriamo come giocare con la neve può farti guadagnare molto denaro.


1. L'effetto palla di neve

Cosa facevi a 11 anni?
Warren Buffett stava comprando la sua prima azione.
Forse è questa la ragione principale per cui tutti conosciamo Buffett invece di altri investitori di successo.

Warren aveva molto tempo per lasciare che la magia della capitalizzazione facesse il suo effetto.

"La sua abilità è investire, ma il suo segreto è il tempo." – Morgan Housel

Non fraintendiamoci: Buffett è un investitore eccezionale.
Ha avuto un rendimento medio del 19,8%. Significa che raddoppiava il capitale ogni 3,6 anni!

Ma cosa sarebbe successo se avesse iniziato a 30 anni e si fosse ritirato a 70?
Mettiamo che avesse iniziato con 100.000 $.
La sua ricchezza sarebbe stata "solo" 137 milioni.
Un numero che sembra alto, ma che in realtà è meno dello 0,1% del suo patrimonio reale.

Il segreto dietro questi numeri? Il potere della capitalizzazione.

La capitalizzazione è come una palla di neve che rotola giù da una collina: all'inizio è piccola, poi diventa sempre più grande e veloce, fino a esplodere in dimensioni enormi.

Ma inizia piccola.
Dopo un po' resta ancora piccola. È lì che la maggior parte delle persone molla. E poi, "all'improvviso", diventa esponenziale.

Il tempo è il tuo miglior alleato come investitore.

"Il denaro genera denaro. E il denaro generato dal denaro, genera altro denaro." – Benjamin Franklin

martedì 30 settembre 2025

Cristo è la nostra pace

Lettera pastorale 2025-2026 Vescovo Erio Castellucci

Il testo si apre con il riferimento al Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2026: «La pace sia con tutti voi: verso una pace disarmata e disarmante». La pace cristiana non nasce semplicemente dagli sforzi umani, pur necessari, ma è dono pasquale del Risorto. L'obiettivo della lettera è tracciare sentieri di pace per le Chiese locali, a partire da Cristo stesso, nostra pace.

sabato 27 settembre 2025

Le mille sfumature dell'apprendere: inclusione e armonia a scuola. #Novara

Esperienza professionale e senso di appartenenza

L'esperienza professionale come maestro rappresenta un luogo forte di appartenenza, un modo per sentirsi parte di qualcosa di importante. Fare il maestro ha un significato profondo e porta con sé l'orgoglio di una professione che lascia un segno indelebile.


mercoledì 24 settembre 2025

I 9 paradossi dell’investimento. #finanza

Il mondo degli investimenti è pieno di contraddizioni. Ciò che sembra intelligente spesso è sbagliato, e ciò che sembra rischioso può rivelarsi la scelta più sicura.

"Investire con successo significa avere tutti d'accordo con te… più tardi." – Jim Grant

mercoledì 10 settembre 2025

Io Credo - Giacomo Biffi

IO

[2.1] Io esisto come un piccolo frammento nella realtà sconfinata del mondo. Eppure sono più grande del mondo, perché il mio pensiero può raggiungere e oltrepassare il mondo, e perché ciò che è nel mondo e che nell'universo non si trova, è ciò che il significato dell'universo. Mi sono stati dati molti doni di vita: ho avuto una nascita, non troppi anni or sono; avrò tra qualche tempo una morte. Eppure il mio pensiero sa valicare questi ostacoli terreni e sono io che mi pongo al di sopra di essi.
Il mio condizionamento da mille istinti interiori e sono manipolato da mille sollecitazioni esteriori. Eppure posso superare tutto e liberamente e a mia scelta, posso pensare e decidere in contraddizione l'una con l'altra, tra una persona e l'altra, tra una persona e tutte le altre.
Nell'unico mio essere c'è dunque qualcosa che mentre è piccolo, effimero, schiavo, c'è qualcosa che mi rende grande, duraturo, libero.
Il linguaggio tradizionale cristiano chiama «corpo» ciò che mentre è piccolo, effimero, schiavo, e chiama «anima» ciò che mi rende grande, duraturo, libero.
Io sono composto di anima e di corpo.

mercoledì 6 agosto 2025

Samaritani e costruttori di futuro. Antonio Trabacca.

Il cambiamento a cui siamo chiamati: camminare accanto a ragazze e ragazzi che non chiedono compassione, ma opportunità.

Temi principali:

Progressi scientifici: Viene sottolineata l'importanza della conoscenza e della ricerca in campi come la neurobiologia, la genetica e le neuroscienze per migliorare diagnosi e trattamenti delle disabilità.

Ruolo dei caregiver: Si riflette sulla figura del Buon Samaritano come simbolo di cura e impegno attivo, non solo di compassione.

Approccio alla disabilità: L'articolo propone una visione che va oltre la pietà, focalizzandosi sulla necessità di offrire opportunità reali a ragazze e ragazzi con disabilità.

Inclusione e servizi: Viene evidenziata l'urgenza di costruire comunità inclusive, potenziare i servizi e valorizzare le capacità di ciascuno.

Messaggio chiave: Non basta compatire, bisogna agire. Camminare al fianco dei più giovani con attenzione, ascolto e fiducia nelle loro potenzialità è il vero cambiamento.

martedì 5 agosto 2025

L'insieme ha bisogno di ciascuno. Sergio Massironi.

