Schmitt sostiene che l'imposizione di valori universali porta inevitabilmente al conflitto, poiché i valori non sono neutrali ma assumono una dimensione combattiva: chi li sostiene tende a imporli sugli altri, trasformando la politica in una lotta morale senza possibilità di compromesso. Secondo Schmitt, mentre le leggi stabiliscono un ordine giuridico stabile e chiaro, i valori sono soggettivi e mutevoli, e la loro assolutizzazione porta a una "tirannia" che giustifica la guerra e la repressione in nome del bene.
Il saggio è una critica all'ideologia occidentale del dopoguerra, che secondo Schmitt usa i valori (come la democrazia e i diritti umani) per legittimare l'intervento politico e militare. Per lui, questa deriva morale mette in crisi la sovranità e il diritto stesso, trasformando il conflitto politico in una guerra senza fine tra "bene" e "male".