martedì 13 agosto 2013

Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II

IMMAGINE E SOMIGLIANZA DI DIO

Libro della Genesi
Dobbiamo collocarci nel contesto di quel «principio» biblico, in cui la verità rivelata sull'uomo come «immagine e somiglianza di Dio» costituisce l'immutabile base di tutta l'antropologia cristiana. «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1, 27). Questo passo conciso contiene le verità antropologiche fondamentali: (…) il genere umano, che prende inizio dalla chiamata all'esistenza dell'uomo e della donna, corona tutta l'opera della creazione ; ambedue sono esseri umani, in egual grado l'uomo e la donna, ambedue creati a immagine di Dio. 


 
 Questa immagine e somiglianza con Dio, essenziale per l'uomo, dall'uomo e dalla donna, come sposi e genitori, viene trasmessa ai loro discendenti: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela» (Gen 1, 28). Il Creatore affida il «dominio» della terra al genere umano, a tutte le persone, a tutti gli uomini e a tutte le donne, che attingono la loro dignità e vocazione dal comune «principio».(…)
Ciò che rende l'uomo simile a Dio è il fatto che, diversamente da tutto il mondo delle creature viventi, compresi gli esseri dotati di sensi (animalia) l'uomo è anche un essere razionale(animal rationale). Grazie a questa proprietà l'uomo e la donna possono «dominare» sulle altre creature del mondo visibile (cf. Gen 1,28). (…)
Il testo di Genesi 2, 18-25 aiuta a comprendere bene ciò che troviamo nel passo conciso di Genesi 1, 27-28 e, al tempo stesso, se letto unitamente ad esso, aiuta a comprendere in modo ancora più profondo la fondamentale verità, ivi racchiusa, sull'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio come uomo e donna.