Il testo di Sergio Massironi (direttore della ricerca internazionale "Fare teologia dalle periferie esistenziali") riflette sul significato autentico della speranza, mettendo in guardia contro l'uso superficiale di questa parola. Sperare non significa abbandonarsi all'illusione, ma rifiutare la rassegnazione e accogliere la possibilità del cambiamento. La speranza autentica implica realismo e memoria del bene vissuto, è alternativa a un futuro già scritto, e nasce solo se si ha il coraggio di distaccarsi dal cinismo e di credere nel nuovo.

Questo atteggiamento ha radici profonde nel messaggio cristiano, soprattutto grazie all'impulso di figure come papa Francesco e il nuovo papa Leone, e si concretizza nella visione di un'umanità come famiglia. Da questa visione nasce la convinzione che il bene non è mai un'azione isolata, ma ha sempre un impatto sull'intero: "Ognuno dà la propria impronta all'intera umanità e anche i limiti, soprattutto i limiti, ci fanno incontrare".

lunedì 4 agosto 2025

Giovanni Paolo II Tor Vergata 2000

Il discorso di Giovanni Paolo II, rivolto ai giovani, è un'esortazione intensa e appassionata alla fede cristiana vissuta con radicalità, coerenza e speranza. 

Il Papa chiama i giovani ad essere protagonisti del futuro con il coraggio della fede. Seguendo Cristo, potranno costruire una vita piena di senso e contribuire a rendere il mondo più umano. In un tempo di sfide, il Vangelo diventa bussola, e Gesù la risposta vera al desiderio di bellezza, amore e giustizia che abita il cuore.



1. Seguire Gesù oggi richiede coraggio e fedeltà

Credere in Cristo nel mondo contemporaneo è una scelta impegnativa, che può comportare contrasti con la mentalità dominante. Anche se non sempre è richiesto il martirio fisico, viene chiesta una testimonianza quotidiana, a volte difficile, fatta di fedeltà, coerenza e coraggio controcorrente. È una forma di "nuovo martirio", vissuto nella normalità della vita: nei rapporti affettivi, nell'amicizia, nella vocazione religiosa, nella solidarietà e nella promozione della dignità umana.

2. Fede come sfida quotidiana, non come rifugio

Nel mondo di oggi è difficile credere. Il contesto culturale e sociale non facilita la fede, ma con la grazia di Dio è possibile vivere questa sfida. La fede non è un ripiego, ma una chiamata a vivere in pienezza, affrontando la realtà con verità, purezza e amore.

3. Il Vangelo è la guida per la vita

Il Vangelo deve essere letto, meditato e vissuto. È lì che si incontra Gesù. Solo ascoltando la sua Parola nel silenzio, nella preghiera e con l'aiuto di guide spirituali, si può scoprire il senso profondo dell'esistenza e si trova la forza per seguirlo.

4. Gesù è la risposta al desiderio di felicità e autenticità

I sogni di felicità, di bellezza, di verità, di giustizia e radicalità che portiamo dentro, sono in realtà una ricerca di Cristo. Egli è la fonte del desiderio di autenticità, dell'anelito alla grandezza e al rifiuto della mediocrità. Gesù è colui che chiama ciascuno a diventare sé stesso nella verità.

5. La vita cristiana non si vive da soli

Nel cammino di fede nessuno è solo. La comunità cristiana — fatta di famiglie, educatori, sacerdoti e compagni di cammino — sostiene e accompagna ciascuno. Nella lotta contro il male, tanti altri condividono la stessa battaglia e trovano forza nella grazia di Dio.

6. I giovani sono "sentinelle del mattino"

Il Papa affida ai giovani un compito profetico: essere le sentinelle del mattino, cioè coloro che, all'alba del terzo millennio, vigilano, indicano la luce, preparano un futuro diverso. Dopo un secolo segnato da ideologie distruttive e guerre, essi sono chiamati a costruire un mondo di pace, giustizia, rispetto della vita e solidarietà. Dire "sì" a Cristo significa dire "sì" ai più alti ideali umani.

7. Il "sì" a Cristo apre la strada a un futuro umano e fraterno

Seguire Cristo non significa rinunciare alla propria umanità, ma realizzarla pienamente. È un atto di fiducia e libertà che orienta tutta la vita verso il bene. Il Papa incoraggia a non avere paura di questo impegno, perché Cristo accompagna, guida e sostiene in ogni circostanza.

8. L'esempio di Maria e dei santi come modello

Infine, il Papa affida i giovani alla protezione di Maria, che ha detto "sì" a Dio con fiducia totale, e dei santi Pietro, Paolo e di tutti i testimoni della fede. La loro vita è testimonianza che il cammino cristiano è possibile e fecondo.

sabato 26 luglio 2025

Ciò che non va nel mondo. #Chesterton.

Riflessioni di J.K. Chesterton tratte dal libro "Ciò che non va nel mondo" del 1910.


Pertanto, ritengo che i comuni metodi sociologici siano del tutto inutili: non serve a nulla dissezionare la pover­tà nera o catalogare la prostituzione. Tutti noi detestiamo la povertà estrema; le cose potrebbero cambiare se comin­ciassimo a discutere di una povertà indipendente e nobile. Tutti disapproviamo la prostituzione, ma fra noi non tutti approvano la castità. L'unico modo per discutere dei mali sociali è intendersi prima possibile sull'ideale sociale da conseguire. Siamo tutti in grado di vedere la follia nazionale? Che cosa non va nel mondo? A questa domanda si può rispondere subito: ciò che non funziona, ciò che è sbagliato, è che non ci domandiamo che cosa sia giusto.

