Questo atteggiamento ha radici profonde nel messaggio cristiano, soprattutto grazie all'impulso di figure come papa Francesco e il nuovo papa Leone, e si concretizza nella visione di un'umanità come famiglia. Da questa visione nasce la convinzione che il bene non è mai un'azione isolata, ma ha sempre un impatto sull'intero: "Ognuno dà la propria impronta all'intera umanità e anche i limiti, soprattutto i limiti, ci fanno incontrare".
L'autore sottolinea l'importanza dei limiti personali – fisici, mentali, spirituali – non come ostacoli, ma come opportunità di incontro e sostegno reciproco. Il limite, infatti, definisce lo spazio dell'altro e permette alla relazione di esistere: "Anche i limiti, soprattutto i limiti - quelli fisici, quelli mentali, quelli spirituali - ci fanno incontrare: se li temiamo, ci difendiamo; se li accogliamo, ci sosteniamo."
Questa visione relazionale porta a comprendere che nessuno basta a sé stesso e che ogni persona è parte di un tutto più grande: "L'intero non sono io, ma il mistero che mi supera da tutte le parti e che a sua volta non sarà "cattolico", cioè universale, senza di me." L'identità personale si costruisce attraverso gli incontri: "E l'insieme ha bisogno di ciascuno."
Ma partecipare a questa visione costa: richiede impegno, dedizione, servizio e studio. "È questo rischio che costa la fatica di ogni giorno: l'impegno a progettare, la fedeltà nell'accompagnare, l'abbassamento a servire, la determinazione a studiare. Ognuno dà la propria impronta, il suo contributo." Tuttavia, si può anche scegliere di non contribuire, e in questo sta la libertà e la spiritualità dell'essere umano. Per i credenti, questa si nutre di preghiera e della memoria di Gesù; per tutti, ha bisogno di spazi di silenzio e sogno.
L'autore propone anche una critica alle logiche dominanti dello sviluppo, fondate sulla forza e sulla produzione, che spesso non sanno riconoscere forme di crescita silenziose e interiori. "Il bene però esiste. Esiste un magistero della fragilità. La più grande idea di papa Francesco è che i poveri ci evangelizzano. La Chiesa deve includere chi deve evangelizzarla. È il rovesciamento di un modello millenario. I corpi dei poveri, che non sono attrattivi né seduttivi, sono rimasti ignorati da ogni statistica e sono stati espulsi dalle questioni sociali dell'epoca moderna avversarie di povertà. È la rivoluzione di Maria cantata nel Magnificat che rovescia i potenti e innalza gli umili non per disprezzo della vita ma per il di più che si rivela nella loro vita."
L'invito è a piegarsi verso ciò che è nascosto e umile, perché lì si trova il tesoro della vita autentica. "La profezia della fragilità è cristocentrica, perché modifica la nostra idea di sviluppo, di crescita, di missione. La disabilità ci ferma e ci diventa una parola rivelatrice. Non saremo mai adoratori della sofferenza. Ma annunciamo e confessiamo che la vera misura umana risplende nel corpo ferito e vivente di Cristo."
Questa visione contrasta con il "paradigma tecnocratico dominante", che orienta il mondo verso lo sfruttamento e l'esclusione. In risposta, il cristianesimo propone la cultura dell'incontro, della cura e della responsabilità, in cui si valorizzano la lentezza e la dignità.
"La cultura della lentezza e della dignità. È il terreno comune su cui la civiltà europea può incontrare ogni altra civiltà. L'alternativa a questo incontro è l'inciviltà, che oggi più che mai dobbiamo pregare e lottare affinché non prevalga. È la storia da cui veniamo, però, a insegnarci la speranza. A noi scriverne pagine nuove."
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