Nella descrizione di Genesi 2, 18-25 la donna viene creata da Dio «dalla costola» dell'uomo ed è posta come un altro «io», come un interlocutore accanto all'uomo, il quale nel mondo circostante delle creature animate è solo e non trova in nessuna di esse un «aiuto» adatto a sé. La donna, chiamata in tal modo all'esistenza, è immediatamente riconosciuta dall'uomo come «carne della sua carne e osso delle sue ossa» (cf. Gen 2, 23) e appunto per questo è chiamata «donna». Nella lingua biblica questo nome indica l'essenziale identità nei riguardi dell'uomo: 'is 'issah, cosa che in generale le lingue moderne non possono purtroppo esprimere. «La si chiamerà donna ('issah), perché dall'uomo ('is) è stata tolta» (Gen 2, 23).
Il testo biblico fornisce sufficienti basi per ravvisare l'essenziale uguaglianza dell'uomo e della donna dal punto di vista dell'umanità. Ambedue sin dall'inizio sono persone, a differenza degli altri esseri viventi del mondo che li circonda. La donna è un altro «io» nella comune umanità. Sin dall'inizio essi appaiono come «unità dei due», e ciò significa il superamento dell'originaria solitudine, nella quale l'uomo non trova «un aiuto che gli sia simile» (Gen 2, 20). Si tratta qui solo dell'«aiuto» nell'azione, nel «soggiogare la terra»? (cf. Gen 1, 28). Certamente si tratta della compagna della vita, con la quale, come con una moglie, l'uomo può unirsi divenendo con lei «una sola carne» e abbandonando per questo «suo padre e sua madre» (cf. Gen 2, 24). La descrizione biblica, dunque, parla dell'istituzione, da parte di Dio, del matrimonio contestualmente con la creazione dell'uomo e della donna, come condizione indispensabile della trasmissione della vita alle nuove generazioni degli uomini, alla quale il matrimonio e l'amore coniugale per loro natura sono ordinati: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela» (Gen 1, 28).
Persona - Comunione - Dono
(…)
Leggiamo, inoltre, che l'uomo non può esistere «solo» (cf. Gen 2, 18); può esistere soltanto come «unità dei due», e dunque in relazione ad un'altra persona umana. Si tratta di una relazione reciproca: dell'uomo verso la donna e della donna verso l'uomo. Essere persona ad immagine e somiglianza di Dio comporta, quindi, anche un esistere in relazione, in rapporto all'altro «io». (…)
Il fatto che l'uomo, creato come uomo e donna, sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l'uomo e la donna, creati come «unità dei due» nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione d'amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d'amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell'intimo mistero dell'unica vita divina. (…) Solamente in questo modo diventa comprensibile la verità che Dio in se stesso è amore (cf. 1 Gv 4, 16).
L'immagine e somiglianza di Dio nell'uomo,creato come uomo e donna (per l'analogia che si può presumere tra il Creatore e la creatura), esprime pertanto anche l'«unità dei due» nella comune umanità. Questa «unità dei due», che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell'uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina («communio»). Questa somiglianza è stata inscritta come qualità dell'essere personale di tutt'e due, dell'uomo e della donna, ed insieme come una chiamata e un compito. Sull'immagine e somiglianza di Dio, che il genere umano porta in sé fin dal «principio», è radicato il fondamento di tutto l'«ethos» umano:l'Antico e il Nuovo Testamento svilupperanno tale «ethos», il cui vertice è il comandamento dell'amore.
Nell'«unità dei due» l'uomo e la donna sono chiamati sin dall'inizio non solo ad esistere «uno accanto all'altra» oppure «insieme», ma sono anche chiamati ad esistere reciprocamente «l'uno per l'altro».
Viene così spiegato anche il significato di quell'«aiuto», di cui si parla in Genesi 2, 18-25: «Gli darò un aiuto simile a lui». Il contesto biblico permette di intenderlo anche nel senso che la donna deve «aiutare» l'uomo, e a sua volta questi deve aiutare lei, prima di tutto a causa del loro stesso «essere persona umana»: il che, in un certo senso, permette all'uno e all'altra di scoprire sempre di nuovo e confermare il senso integrale della propria umanità. E' facile comprendere che, su questo piano fondamentale, si tratta di un «aiuto» da ambedue le parti e di un «aiuto» reciproco. Umanità significa chiamata alla comunione interpersonale. Il testo di Genesi 2, 18-25 indica che il matrimonio è la prima e, in un certo senso, la fondamentale dimensione di questa chiamata. Però non è l'unica. Tutta la storia dell'uomo sulla terra si realizza nell'ambito di questa chiamata. In base al principio del reciproco essere «per» l'altro, nella «comunione» interpersonale, si sviluppa in questa storia l'integrazione nell'umanità stessa, voluta da Dio, di ciò che è «maschile» e di ciò che è «femminile». I testi biblici, a cominciare dalla Genesi, ci permettono costantemente di ritrovare il terreno in cui si radica la verità sull'uomo, il terreno solido ed inviolabile in mezzo ai tanti mutamenti dell'esistenza umana.
Questa verità riguarda anche la storia della salvezza. Al riguardo, è particolarmente significativo un enunciato del Concilio Vaticano II. Nel capitolo sulla «comunità degli uomini» della Costituzione pastorale Gaudium et spes leggiamo: «Il Signore Gesù, quando prega il Padre, perché "tutti siano una cosa sola" (Gv 17, 21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale sulla terra è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé».
Con queste parole il testo conciliare presenta sinteticamente l'insieme della verità sull'uomo e sulla donna, verità che si delinea già nei primi capitoli del Libro della Genesi, come la stessa struttura portante dell'antropologia biblica e cristiana. L'uomo, sia uomo che donna, è l'unico essere tra le creature del mondo visibile che Dio Creatore «ha voluto per se stesso»: è dunque una persona. L'essere persona significa: tendere alla realizzazione di sé (il testo conciliare parla del «ritrovarsi»), che non può compiersi se non «mediante un dono sincero di sé».
Modello di una tale interpretazione della persona è Dio stesso come Trinità, come comunione di Persone. Dire che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di questo Dio vuol dire anche che l'uomo è chiamato ad esistere «per» gli altri, a diventare un dono.
Ciò riguarda ogni essere umano, sia donna che uomo, i quali lo attuano nella peculiarità propria dell'una e dell'altro. Nell'ambito della presente meditazione circa la dignità e la vocazione della donna, questa verità sull'essere umano costituisce l'indispensabile punto di partenza. Già il Libro della Genesi permette di scorgere, come in un primo abbozzo, questo carattere sponsale della relazione tra le persone, sul cui terreno si svilupperà a sua volta la verità sulla maternità, nonché quella sulla verginità, come due dimensioni particolari della vocazione della donna alla luce della Rivelazione divina. Queste due dimensioni troveranno la loro più alta espressione all'avvento della «pienezza del tempo» (cf. Gal4, 4) nella figura della «donna» di Nazareth: Madre-Vergine.

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