Rapporto sulla fede. #BenedettoXVI #Messori.

Alcuni passi tratti dal libro intervista del 1985:


« Non sono i cristiani che si oppongono al mondo. È il mondo che si oppone a loro quando è proclamata la verità su Dio, su Cristo, sull'uomo. Il mondo si rivolta quando il peccato e la grazia sono chiamati con il loro nome. Dopo la fase delle "aperture" indiscriminate, è tempo che il cristiano ritrovi la consapevolezza di appartenere a una minoranza e di essere spesso in contrasto con ciò che è ovvio, logico, naturale per quello che il Nuovo Testamento chiama — e non certo in senso positivo — "lo spirito mondano". È tempo di ritrovare il coraggio dell'anticonformismo, la capacità di opporsi, di denunciare molte delle tendenze della cultura circostante, rinunciando a certa euforica solidarietà post-conciliare ».

« In questa visione soggettiva della teologia, il dogma è spesso considerato come una gabbia intollerabile, un attentato alla libertà del singolo studioso. Si è perso di vista il fatto che la definizione dogmatica è, invece, un servizio alla verità, un dono offerto ai credenti dall'autorità voluta da Dio. I dogmi — ha detto qualcuno — non sono muraglie che ci impediscano di vedere; ma, al contrario, sono finestre aperte sull'infinito ».

domenica 13 luglio 2025

​La tua vita e la mia. don Alberto Ravagnani.

Alberto Ravagnani è nato nel 1993 a Brugherio, in Brianza, ed è prete dal giugno 2018. Per colpa (o merito) del lockdown, che lo aveva costretto a restare lontano dai suoi ragazzi dell'oratorio San Filippo Neri, a Busto Arsizio, e dagli studenti del liceo "Arturo Tosi", dove insegna religione, in poco tempo è diventato un comunicatore molto popolare (su TikTok, su Instagram e su YouTube, con il seguitissimo podcast "Viva la Fede"), riuscendo a fare dei social uno strumento al servizio della pastorale.

Sinossi
Federico ha quasi diciassette anni, vive in una bella casa a Busto Arsizio, i suoi genitori sono stimati professionisti, frequenta il Classico e trascorre il tempo libero tra l'oratorio San Filippo, le feste con gli amici e il cazzeggio sui social. Sempre a cavallo della sua inseparabile Graziella, ereditata dalla nonna. Riccardo i diciotto li ha già compiuti, vive in una zona popolare di Busto e la scuola l'ha lasciata. Non ha mai conosciuto il padre, la mamma è ricoverata in un centro tumori, ha una sorellina di sette anni che adora – ricambiato – e della quale deve prendersi cura. Per aiutare la famiglia con i soldi fa il rider ma, quando capisce che ancora non basta, entra in brutti giri. Niente calcio, niente PlayStation, non ha né il tempo né la testa. Non si fida di nessuno perché nessuno gli ha mai fatto dono di niente. Due così dovrebbero cordialmente detestarsi (soprattutto se si innamorano della stessa ragazza, che sceglie Riccardo), e infatti è proprio quello che succede. Solo che poi don Andrea, il giovane parroco di San Filippo che gira in centro su un monoruota elettrico e che non disdegna Instagram per parlare al cuore dei suoi ragazzi, ci mette lo zampino. E forse non solo lui. Tra mille diffidenze reciproche, Federico e Riccardo iniziano a scrutarsi, poi si avvicinano, infine diventano amici inseparabili. Ma lo saranno per sempre? Don Alberto Ravagnani, divenuto popolare sui social per i suoi video su YouTube che parlano di fede, ci consegna una storia sincera, divertente e dura allo stesso tempo, che ha scritto grazie alla sua esperienza di vita tra i ragazzi e a una capacità unica di raccontare il loro mondo.

lunedì 7 luglio 2025

Chi sogna nuovi gerani? Guareschi


1) SPIRITO e COSCIENZA

Gli appunti e i ricordi personali rappresentano una sorta di riserva spirituale da tenere in serbo per i momenti più difficili. In questo senso, la provincia assume il ruolo di riserva intellettuale, artistica e spirituale del Paese: è dalla mente, non dalla forza, che nascono le cose più autentiche e durature.

"La voce del Cristo non è che la voce della mia coscienza."
Questo principio è alla base di una visione in cui l'uomo, anche se parte della massa, deve essere stimolato a pensare con la propria testa, ad ascoltare la propria coscienza. Le direttive collettive vanno seguite solo finché non contrastano con principi sani e onesti. L'obbedienza cieca deve trasformarsi in un'obbedienza ragionata: il vero dovere è obbedire alla propria coscienza, come individui.

Il comunismo, nel tentativo di risolvere un problema, ne genera uno più grande: quello dell'annullamento della persona. Per questo, buon senso e coscienza diventano strumenti indispensabili. Dio è presente ovunque, e la croce è la bandiera che unisce tutti noi: la difesa dell'idea cristiana coincide con la lotta contro ogni forma di dittatura, a tutela dei valori spirituali della patria.

