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sabato 18 ottobre 2025

Belli e Ribelli – Adolescenti inafferrabili | Don Maurizio Botta (2)

Quando parlo con genitori e figli, spesso emerge una cosa chiara: non si può "portare" la fede o la passione a qualcuno con la forza. Se un ragazzo vuole parlare con un prete, ci sarà sempre disponibilità, ma non funziona dire: "Devo portarlo io". La vera umiltà, legata a una felicità profonda, nasce dal rispetto per la libertà dell'altro. Una persona serena e semplice trasmette qualcosa di forte: chi la incontra sente subito pace e autenticità.

Spesso i genitori mi raccontano storie di ragazzi segnati da difficoltà familiari: separazioni, incomprensioni, confusione. In questi casi, pregare per loro e accompagnarli con affetto è fondamentale. Ma la passione è un'altra cosa: non si insegna direttamente. I figli la respirano osservando chi la vive. Mio nipote, per esempio, ha sviluppato la passione per il Torino non perché gliel'ho insegnata, ma perché ha percepito l'entusiasmo che emano per quella squadra. La passione è contagiosa, non impartita come una lezione.

Lo stesso vale per la vita: bisogna scegliere dove investire il tempo. Evitare discussioni inutili o distrazioni digitali significa guadagnare spazio per ciò che conta davvero: relazioni, crescita personale, studio, creatività. Anche il cervello ha bisogno di "allenamento": esercizi, studio, fatica—come quando si costruisce il corpo. La matematica, ad esempio, può sembrare difficile o noiosa, ma ogni esercizio sviluppa la mente, proprio come ogni ripetizione in palestra rafforza i muscoli.

Essere sinceri con i figli significa anche condividere i propri errori e le proprie esperienze: le difficoltà nello studio, nella musica, nella vita quotidiana. Raccontare la propria storia con onestà li aiuta a capire che sbagliare è normale e fa parte della crescita. Questo è il rispetto che meritano, soprattutto dagli adulti: i ragazzi vogliono essere presi sul serio, non infantilizzati. Dall'età di 12 anni in poi, hanno bisogno di contenuti autentici, profondi e concreti.

Il messaggio più importante per un bambino o un adolescente è sentirsi amato. Non dare mai per scontato che un figlio sappia quanto è desiderato e importante. Esprimerlo apertamente—"Sono felice che ci sei", "Hai reso la mia vita migliore"—costruisce sicurezza e fiducia, proteggendoli da sensazioni di isolamento o inadeguatezza.

La libertà è un dono fondamentale. Ai figli va data la possibilità di scegliere, anche se questo significa sbagliare. Possiamo condividere il nostro pensiero e la nostra opinione, ma alla fine dobbiamo rispettare le loro scelte. Pregare e sperare nella loro crescita è importante, ma non si può controllare la vita degli altri.

In sintesi: la vita educativa e spirituale funziona meglio quando c'è umiltà, passione vissuta, condivisione sincera, rispetto della libertà e amore chiaro e costante. Solo così i ragazzi possono crescere sicuri, appassionati e felici.

venerdì 17 ottobre 2025

Belli e Ribelli – Adolescenti inafferrabili | Don Maurizio Botta

Belli e Ribelli – Adolescenti inafferrabili

Sono passati dieci anni dal primo incontro intitolato Belli e Ribelli, e nel frattempo due esperienze hanno cambiato profondamente il mio modo di guardare agli adolescenti. La prima è stata l'insegnamento, alle scuole medie e superiori; la seconda, la nascita del libro Adolescenti inafferrabili, scritto con don Andrea Lonardo. È un libretto piccolo, ma nato da anni di fatica e da centinaia di incontri con ragazzi veri, in situazioni reali.

Parlare di qualcosa che si è scritto è sempre un po' imbarazzante, ma di questo libro sono orgoglioso, perché non nasce da teorie o da tavolino: nasce dall'ascolto, dal confronto, da parole scambiate con chi sta vivendo l'età più inquieta e più intensa della vita.

Ricordo quei momenti in cui, alla fine di un incontro, un ragazzo – magari proprio quello che non ti aspettavi – ti si avvicina, ti mette una mano sulla spalla e ti dice semplicemente "grazie". Piccoli gesti che valgono più di mille riconoscimenti.

martedì 14 ottobre 2025

You’ve got to be ballsy to have cerebral palsy | Devi avere fegato per vivere con la paralisi cerebrale.

Lack of oxygen at birth. Some people call it a curse.
But I was born to thrive, not just survive.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
One peak to construct the building blocks of speech.
A flicker of the eye to vocalize.
No. No. No.
I can be louder than you think.

Commitment. Repetition.
My parents' mission was to instill in me the belief to shape the future.
I want to lead.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
You call me superhuman for running my own race.
Get in my face with your puffed-up praise.

