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martedì 5 agosto 2025

L'insieme ha bisogno di ciascuno. Sergio Massironi.

Il testo di Sergio Massironi (direttore della ricerca internazionale "Fare teologia dalle periferie esistenziali") riflette sul significato autentico della speranza, mettendo in guardia contro l'uso superficiale di questa parola. Sperare non significa abbandonarsi all'illusione, ma rifiutare la rassegnazione e accogliere la possibilità del cambiamento. La speranza autentica implica realismo e memoria del bene vissuto, è alternativa a un futuro già scritto, e nasce solo se si ha il coraggio di distaccarsi dal cinismo e di credere nel nuovo.

Questo atteggiamento ha radici profonde nel messaggio cristiano, soprattutto grazie all'impulso di figure come papa Francesco e il nuovo papa Leone, e si concretizza nella visione di un'umanità come famiglia. Da questa visione nasce la convinzione che il bene non è mai un'azione isolata, ma ha sempre un impatto sull'intero: "Ognuno dà la propria impronta all'intera umanità e anche i limiti, soprattutto i limiti, ci fanno incontrare".

L'autore sottolinea l'importanza dei limiti personali – fisici, mentali, spirituali – non come ostacoli, ma come opportunità di incontro e sostegno reciproco. Il limite, infatti, definisce lo spazio dell'altro e permette alla relazione di esistere: "Anche i limiti, soprattutto i limiti - quelli fisici, quelli mentali, quelli spirituali - ci fanno incontrare: se li temiamo, ci difendiamo; se li accogliamo, ci sosteniamo."

Questa visione relazionale porta a comprendere che nessuno basta a sé stesso e che ogni persona è parte di un tutto più grande: "L'intero non sono io, ma il mistero che mi supera da tutte le parti e che a sua volta non sarà "cattolico", cioè universale, senza di me." L'identità personale si costruisce attraverso gli incontri: "E l'insieme ha bisogno di ciascuno."

Ma partecipare a questa visione costa: richiede impegno, dedizione, servizio e studio. "È questo rischio che costa la fatica di ogni giorno: l'impegno a progettare, la fedeltà nell'accompagnare, l'abbassamento a servire, la determinazione a studiare. Ognuno dà la propria impronta, il suo contributo." Tuttavia, si può anche scegliere di non contribuire, e in questo sta la libertà e la spiritualità dell'essere umano. Per i credenti, questa si nutre di preghiera e della memoria di Gesù; per tutti, ha bisogno di spazi di silenzio e sogno.

L'autore propone anche una critica alle logiche dominanti dello sviluppo, fondate sulla forza e sulla produzione, che spesso non sanno riconoscere forme di crescita silenziose e interiori. "Il bene però esiste. Esiste un magistero della fragilità. La più grande idea di papa Francesco è che i poveri ci evangelizzano. La Chiesa deve includere chi deve evangelizzarla. È il rovesciamento di un modello millenario. I corpi dei poveri, che non sono attrattivi né seduttivi, sono rimasti ignorati da ogni statistica e sono stati espulsi dalle questioni sociali dell'epoca moderna avversarie di povertà. È la rivoluzione di Maria cantata nel Magnificat che rovescia i potenti e innalza gli umili non per disprezzo della vita ma per il di più che si rivela nella loro vita."

L'invito è a piegarsi verso ciò che è nascosto e umile, perché lì si trova il tesoro della vita autentica. "La profezia della fragilità è cristocentrica, perché modifica la nostra idea di sviluppo, di crescita, di missione. La disabilità ci ferma e ci diventa una parola rivelatrice. Non saremo mai adoratori della sofferenza. Ma annunciamo e confessiamo che la vera misura umana risplende nel corpo ferito e vivente di Cristo."

Questa visione contrasta con il "paradigma tecnocratico dominante", che orienta il mondo verso lo sfruttamento e l'esclusione. In risposta, il cristianesimo propone la cultura dell'incontro, della cura e della responsabilità, in cui si valorizzano la lentezza e la dignità.

"La cultura della lentezza e della dignità. È il terreno comune su cui la civiltà europea può incontrare ogni altra civiltà. L'alternativa a questo incontro è l'inciviltà, che oggi più che mai dobbiamo pregare e lottare affinché non prevalga. È la storia da cui veniamo, però, a insegnarci la speranza. A noi scriverne pagine nuove."

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