Dio ci ha donato una personalità e una coscienza: al momento della morte saremo soli davanti a Lui a rendere conto delle nostre azioni. È lo spirito a contare, e Dio saprà proteggerci. "Io bado molto alla mia coscienza." La coscienza è come una signora con cui bisogna tenere costantemente un appuntamento.

Obbedisco agli ordini della mia coscienza, in quanto padre di famiglia, italiano e cattolico. La politica deve essere fatta con il cervello, non con il fegato; essa non è fede, ma ragionamento. Dio non giudicherà i partiti, ma ogni uomo, per ciò che ha pensato e fatto. Egli ci ha dotati di coscienza e personalità, ed è quindi contro ogni forma di collettivismo.

Il benessere e il progresso hanno impoverito la vita spirituale: è molto più difficile essere semplici che complicati. "La televisione crea dal nulla valori e idoli per un generale abbassamento del livello intellettuale e spirituale della massa." La pubblicità ostacola la libera scelta dell'individuo, alimentando il conformismo. Ci hanno sottratto il tempo libero, e l'unica libertà concessa nella società dei consumi è fare ciò che fanno tutti gli altri. È un'ingiustizia: spersonalizzare l'individuo, ridurlo, per creare quel "cretino medio" su cui radio, TV e propaganda modellano i programmi.

 

2) LIBERTÀ e RESPONSABILITÀ

"Io sono per la Libertà." Difendere la libertà è un dovere, perché essa non muore: nessuno può portarci via ciò che abbiamo conquistato con la sofferenza. È essenziale insegnare ai figli il rispetto per la dignità personale. La libertà non è un luogo, ma uno stato d'animo: esiste ovunque viva un uomo che si senta davvero libero.

Assumersi le proprie responsabilità e agire in coerenza con la propria personalità è parte fondamentale della libertà. Essa comporta lotta, fede, sacrifici, fatica, studio, lavoro: tutto questo illuminato dall'intelligenza e da un fine. La libertà non si accorda con l'inerzia né con l'inettitudine.

La vera libertà si manifesta nel rispetto di sé stessi, degli altri e delle leggi fondamentali che regolano la convivenza secondo Dio e secondo i principi della civiltà. "Amerai il prossimo tuo come te stesso. Questa è la legge."

"Nel lager ho imparato come sia bello e virile, come sia civile dire pubblicamente cosa si pensa, specialmente quando ciò comporti un grave rischio."

 

3) LA VITA DELL'UOMO E DIO

"Prendo il grande vizio di lavorare e non me ne libererò più." L'atteggiamento giusto nella vita è essere sempre pronti, vivere con umiltà e riconoscenza. Anche la sofferenza, nella sua durezza, può essere dono: "La sofferenza è un acido che avvelena i muscoli e le ossa, ma ripulisce l'anima, e si vede tutto con altri occhi."

La vita non va semplificata oltre misura: molte grandi sciagure sono nate dal tentativo di pianificare il mondo in modo troppo razionale. Sul vuoto non si costruisce nulla. Occorrono fede e pazienza.

"Gli italiani non hanno imparato nulla dalla guerra. È triste: nelle guerre imparano qualcosa solo i morti."
Eppure Dio sa come vanno le cose, e questa consapevolezza offre pace. Dio esiste e "funziona bene da secoli." È "pigro, ma giusto." Sperare di essere in comunione con Lui è la vera speranza.

L'uomo è l'essere più irragionevole del creato: Dio ha mandato il Figlio per salvarci, e l'abbiamo crocifisso. Nessuno ha mai mandato un salvatore per gli animali, che si comportano con maggiore ragionevolezza.

La vita, per l'uomo, è una salita: chi si impegna di più arriva più avanti e più in alto.

 

4) I CATTIVI EDUCATORI

I genitori spesso sono cattivi educatori, o per sentimentalismo, o per pigrizia. È molto più faticoso educare un figlio alla lotta per la vita, che mantenerlo in casa fino ai trent'anni come se fosse ancora un bambino. Costa meno regalargli un patrimonio che insegnargli come si conquista e si amministra. Il risultato è il figlio "vendicatore", che dovrà fare o avere ciò che i genitori non hanno fatto o avuto.

 

5) LA DONNA EMILIANA

La donna emiliana è schietta, vivace, formosa, non sofisticata: non necessariamente contadina, ma semplice e vera. La sua bellezza è "una questione di quantità".

"Le mogli soffrono quando il marito viaggia solo: hanno una terribile paura che si diverta."

domenica 29 giugno 2025

I genitori italiani, per la stragrande maggioranza, sono dei cattivi educatori. #Guareschi


Siamo in tempi di furibonda demagogia e ci tengo a precisare che non sono mai stato un proletario. Io, allora, ero semplicemente un borghese povero mentre ora sono un borghese benestante. A tal proposito, mentre non so se si possa dire che pro letario è chi lavora per vivere e borghese è chi vive per lavorare, so con certezza che, oggi, in Italia, coloro i quali si proclamano con maggior furore campioni del proletariato e spietati nemici della borghesia appartengono alla grassa borghesia, mentre gli autentici proletari aspirano tutti a diventare dei borghesi.

I genitori italiani, per la stragrande maggioranza, sono dei cattivi educatori. Vuoi per eccesso di sentimentalismo, vuoi per ignoranza, vuoi per pigrizia. È infatti assai più faticoso educare un figlio, attrezzarlo per combattere validamente la lotta per la vita, che trattarlo fino a trent'anni come un bambino.

