Lettera pastorale 2025-2026.
Vescovo Erio Castellucci
Introduzione
Il testo si apre con il riferimento al Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2026: «La pace sia con tutti voi: verso una pace disarmata e disarmante». La pace cristiana non nasce semplicemente dagli sforzi umani, pur necessari, ma è dono pasquale del Risorto. L'obiettivo della lettera è tracciare sentieri di pace per le Chiese locali, a partire da Cristo stesso, nostra pace.
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Il grido dei giovani
Durante il Giubileo dei giovani (luglio 2025), Papa Leone XIV ha raccolto l'unanime invocazione: «Vogliamo la pace nel mondo!». Giovani provenienti da paesi in guerra – come Mariam da Gaza, David da Tel Aviv, Maksim da Odessa, Vasily da San Pietroburgo – testimoniano il desiderio di pace al di là delle divisioni. Attraverso le loro storie emergono le contraddizioni della violenza: i lutti a Gaza, il dilemma dei giovani israeliani, le sofferenze in Ucraina e Russia.
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Le sfide geopolitiche e il pentagono di pace
La lettera riconosce la complessità dei conflitti mondiali e il senso di impotenza di fronte alle guerre. Tuttavia, i cristiani non possono delegare: sono chiamati a un impegno concreto che Papa Leone sintetizza in cinque azioni, un vero **"pentagono di pace"**:
1. Sdegnarci e alzare la voce contro le ingiustizie.
2. Favorire il dialogo per costruire ponti.
3. Pregare e intercedere, trasformando il dolore in supplica.
4. Rimboccarci le maniche e aiutare concretamente i bisognosi.
5. Testimoniare rimanendo fedeli a Gesù, senza compromessi col potere.
Questo pentagono si contrappone al "Pentagono" americano, simbolo di strategia bellica, e diventa lo schema quotidiano della pastorale cristiana.
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I diversi volti del disarmo
Il testo articola la pace come un processo di disarmo su più livelli:
1. Disarmo delle parole: occorre moderare la comunicazione, liberandola da odio, pregiudizio e aggressività. Papa Francesco ricordava la necessità di "disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra". Papa Leone invita a purificare i linguaggi, specialmente nei media e nei social, per trasformarli in strumenti di ascolto e costruzione.
2. Disarmo delle anime: la preghiera è centrale per la pace, ma richiede un cuore pacificato. Senza conversione personale, le invocazioni rimangono sterili. Giacomo ammonisce: «Da dove vengono le guerre? Dalle passioni dentro di voi» (Gc 4,1-3). La preghiera diventa efficace solo quando nasce da comunità unite e trova il suo culmine nell'Eucaristia, vera scuola di pace.
3. Disarmo delle mani: l'aiuto concreto ai bisognosi è essenziale. Anche senza potere politico, ciascuno può contribuire con il proprio tempo, denaro, accoglienza ai profughi, sostegno a missioni e associazioni. La carità quotidiana diventa risposta al male e testimonianza viva.
4. Disarmo dei cuori: la fedeltà a Cristo significa rifiutare odio e vendetta. Gesù invita i discepoli a portare "pace preventiva" in ogni casa (Lc 10,6), a differenza delle logiche di "guerra preventiva". La pace donata non viene mai ritirata, ma ritorna su chi la offre.
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La pace come impegno politico e sociale
Ogni cittadino possiede un'"arma pacifica": il voto, capace di orientare le politiche verso il dialogo e la giustizia. La disaffezione alla vita pubblica viene vista come un ostacolo alla pace. Educare alla politica come bene comune diventa parte integrante della missione ecclesiale.
Papa Leone richiama le comunità cristiane a diventare "case della pace", capaci di mediazione nei conflitti locali, di promuovere percorsi di nonviolenza e di accoglienza. La pace non è un'utopia astratta, ma un cammino umile di gesti quotidiani: ascolto, perdono, giustizia e coraggio.
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Esperienze di comunità
Durante l'estate del 2025, varie esperienze ecclesiali – campi famiglie, incontri di giovani e universitari – hanno testimoniato una diffusa sete di pace. Anche nelle piccole comunità locali si intravede un popolo che soffre le guerre, ma desidera costruire relazioni di fraternità. Questi momenti sono presentati come laboratori concreti di pace e semi di speranza.
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Fondamenti biblici e spirituali
Il Vangelo mostra che la pace di Cristo è diversa da quella del mondo: non è frutto di compromesso politico, ma nasce dal dono di sé. Gesù ha vinto il male amando dalla croce. La sua mitezza è la vera forza che trasforma la storia.
La preghiera eucaristica «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» diventa il cuore della vita ecclesiale. Ogni celebrazione è una scuola di riconciliazione e un allenamento alla pace.
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Educazione alla pace
La lettera insiste sull'importanza dell'educazione: famiglie, scuole, parrocchie, luoghi di lavoro e di svago possono diventare ambienti di formazione alla pace. Non bastano le dichiarazioni ufficiali: la pace si costruisce nei piccoli gesti quotidiani di accoglienza, perdono e dialogo. I "santi della porta accanto" sono indicati come veri maestri di pace.
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Dimensione ecumenica e interreligiosa
Il documento richiama la prospettiva di Abu Dhabi (2019), dove Papa Francesco e il Grande Imam Al-Tayyeb invocarono insieme la pace. La collaborazione tra religioni è vista come strada necessaria per superare divisioni, promuovere tolleranza e contrastare violenza e degrado morale.
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Conclusione
"Cristo è la nostra pace" non è uno slogan, ma una realtà pasquale che interpella la vita concreta dei cristiani. La lettera invita a non rassegnarsi alla logica delle armi e del conflitto, ma a credere nella forza disarmante dell'amore. Ogni gesto di riconciliazione, ogni preghiera sincera, ogni impegno sociale diventa pietra di un edificio di pace.
La pace cristiana è al tempo stesso dono e responsabilità: dono di Cristo risorto e responsabilità delle comunità che lo testimoniano nel mondo.
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