It's hard to slog through school when the normies are cruel.
I'm not the butt of your joke — I'm the Joker, you fools.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
Being a stranger in my own body isn't new to me.
The shape-shifting changes, the [] pains,
the bloodbath stains — this teenage [] is tame to me.

I don't spend my time looking for "the one."
I'm up for a bit of fun.
Bet you didn't expect that from me.

If you call me an inspiration,
don't act so surprised when I exceed your flatline expectations.
Time to show CP isn't the only thing on my CV.

You've got to be ballsy to have cerebral palsy.
Millions of us — no one the same.
CP is part of our identity.
It doesn't tell the whole story.
It reminds us of how the world ought to be —
a home we're going to build.

So, how about you?
Have you got the spine to join this fight?

Dilexi te. Breve commento.

L'Esortazione Dilexi te è una profonda meditazione sull'amore di Cristo per i poveri, sull'identificazione del Signore con gli ultimi e sulla chiamata della Chiesa a condividere questa predilezione divina. Il titolo stesso, "Ti ho amato", ripreso dall'Apocalisse, racchiude il cuore del messaggio: Cristo si rivolge ai poveri, ai deboli e agli esclusi per dire loro che, nonostante la loro fragilità, sono amati in modo unico. In questa parola si manifesta l'essenza stessa del Vangelo, che capovolge le logiche del potere e della ricchezza: Dio sceglie ciò che è piccolo e disprezzato per rivelare la grandezza del suo amore.

Sin dall'inizio, il testo sottolinea che l'amore per i poveri non è un gesto di filantropia o di beneficenza, ma un atto di fede. Non si tratta di un'opzione morale, ma di una verità rivelata: Cristo stesso è presente nei poveri. Quando Gesù dice: "Tutto ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me", rivela che l'incontro con i poveri è l'incontro con Lui. Per questo motivo, ogni gesto di misericordia acquista un valore eterno: ungere il capo del Signore, sfamare chi ha fame, consolare chi soffre — tutto diventa atto d'amore verso Dio stesso.

La Scrittura intera testimonia questa predilezione divina. L'Antico Testamento mostra un Dio che ascolta il grido degli oppressi, che libera gli schiavi, che difende la vedova, l'orfano e il forestiero. Nei profeti, Dio denuncia i ricchi che accumulano e dimenticano i deboli. Tutto questo trova compimento in Gesù di Nazaret, il "Messia povero": nato in una stalla, senza dimora, amico dei peccatori e dei malati. Egli non solo si prende cura dei poveri, ma condivide la loro stessa sorte. "Da ricco che era, si è fatto povero per voi", scrive san Paolo, "perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà". È nella debolezza che Cristo manifesta la potenza dell'amore di Dio.

Questa scelta di Cristo diventa anche il criterio della santità. La parabola del giudizio finale è inequivocabile: saremo giudicati sull'amore concreto verso chi ha fame, sete, è nudo o prigioniero. La fede senza opere è morta; la vera adorazione si compie servendo la carne ferita di Cristo nei poveri. Perciò la Chiesa, se vuole essere fedele al suo Signore, deve essere "povera e per i poveri", come auspicava Papa Francesco. I santi, da Francesco d'Assisi a Vincenzo de' Paoli, da Basilio a Camillo de Lellis, hanno testimoniato che non si può amare Dio senza condividere la sorte degli ultimi.

Anche oggi, la povertà non è solo mancanza di mezzi, ma esclusione, solitudine, perdita di dignità. A questa realtà la Chiesa è chiamata a rispondere non con parole, ma con presenza. Cristo continua a dire ai poveri "Ti ho amato", e attende che i suoi discepoli rendano visibile questo amore con gesti concreti di vicinanza, giustizia e tenerezza. Solo riscoprendo nei poveri il volto di Cristo, la fede ritrova la sua verità, e la Chiesa diventa davvero il segno dell'amore di Dio nel mondo.


Dilexi te. Esortazione apostolica di Leone XIV.

Dilexi te è un forte appello a rimettere i poveri al centro del Vangelo e della vita della Chiesa. Non basta assisterli: occorre riconoscerli come luogo teologico, come presenza viva di Cristo. Solo così la Chiesa può essere fedele alla propria identità, e il mondo può ritrovare giustizia, fraternità e pace duratura.


1. Introduzione

L'esortazione nasce dal progetto lasciato da Papa Francesco, che desiderava proseguire la riflessione di Dilexit nos sull'amore del Cuore di Cristo, applicandola alla cura per i poveri.
Il titolo "Dilexi te" ("Ti ho amato") esprime il messaggio di Cristo rivolto ai poveri: "Hai poca forza, ma io ti ho amato".
L'obiettivo è far percepire il legame inscindibile tra amore di Cristo e prossimità ai poveri, cuore stesso della santità cristiana.

mercoledì 1 ottobre 2025

Il segreto di Buffett: la pazienza più che l’abilità.

La palla di neve che costruisce la tua fortuna, tratto da Compounding Quality

Esploriamo come giocare con la neve può farti guadagnare molto denaro.