Costa assai meno regalare al figlio un patrimonio che insegnargli come si conquista e si amministra un patrimonio.

venerdì 20 giugno 2025

I limiti della conoscenza scientifica

Questi tre pensatori, da prospettive diverse, mettono in luce che la conoscenza scientifica ha limiti intrinseci:
Gödel: limiti logico-matematici interni ai sistemi formali.
Heisenberg: limiti fisici nella misurabilità del mondo reale.
Popper: limiti epistemologici nella provabilità definitiva delle teorie.
Tutti contribuiscono a una visione realistica e critica della scienza: potente, ma non onnipotente.

giovedì 19 giugno 2025

La fede è luce, non oscurità

La fede è luce, non oscurità: il vero illuminismo parte dal Vangelo.

C'è un pregiudizio diffuso secondo cui fede e ragione sarebbero in conflitto. Ma è un errore. Come ha sottolineato Joseph Ratzinger, la fede cristiana si rivolge innanzitutto alla ragione: la provoca, la illumina, la amplia. La scienza non esclude Dio, e Dio non esclude la scienza. Sono piani diversi, ma complementari.

Dio non si impone: si lascia cercare. È nascosto, ma non assente. Se lo cerchiamo, è perché in qualche modo lo abbiamo già incontrato, come diceva Sant'Agostino. La ragione stessa, se onesta, arriva a riconoscere i suoi limiti e apre alla possibilità del Mistero — come affermava Pascal.

Il cristianesimo non è un'illusione. È l'incontro con una persona concreta: Gesù di Nazaret. Un uomo che ha vissuto l'amore fino al dono totale, che ha perdonato, guarito, accolto, e che ha proclamato la salvezza per tutti, anche per i nemici. Una figura unica nella storia. Non è un mito inventato: nessuno avrebbe costruito una religione su un condannato a morte, umanamente fallito.

I Vangeli non sono leggende: sono testimonianze radicate nella storia. Non nascondono le debolezze dei discepoli, né le discrepanze nei racconti. Questo è un segno di autenticità. Anche l'archeologia e gli studi storici hanno confermato molte informazioni contenute nei testi sacri.

La fede cristiana ha trasformato la cultura: ha dato valore a ogni persona, ha rivoluzionato la visione della donna e del bambino, ha messo al centro i poveri, ha predicato l'amore per i nemici. Ha ispirato ideali di uguaglianza, giustizia e libertà che hanno influenzato persino il pensiero laico e le rivoluzioni moderne.

Gesù non ha spiegato tutto il mistero del male e della sofferenza, ma lo ha condiviso. Ha scelto la via della croce: l'onnipotente che si fa servo. Questo capovolgimento è la chiave per comprendere perché la fede cristiana continui a parlare anche oggi.

I cristiani, certo, hanno sbagliato nella storia, spesso tradendo il Vangelo. Ma il messaggio di Cristo rimane intatto: non un sistema ideologico, ma una proposta concreta di vita, centrata sull'amore.
A differenza delle ideologie moderne, nate nei salotti intellettuali e finite nel fallimento, il cristianesimo ha resistito. Perché non è una teoria, ma un incontro vivo. È una luce che non abbaglia, ma illumina. E lascia comunque spazio alla libertà: abbastanza luce per chi vuole credere, abbastanza buio per chi non vuole.
Come ha detto Pascal, senza questo Mistero, l'uomo resta ancora più incomprensibile.

​Morte e Miseria

Credo che dovremmo imparare a vivere partendo dalla consapevolezza della morte, dal pensiero del momento in cui ci separeremo su questa terra. Solo assumendo questa prospettiva, il tempo che ci rimane potrà essere vissuto in modo pieno, autentico. Oggi invece viviamo immersi nel presente immediato, concentrati sulle fatiche quotidiane, sulle offese ricevute, su questioni piccole e mediocri. Ma se ogni giorno lo affrontassimo con lo sguardo rivolto alla nostra fine, forse riusciremmo a dare alle cose e agli eventi il giusto peso, a non sprecare ciò che conta davvero.

Cristo ci ha liberati dalla morte e dal peccato attraverso la sua morte e risurrezione. Siamo arrivati fin qui per la sua Grazia, che ci ha guidati passo dopo passo. La sofferenza rimane una certezza che ancora ci attende; non possiamo illuderci di evitarla. La pace, se è vera, è fatta di gioia e dolore in parti uguali. Possiamo sperare di conoscere ancora gioie, ma dobbiamo accettare che non siano mai garantite.


La tua mamma, i bambini sperduti, i giovani malati: sono volti e storie che ci ricordano la fragilità della vita, la sua caducità. Di questa consapevolezza dobbiamo farne tesoro, come una luce che orienta il cammino. Eppure, la nostra società evita di pensare alla morte e alla sofferenza, ma nel farlo ha smarrito anche la speranza, e spesso cade nella disperazione. Solo l'amore resta, solo ciò che è stato vissuto con amore ha un valore che non si perde.


Per questo, preghiamo il Signore perché ci insegni le sue vie. Siamo chiamati a cambiare il nostro sguardo, perché solo così potrà cambiare anche la realtà attorno a noi. La vita è spesso una battaglia interiore, una guerra segreta combattuta contro l'orgoglio, contro ciò che ci separa dagli altri e da Dio. Ma dentro questa lotta possiamo scoprire la Misericordia, una Misericordia che si fa presente nella nostra storia attraverso Gesù.


Davanti ai grandi "perché" della vita, non siamo costretti a restare paralizzati nel dolore: possiamo scegliere di non fissare lo sguardo solo sulla miseria, ma di portare quella miseria – le nostre ferite, i torti subiti, i rancori, i rimorsi, i peccati – davanti a Cristo. Non possiamo permetterci di accumulare odio, di restare prigionieri del risentimento. L'incontro con Gesù è ciò che può trasformare la miseria in occasione di salvezza. E questa è la strada su cui siamo chiamati a camminare.


mercoledì 18 giugno 2025

Famiglia Ulma

Monsignor Gądecki, presidente dei vescovi polacchi, ha introdotto il libro dedicato alla famiglia Ulma, beatificata per aver nascosto ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Józef e Wiktoria Ulma, insieme ai loro sette figli – incluso uno ancora nel grembo materno – furono uccisi dai nazisti per il loro gesto eroico. Per la prima volta, la Chiesa ha beatificato un nascituro, riconoscendone il martirio attraverso il "battesimo di sangue". Questo evento rappresenta un forte segno di speranza per i genitori che perdono figli prima della nascita e un esempio luminoso di amore cristiano vissuto fino all'estremo sacrificio.



martedì 17 giugno 2025

Cinque consigli del Cardinale Sarah di fronte alla crisi della fede

Il card. Sarah ha denunciato l'attuale confusione dottrinale nella Chiesa . Ha proposto cinque consigli:

1. Radicarsi nella Parola di Dio, riconoscendola come l'"arma principale" nel combattimento spirituale, citando Mt 4,1‑11 .

2. Pregare costantemente, frequentare Messa e confessione, prendendo esempio dal Papa emerito Benedetto XVI negli ultimi anni di vita .

3. Discernere criticamente: il mondo moderno, pur sensibilizzato su ecologia e ambiente, promuove parallelamente aborto, eutanasia e omosessualità .

4. Accogliere il silenzio interiore, necessario per entrare nella presenza di Dio, superare distrazioni e sconfiggere la "guerra satanica" della modernità occidentale .

5. Resistere all'ideologia del transumanesimo, che – secondo Sarah – mira a trasformare l'uomo in una macchina, ignorando la sua identità creata da Dio .


lunedì 16 giugno 2025

Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Benedetto XVI

Spesso sembra che la scienza – le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l'esegesi della Sacra Scrittura) dall'altro – siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza...

Sono ormai sessant'anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede.

Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

domenica 15 giugno 2025

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! - Carretto

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!... Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità... Non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te...
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che aver fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era come un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nell'umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io. E poi che cosa contano le pietre? Ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo è capace di fare la Chiesa con delle pietre mal tagliate come siamo noi. Solo lo Spirito Santo può tenerci uniti nonostante noi, nonostante la forza centrifuga che ci è data dal nostro orgoglio senza limiti.

Carlo Carretto

Educazione - Benedetto XVI

In una società e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo – il relativismo è diventato una sorta di dogma –, in una simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera "autoritario", e si finisce per dubitare della bontà della vita – è bene essere uomo? è bene vivere? – e della validità dei rapporti e degli impegni che costituiscono la vita.
Come sarebbe possibile, allora, proporre ai più giovani e trasmettere di generazione in generazione qualcosa di valido e di certo, delle regole di vita, un autentico significato e convincenti obiettivi per l'umana esistenza, sia come persone sia come comunità?

Perciò l'educazione tende ampiamente a ridursi alla trasmissione di determinate abilità, o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere. Così sia i genitori sia gli insegnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata.

Ma proprio così non offriamo ai giovani, alle nuove generazioni, quanto è nostro compito trasmettere loro. Noi siamo debitori nei loro confronti anche dei veri valori che danno fondamento alla vita...

In un simile contesto l'impegno della Chiesa per educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Signore Gesù assume più che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine alla sfiducia e a quello strano "odio di sé" che sembra diventato una caratteristica della nostra civiltà.

È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via che sarete più in sintonia con il mondo. Vattimo

Questa citazione attribuita a Gianni Vattimo esprime una critica provocatoria ma lucida al processo di modernizzazione della Chiesa cattolica, in particolare a partire dal Concilio Vaticano II. Riassumendo il pensiero del filosofo:

"Cattolici,... restaurate, non riformate. È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via,... che sarete più in sintonia con il mondo... Chi avete convertito, da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata?"

"Restaurate, non riformate": Vattimo sembra suggerire che i cattolici non dovrebbero cercare una riforma all'insegna della modernità, ma piuttosto un ritorno alla ricchezza spirituale, teologica e culturale della Tradizione.

"Una Tradizione che tutti vi invidiano": qui si riferisce al patrimonio liturgico, filosofico e artistico che ha caratterizzato il cattolicesimo per secoli, e che secondo lui è stato trascurato o abbandonato.

"Avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata": accusa la Chiesa di essersi adattata troppo al mondo moderno, laico e relativista, perdendo in forza e identità, senza ottenere in cambio conversioni o credibilità.

Contesto filosofico

Gianni Vattimo, filosofo del pensiero debole e dichiaratamente non credente in senso tradizionale, ha però mostrato grande interesse per il cristianesimo come fatto culturale e storico. In alcuni scritti ha perfino difeso la necessità di un ritorno alla dimensione sacrale e simbolica della fede, pur in una prospettiva postmoderna. Questo tipo di affermazioni va quindi letto non tanto come un invito al fondamentalismo, ma come una critica alla perdita di identità della Chiesa nel tentativo di "secolarizzarsi" per restare rilevante.

Implicazione paradossale

Il paradosso (voluto) è che proprio un pensatore laico, postmoderno e critico nei confronti della metafisica, invita i cattolici a essere più cattolici, non meno. A non cercare di piacere al mondo moderno, ma a essere fedeli alla propria essenza — perché è in quella differenza, e non nella somiglianza, che si gioca la vera forza della testimonianza cristiana.

sabato 14 giugno 2025

"Il cervello che guarda il cielo" – Vittorino Andreoli

In Il cervello che guarda il cielo, Vittorino Andreoli esplora il legame profondo tra la biologia dell'uomo e la sua tensione verso la trascendenza, proponendo l'idea che il bisogno di Dio sia inscritto nella struttura stessa del cervello umano. Non si tratta solo di un anelito spirituale, ma di una dinamica concreta, radicata nella nostra neurofisiologia: la trascendenza, infatti, non è un concetto astratto, ma una componente essenziale della natura umana.


mercoledì 11 giugno 2025

​Senza Freni di Maurizio Botta



dalla prefazione di Franco Nembrini

Padre Maurizio Botta non si accontenta di restare in superficie: il suo sguardo penetra con lucidità dentro le contraddizioni della vita contemporanea. Uno dei tratti centrali della sua riflessione è il desiderio universale – e insieme illusorio – di mantenere tutto sotto controllo. Tutti cerchiamo di governare le nostre emozioni, le relazioni, le circostanze. Ma i santi, al contrario, rinunciano a questo dominio: accettano la propria impotenza, riconoscono con umiltà il limite della propria condizione umana, sapendo che non possono prolungare la propria vita nemmeno di un minuto. Ed è proprio in questa resa consapevole che risiede la loro straordinaria razionalità.

I santi sono inafferrabili, non si lasciano fermare da nulla. Vivono nella piena libertà di chi è stato liberato da due grandi paure: quella della morte e quella di non essere amato. Per questo sorridono davvero, perché hanno consegnato la vita a qualcosa – o meglio, a Qualcuno – che va oltre ogni tentativo di controllo.

Viviamo in un'epoca in cui uno dei valori più celebrati è l'autonomia. Ci viene insegnato che dobbiamo fare tutto da soli, che non è mai necessario ringraziare nessuno, che ogni conquista è solo frutto delle nostre forze. Ma questa corsa all'indipendenza ci conduce inevitabilmente all'infelicità, perché dimentichiamo la gratitudine. Non sappiamo più dire grazie per i doni che il presente ci offre, piccoli o grandi che siano.

Padre Maurizio invita a una rivoluzione interiore: imparare l'arte del godere delle cose semplici, lasciandoci sorprendere dalla generosità della vita. Questo è possibile solo se si rinuncia all'ossessione del controllo e si accoglie ogni giorno come un dono. La gratitudine, in questo senso, diventa una vera e propria terapia: ci aiuta a gustare il momento presente, a viverlo con pienezza.

Un altro invito provocatorio è quello a rinunciare all'idea distorta di giovinezza che ci viene continuamente proposta. È una giovinezza artificiale, costruita su illusioni e pretese, che genera solo confusione e insoddisfazione. Serve invece il coraggio di dichiararsi adulti, di assumersi responsabilità reali. Diventare adulti significa anche saper trasmettere – soprattutto da anziani – quella pace profonda che nasce dalle battaglie interiori affrontate e vinte, grazie a Dio.

Padre Maurizio denuncia anche la spettacolarizzazione dell'infanzia: i bambini vengono trattati troppo presto come piccoli adulti in alcuni aspetti, e in altri – quelli essenziali alla loro crescita – restano eternamente infantilizzati. È fondamentale offrire loro confini chiari, limiti netti. I bambini si legano profondamente a chi riesce a porre questi limiti con fermezza ma anche con dolcezza. Sentono che lì c'è amore vero, lì si sentono al sicuro.

In tutto questo, risuona una proposta radicale eppure profondamente umana: accontentarsi, non nel senso di rassegnarsi al poco, ma nel senso di godere profondamente di ciò che la vita offre ogni giorno. Questo è il cuore di una spiritualità concreta e liberante: mollare le redini del controllo e vivere con gratitudine ogni singolo istante donato.

lunedì 26 maggio 2025

San Filippo Neri


San Filippo Neri, nato a Firenze nel 1515, fu una figura centrale nella Roma del Cinquecento, caratterizzata da profondi cambiamenti religiosi e culturali. Trasferitosi a Roma, si dedicò inizialmente agli studi teologici e alla direzione spirituale, impegnandosi soprattutto con le classi meno abbienti. Nel 1548, insieme al suo confessore, fondò la Confraternita della Santissima Trinità per assistere poveri e pellegrini. Ordinato sacerdote nel 1551, avviò l'esperienza pastorale che lo rese celebre: l'Oratorio. Questo luogo, che riuniva giovani di strada per giocare, cantare e pregare, si sviluppò attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vallicella, divenendo un punto di riferimento spirituale.

L'Oratorio di Neri si distinse per la sua secolarità, non richiedendo voti o giuramenti, ma basandosi sul vincolo di carità e amicizia tra persone di diverse condizioni sociali. Questo modello innovativo ebbe un profondo impatto sulla Chiesa, influenzando la riforma religiosa del periodo. Filippo Neri, noto per il suo carattere gioioso e scherzoso, divenne il "santo della gioia" e il "giullare di Dio". Alla sua morte nel 1595, il culto di Neri si diffuse rapidamente a Roma, e nel 1622 fu canonizzato. La sua vita ha ispirato film e sceneggiati che ne hanno celebrato l'eredità spirituale e sociale.

San Filippo Neri (1515-1595) è una delle figure più amate e conosciute della Chiesa cattolica, noto per la sua gioia contagiosa, il senso dell'umorismo e la profonda spiritualità. Ecco le sue principali caratteristiche e tratti distintivi:

lunedì 12 maggio 2025

​Cori da “La Rocca” | Cap. 6-10

Capitolo 6 – La profezia e la lotta permanente

Il Cristianesimo non ha finito la sua lotta nel mondo. Non si tratta di una battaglia confinata al passato: è un confronto perenne, che si rinnova in ogni generazione, in ogni cuore, in ogni cultura. Il Tempio deve essere continuamente riedificato, perché è continuamente minacciato, logorato, dimenticato.

Eliot, con tono profetico, rompe l'illusione moderna che la fede possa ormai considerarsi acquisita o superata. La persecuzione dei cristiani non è una pagina chiusa, ma una realtà ricorrente sotto forme sempre nuove: disprezzo, marginalizzazione, ridicolo, esclusione.

Egli denuncia l'utopia ingenua di chi sogna sistemi talmente perfetti da non aver più bisogno della bontà personale, della conversione del cuore. È la tentazione antica e moderna di sostituire la redenzione con l'ingegneria sociale, la Grazia con la tecnica, Dio con l'ideologia.

Ma il Cristianesimo è proprio l'antitesi di ogni utopia: non promette una salvezza costruita dall'uomo, bensì annuncia la presenza salvifica di Dio dentro le ferite della storia. Eliot sa che si tratta di realismo, non di pessimismo: leggere l'umano senza illusioni, con la ragione aperta alla verità del limite e del desiderio.

Per questo il poeta osa domandare: perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero accogliere le sue leggi, i suoi richiami scomodi? La risposta è paradossale: la Chiesa ricorda loro ciò che vorrebbero dimenticare – il male, la morte, il peccato, la necessità del perdono. Dove l'uomo vorrebbe essere duro, essa chiede tenerezza; dove vorrebbe essere indulgente, essa richiama alla giustizia.

L'uomo che è viene oscurato dall'uomo che pretende di essere. Ma il Figlio dell'Uomo non è stato crocifisso una volta per tutte: è sempre crocifisso nella carne dei giusti, nella sofferenza dei santi, nella testimonianza dei martiri di ogni epoca. La profezia cristiana non smette mai di svelare questa tensione: la salvezza non è una conquista dell'uomo, ma un dono di Dio che attraversa la storia e la redime dal suo interno.

domenica 11 maggio 2025

​Cori da “La Rocca” | Cap. 1-5

La poesia di Eliot in Cori da La Rocca è un testo sapienziale e profetico, un appello a rendere perfetta la propria volontà. La volontà, forza etica e intellettuale di secondo grado, è chiamata a divenire ciò che naturalmente desidera: essere ciò che si è davvero. In questo movimento si manifesta un atto attivo e consapevole, che rivela la propria destinazione, investendo tanto la sfera della Caritas quanto quella della Charis, la Grazia.

Non si è davvero se stessi se non si vuole essere ciò che si è. La perfezione della volontà diventa allora cammino della Grazia. Senza significato non esiste neppure il tempo: la storia ci parla, paradossalmente, proprio attraverso la sua apparente mancanza di senso o di mezzi. È grazie a questa enigmaticità del suo inizio che possiamo intravedere la possibilità di una pienezza.

L'uomo è chiamato a essere un incessante ricostruttore di rovine. Eliot procede in una sorta di "progressione regressiva", animato dalla disperazione della speranza: quella tensione che muove l'anima a fare ciò che si deve, o si dovrebbe, per restituire al passato una funzione attiva nel presente, in una sorta di feedback spirituale. In questo processo, la buona volontà è la custode del senso.

Le tenebre si contrappongono alla fede. Ma proprio per questo la fede è necessaria: non dono facile, ma conquista drammatica e quotidiana. Il male, in questa prospettiva, è il segno contraddittorio e ultimo che l'uomo non è solo, non è abbandonato. E il perdono, infatti, è capace di cancellarlo.

Una luce brilla nelle tenebre: ci fa pensare a Cristo, il Liberatore, che dopo l'Incarnazione discese nelle profondità dell'Inferno per trarne le anime dei giusti, i patriarchi e i profeti, secondo l'immaginario dantesco. La profezia, in questo senso, è un grande e oscuro ricordo del futuro: l'avvenire dell'uomo, che attraversa tutta la storia, è figlio dell'Avvento.